Ecco il secondo rapporto inviato da Carlo Botti, operatore della ong italiana Coopi (Cooperazione internazionale, di Milano), e nostro collaboratore, a seguito degli interventi di soccorso effettuati nel Perù settentrionale, devastato dal fenomeno del Niño costiero.
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Mi guardo le scarpe che stanno affondando lentamente nel fango. Mi trovo in una baracca di un insediamento abusivo in uno dei quartieri più colpiti della città di Piura dai disastri del Niño costiero. In una delle ultime regioni a nord del Perù.
Sono nella casa di una madre single e delle sue tre figlie. Le lacrime le scorrono sul viso mentre mi mostra le condizioni pessime delle due stanze e del cortile che ormai è diventato una laguna. Gli animali che erano il suo mezzo di sostentamento sono tutti morti.
È dallo scorso mese di gennaio che si trova in queste condizioni, e che tutto il quartiere è allagato. Di sera la mamma e le figlie cercano di dormire su dei sacchi di plastica, quando non riescono a stare in un’altra casa meno “danneggiata” dall’inondazione, dalla nonna.
Nessuno è mai andato a valutare l’impatto del disastro in questa zona. Nessun sacco di sabbia consegnato. Nessuna visita di un medico. Nessuna distribuzione d’acqua o di alimenti. Una delle figlie sta cominciando a soffrire di allergie respiratorie dovute all’umidità e il centro di salute si puó raggiungere solo immergendosi fino alla vita in una palude.
Le regioni di Piura, Tumbes, Lambayeque, La Libertad e Lima, sono state le piú colpite dal fenomeno del Niño costiero, che ormai sta imperversando da cento giorni senza sosta. Le conseguenze sono state devastanti: piogge torrenziali, tempeste, straripamento di fiumi, città inondate.
In queste zone è stato inviato il team UNDAC (United Nations Disaster Assessment and Coordination), una squadra di specialisti della protezione civile di distinti paesi, creata per attivarsi nella prima fase dell’emergenza (cioè 12-48 ore dopo l’evento) per fare una valutazione multisettoriale della crisi (Wash, Food Security, Shelter, Protection) e coordinare gli aiuti umanitari.
Il team UNDAC si è avvalso della collaborazione della Rete Umanitaria Nazionale Peruviana, formata da differenti istituzioni, governative e no, che hanno messo a disposizione i propri professionisti dei vari settori per partecipare alla raccolta dati, svoltasi da giovedì 23 a lunedì 27 marzo. Per questa missione sono state inviate sul territorio in totale un centinaio di persone. Da parte di Coopi sono state impegnate due persone a Piura, una a Tumbes e quattro a Lima.
Il rapporto finale nazionale elaborato presenta un quadro molto critico e preoccupante della situazione nel Paese: 90 morti accertati, 863.000 persone che sono state colpite direttamente o indirettamente. 29.000 case distrutte o inabitabili, 490 scuole distrutte, 36 centri di salute resi inoperativi.
In tutte le regioni i problemi riscontrati sono molto simili: collasso della rete fognaria, totale mancanza di acqua per coprire le necessità della popolazione in termini sia di consumo e sia di igiene personale, possibilità di focolai di malattie infettive, molte famiglie isolate e con impossibilità di accedere ad alimenti, alloggi provvisori per gli sfollati insufficienti o inesistenti, censimento delle persone colpite dall’inondazione non corrispondente alla realtà dell’impatto verificatosi, aumento del tasso di criminalità, mancanza di distribuzione di generi alimentari.
Ma la complicazione maggiore è dovuta a una totale mancanza di raccordo tra il governo nazionale, regionale e municipale nell’organizzazione della distribuzione degli aiuti umanitari. I funzionari locali, che dovrebbero essere il braccio operativo immediato della macchina degli aiuti, si sono dimostrati completamente impreparati, tecnicamente e professionalmente, a fare fronte all’emergenza.
E spesso gli aiuti umanitari, le merci e i mezzi di soccorso, le derrate rimangono inutilmente stoccati o fermi nelle sedi regionali della protezione civile, perché i governi provinciali non sono in grado di compilare in modo corretto le richieste di aiuto da inviare. La risposta umanitaria internazionale ha visto l’invio di serbatoi di acqua, elicotteri, kit alimentari, kit di igiene, coperte, tende, generatori di elettricità, kit di purificazione dell’acqua, aerei per il trasporto degli sfollati (Argentina, Bolivia, Brasile, Canada, Colombia, Ecuador, Cile, Cina, Giappone, Panama, Paraguay, Uruguay, Venezuela, Vaticano).
Gli Stati Uniti e l’Unione Europea, attraverso le proprie agenzie, stanno stanziando fondi per progetti di emergenza con organizzazioni non governative che fanno parte della Rete Umanitaria Nazionale Peruviana.
“Io so che voi siete qua solo per valutare la gravità dei danni, e che non potete fare nulla ora per me e per le mie bambine, però per favore, fai arrivare la mia voce a chi di dovere. Io starei anche qua, ma le mie figlie non possono sopportare ancora a lungo in questa condizione”.
Mentre ripenso a queste parole, sull’aereo di ritorno a Lima, 3.800 metri cubici al secondo d’acqua si stanno riversando nei quartieri della città di Piura. Il suo fiume omonimo ha raggiunto una piena record mai registratasi prima, dopo 15 ore di pioggia intensa, mettendo la città in ginocchio.
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