“… Guarderò al soffitto le decorazioni brillanti come gli astri. Giacché per l’abilità dell’arte è lo splendore dei cieli che vi risplende”, scriveva un pellegrino nell’anno 603 dopo la visita alla Basilica della Natività, che ancora oggi sorge sopra la grotta dove nacque Gesù. Ma fino a tre anni fa di questo splendore, nella chiesa “madre di tutte le chiese”, era rimasto ben poco: i mosaici del XII secolo anneriti dal fumo e dalle muffe, i muri dilavati dall’acqua piovana che il tetto non tratteneva più, il nartece – il grande portico antistante la basilica – sul punto di crollare, le poderose colonne scrostate e sporche.
Di tutto questo scempio si era reso conto all’improvviso il mondo intero, durante il famoso assedio alla basilica della primavera 2002, che aveva fatto accorrere a Betlemme i corrispondenti dei più famosi media internazionali. Parte paradossalmente da qui, da un dramma di violenza e morte, la rinascita della Basilica. In seguito a un bando internazionale sullo studio del monumento, nel 2013 l’Autorità nazionale palestinese, con l’appoggio unanime delle tre confessioni religiose che si dividono – – spesso litigiosamente – la proprietà dell’edificio, promuove gli interventi per il restauro globale della chiesa; mentre l’enorme impegno finanziario viene sostenuto da stati europei e arabi, da enti pubblici e privati. Già questo accordo e questa partecipazione, per chi conosce il Medio Oriente, è un evento straordinario. E la gara, indetta inizialmente per la sistemazione del tetto, viene vinta tra i trenta partecipanti, da una ditta italiana leader nel mondo per il restauro del legno, la Piacenti spa di Prato. Che si occuperà poi, passo dopo passo, del restauro globale della chiesa.
La mostra, nella Sala Campiotti della Camera di commercio di Varese, racconta proprio questo, con le sue splendide immagini e i suoi video affascinanti: non tanto e non solo la storia della basilica, che risale a Giustiniano (531 d.C.), o le meraviglie dell’architettura e delle decorazioni di un edificio rimasto in piedi per 1500 anni dopo 15 terremoti e centinaia di guerre.
Il cuore della mostra, voluta proprio da chi sta lavorando tuttora al restauro, è il racconto del cantiere, e delle donne e degli uomini, cristiani e musulmani, europei e palestinesi, che gomito a gomito vi spendono energia, competenza, genialità e amore. “Un luogo dove si costruisce invece che distruggere, dove si collabora invece che combattere”, esordisce nella sua presentazione la curatrice professoressa Mariella Carlotti: “ Dove si sperimenta che tu, diverso da me, sei un bene per me, che tu – lavoro – sei un bene per me”. Alle sue parole fa eco la sindaca di Betlemme, l’araba cristiana Vera Baboun: ”Stiamo assistendo al restauro delle pietre, ma ancor di più al restauro dei cuori”.
Proprio con queste premesse la mostra, presentata in anteprima al Meeting di Rimini l’estate scorsa, è stata portata nel Varesotto e nel VCO dalla Compagnia delle Opere dell’Insubria, con un’iniziativa che accomuna le sedi di Varese, Busto Arsizio, Legnano, Saronno e Arona; perché nell’esperienza del cantiere di Betlemme si concretizza una concezione del lavoro dove sono possibili integrazione, accoglienza e arricchimento reciproco.
Perfino il Papa ha citato, durante un Angelus, la più bella sorpresa di questo restauro straordinario: la scoperta di un settimo angelo nei mosaici della navata (dei ventiquattro originali ne restavano solo sei), affiorato inaspettatamente sotto spesse croste di nerofumo. E lo ha usato come metafora del compito richiesto agli uomini di buona volontà: “La vostra opera – dice Francesco – deve essere sempre guidata dalla certezza che sotto le incrostazioni morali e materiali, anche sotto le lacrime e il sangue provocati dalla guerra… sotto questo strato che sembra impenetrabile, c’è un volto luminoso come quello dell’Angelo del mosaico”.
La mostra: Restaurare il cielo – Sala Campiotti (Camera di commercio di Varese, fino al 4 aprile): orari feriali 9-12 (su prenotazione); 16-20. Sabato e domenica: 10-13, 15-20. Info 3391374426 o mostrabetlemmevarese@gmail.com Durante gli orari di visita sono presenti guide che possono accompagnare il pubblico lungo il percorso della mostra e rispondere alle domande. Per i gruppi meglio prenotare.
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