La ferma condanna di chi vive solo per il denaro, l’elogio della dignità del lavoro, il rispetto delle diverse fedi e la mano fraterna tesa a chi ha sbagliato. Sono stati giorni pieni di fatti e insegnamenti quelli trascorsi da papa Francesco prima, durante e dopo la visita a Milano. A cominciare dalla sferzante presa di posizione sulla ricchezza che ha pronunciato nell’omelia della messa celebrata nella cappella di Santa Marta. “Chi accumula ricchezze sfruttando i contratti ingiusti è una sanguisuga che rende schiava la gente”.
“Lo sfruttamento del lavoro e le nuove schiavitù sono peccati mortali – ha aggiunto – non si può vivere solo per accumulare ricchezze”. Un concetto su cui è tornato rivolgendosi ai pellegrini in piazza San Pietro: “Il lavoro dà dignità. Chi per manovre economiche o per negoziati non chiari chiude fabbriche e imprese e toglie il lavoro agli uomini commette un peccato gravissimo. I responsabili dei popoli, i dirigenti, hanno l’obbligo di fare di tutto perché ogni uomo e ogni donna possa lavorare e così avere la fronte alta, guardare in faccia gli altri, con dignità”.
Papa Francesco è il quarto pontefice che rende omaggio a Milano dopo Martino V nel 1418, dopo Giovanni Paolo II nel 1983 e 1984 e Benedetto XVI nel 2012. Un tributo alla città di Ambrogio, la città del lavoro, la città con “el coer in man”, come egli stesso ha riconosciuto rientrando in Vaticano. E tra i tanti appuntamenti istituzionali, ha voluto incontrare una famiglia di fede islamica e pranzare con i detenuti di San Vittore, il carcere meneghino intitolato a un santo “moro” originario della Mauritania. É il suo inconfondibile modo di comunicare con gli altri, il tratto di questo papa che tanto piace alla gente.
Ricevendo l’inimmaginabile ospite nell’appartamento alle Case Bianche di via Salomone, Karim Abdel Milhoual non credeva ai propri occhi: “Sono musulmano, ma oggi un santo è entrato in casa mia. Mi ha passato un bicchiere, ha preso l’altro e ha bevuto con me”. La moglie Hanane, insegnante in una scuola di lingua araba della parrocchia, ha offerto al papa un vassoio di dolci e datteri, come usa in Marocco. Francesco ha accettato solo un bicchiere di latte e si è prestato sorridendo a scattare foto e selfie con la famiglia. Più di tante parole, l’incontro esprime la naturalezza del rapporto possibile tra diverse fedi.
Unico papa che abbia mai varcato i cancelli di piazza Filangieri, Bergoglio ha incontrato i detenuti stringendo mani, accarezzando volti e accettando messaggi rivolti alle famiglie da fedeli islamici. “Benvenuto tra noi Santità, ci sentiamo privilegiati – gli hanno scritto i reclusi in una lettera collettiva – Lei per noi è una boccata d’aria, ci ridona il respiro”. Francesco non ha voluto autorità e giornalisti al seguito. Niente passerelle mediatiche. Ha trascorso due ore e mezzo con i detenuti, ha diviso con loro risotto e cotoletta, scambiato regali e parlato spagnolo con i detenuti sudamericani. Altrove si fanno guerre di religione. Qui abbiamo Francesco, che parla al mondo.
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