Le motivazioni addotte nel 2002 dal sindaco leghista Aldo Fumagalli a giustificazione del mancato acquisto dell’ex-caserma Garibaldi verranno ignorate dal suo successore e collega di partito Attilio Fontana.
Nell’articolo precedente Ex-caserma: SI, NO, SI avevo tralasciato un particolare non di poco conto: la rinuncia all’acquisto e il conseguente risarcimento milionario all’Università viene sancito in un documento dal titolo (forse involontariamente ironico) “Protocollo applicativo” sottoscritto il 9 maggio 2002. Cioè 15 giorni prima delle elezioni comunali, svoltesi il 26 maggio, e nel pieno di una campagna elettorale che segna il passaggio dal monocolore leghista alla coalizione FI – LEGA NORD – NCD –AN.
È curioso che un atto così importante (e costoso) venga completamente ignorato dalle forze politiche nel vivo di uno scontro elettorale. Così pure il muro di silenzio che si protrarrà per circa un decennio. Va ricordato che si sta parlando di un immobile (di proprietà dello Stato) che oltre ad essere gravemente deteriorato è sottoposto a vincoli rilevanti da rispettare in ogni caso.
Perciò qualunque progetto non può prescindere dal suo “interesse storico e artistico”.
Ma la nuova maggioranza decide di procedere all’acquisto quasi che i fatti precedenti fossero di dettaglio o irrilevanti. E infatti, con lettera del 19 ottobre 2006 (firmata dal vicesindaco Ermolli, Forza Italia), si comunica all’Agenzia del demanio l’interesse all’acquisto della Caserma al prezzo da loro proposto di 2.420.000 euro. È singolare che nessuno pensi alla possibilità di avviare una trattativa per esplorare altre soluzioni quali, ad esempio, la concessione in uso gratuito, facendosi carico dei costi di manutenzione straordinaria o il canone convenzionato con scorporo dei costi.
La risposta dell’Agenzia del demanio non si fa attendere. Appena dieci giorni dopo (30 ottobre) esprime il parere favorevole alla cessione dell’immobile al Comune di Varese. Anche la Soprintendenza concorda sulla alienazione, ma con due sottolineature rilevanti: essa in quanto tale “non ne pregiudica la conservazione o il pubblico godimento”, l’acquirente dovrà tener conto dei vincoli esistenti e pertanto “qualsiasi intervento sul bene é subordinato ad autorizzazione dalla medesima Soprintendenza”.
Il quadro dunque è chiarissimo. Ma nonostante il prezzo e i vincoli richiamati il Consiglio Comunale, in data 22 novembre 2007, delibera l’acquisto.
Non meno significativo il fatto che le idee sulla “futura destinazione” dell’immobile appaiono tutt’altro che univoche. Infatti nella delibera prima richiamata si scrive: “si conferma che lo stesso (immobile) rientra in un più ampio comparto per il quale si vuole promuovere un importante intervento di riqualificazione urbanistica che: a) risponda alle esigenze viabilistiche, b) tenga conto delle necessità e delle istanze connesse alla presenza del vicino Ateneo, c) rilanci il ruolo di Piazza Repubblica e ne garantisca una sicura fruizione pubblica, d) potenzi il patrimonio culturale. Tale riqualificazione dovrà, oltre ad altre possibili funzioni anche pubbliche da determinarsi, prevedere la localizzazione di strutture culturali e la localizzazione del Teatro cittadino, se possibile all’interno del compendio immobiliare, ma comunque nell’area che comprende il compendio in oggetto, la Piazza Repubblica e l’area che ospita l’attuale teatro Apollonio”.
Insomma secondo il Consiglio tutte le soluzioni sono possibili, ma così non è, e i fatti successivi si incaricheranno di dimostrarlo.
Un anno e mezzo dopo (12 giugno 2009) si procede alla stipula dell’atto. Un acquisto particolarmente oneroso ed effettuato nella consapevolezza dello stato dell’immobile e dei vincoli gravanti su di esso.
Oltre al danno, la beffa. Se l’amministrazione avesse avuto la pazienza di aspettare – anche solo per chiarirsi le idee – l’immobile avrebbe potuto ottenerlo gratis! Infatti, con il decreto legge n. 85 del 28 maggio 2010, meglio noto come decreto sul federalismo demaniale, viene sancito che la proprietà dei beni immobili appartenenti allo Stato (comprese quindi le ex caserme) può essere trasferita agli enti locali a costo zero.
Nell’aprile 2010 viene presentato lo studio di fattibilità della Finprogest costruito sull’idea che il Teatro “deve” essere ubicato nel sedime della ex Caserma. Una “scelta” unilaterale, in contrasto con il ventaglio di soluzioni prospettate nella delibera approvata del Consiglio Comunale.
Altrettanto significativa l’“interpretazione” sulla natura dei vincoli esistenti. Eppure l’organo cui spetta il compito di decidere in merito alla ammissibilità di “qualsiasi” intervento sull’ex Caserma, aveva espresso ripetutamente giudizi abbastanza rigorosi. Gli autori dello studio vi sorvolano, attribuendo alla Caserma il valore di semplice “memoria storica” (e quindi ampiamente modificabile sul piano urbanistico e strutturale). A loro preme sostenere la fattibilità del progetto presentato, il resto appare superfluo. Al punto da spingersi a scrivere “…esaminata la morfologia urbana e preso atto della rilevanza sociale delle opere pubbliche proposte dal presente studio, si può facilmente evincere che il valore strategico urbano risiede più nell’area occupata che nell’edificio che la occupa”.
Non c’è da sorprendersi se, pur tra contorsioni linguistiche ineguagliabili, la Soprintendenza nel luglio 2011 esprima un parere che boccia, di fatto, il progetto presentato.
E allora che fare? Per saperlo dovete attendere la prossima puntata.
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