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Cultura

È TEMPO DI MORANDINI

PAOLA VIOTTO - 24/03/2017

 

Ogni giorno, in piazza Monte Grappa, la gente si siede sulle panchine ovali che racchiudono la fontana centrale. Ci sono le mamme con i passeggini, i pensionati che chiacchierano, i bambini affascinati dall’acqua, chi semplicemente vuole riposarsi per un momento. A più di dieci anni di distanza pochi ricordano però che quest’angolo, così famigliare e vivibile, si deve ad un artista che, abitando a Varese, ha progettato uffici a Kuala Lumpur e fabbriche in Germania. Marcello Morandini ha accettato nel 2005 la difficile sfida del dialogo con l’architettura Anni Trenta di Mario Loreti, che progettò la piazza nel segno del razionalismo di regime culminante nell’incombente struttura della torre. Il nuovo si è inserito armoniosamente nel preesistente, ma ne ha mutato profondamente il significato grazie al’elegante leggerezza delle geometrie in bianco e nero che sono la cifra distintiva di Morandini.

Alla sua lunga carriera il MA*GA di Gallarate ha dedicato una mostra che si è inaugurata il 12 marzo e resterà aperta fino al 16 luglio. L’esposizione, curata da Marco Meneguzzo ed Emma Zanella, è stata organizzata in collaborazione con la Fondazione Morandini, di cui costituisce il primo evento pubblico.

Non è una classica retrospettiva, ma piuttosto un percorso organizzato intorno a tre nuclei tematici. La prima parte ripercorre, seguendo il filo logico dei ricordi dell’artista, le fasi della sua attività, dagli esordi come grafico all’inizio degli anni Sessanta, fino alla partecipazione alla Biennale del 1968, e poi alla consacrazione internazionale come architetto e designer. La seconda parte prende in considerazione le architetture, alternando le immagini di quelle realizzate ai rendering di quelle progettate, nel corso di anni dirompente, rigorosa creatività.

Nei grandi pannelli fotografici si possono vedere anche le grandi sculture che Morandini ha realizzato per gli spazi esterni di diversi musei tedeschi. La terza parte si concentra sul design, presentando una serie di oggetti di uso quotidiano, sintesi fra ricerca estetica e ricerca funzionale. Mobili, porcellane, in particolare per la ditta tedesca Rosenthal con cui ha collaborato per anni, e poi stoviglie, lampade e carte da gioco, alternate a sculture e disegni in una rassegna ricca di sorprese.

Il motivo ricorrente è quello del gioco di bianco e di nero, colori puri, assoluti, che si alleano alle forme altrettanto assolute del quadrato, del cerchio e del triangolo. In questa ricerca sistematica ed essenziale, che l’artista stesso definisce “quasi calvinista” il colore sarebbe soltanto elemento di disturbo, oppure elemento ludico, che infatti rispunta nelle carte da gioco. Questo permette di dare libero spazio al movimento delle forme, smontate e ricomposte, variate e ripetute in combinazioni sempre nuove e sorprendenti. Un esempio si può vedere, ancora a Varese, nella Piazza Casula, realizzata nel 1974 con un grande motivo a spirale digradante.

In occasione dell’inaugurazione della mostra è stata anche annunciata ufficialmente la prossima nascita di un museo dell’artista, che sorgerà a cura della neonata Fondazione Morandini e grazie al contributo di due collezionisti-mecenati degli Stati Uniti. La collocazione prescelta è in pieno centro di Varese, in Via Staurenghi, in una villa d’epoca circondata dal verde, oggi praticamente invisibile perché nascosta da un alto muro di cinta. Molte le idee sul nuovo spazio espositivo, che potrà ospitare opere dell’artista, sia all’interno che nel giardino, e poi attività didattiche, convegni e mostre. Un’occasione per la città, in un momento in cui tante cose si stanno muovendo nel campo della cultura, con l’auspicio dello stesso Morandini che possa funzionare come un motorino d’avviamento, capace di mettere in moto tante altre iniziative.

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