Lo spiritualismo si afferma in Francia richiamandosi al precedente di Maine de Biran, avversario al contempo del realismo materialista come dell’idealismo. Si tratta di uno spirito inteso non nel senso di sola mens, bensì nell’accezione di tensione, sforzo. Il soggetto non è mai disincarnato, anzi è intrinsecamente in rapporto con il corpo che, se per un verso costituisce un ostacolo alla sua attività, per l’altro rappresenta un punto di forza per la sua libertà.
Per Gabriel Marcel (1889-1973) il filosofare è un’esperienza esistenziale concreta al di là sia del dualismo cartesiano (res cogitans-res extensa), sia dell’opposizione tra immanenza e trascendenza. La coscienza è sempre incarnata e insieme esposta di continuo al mistero ontologico. “Una filosofia concreta è una filosofia del pensiero pensante” (definita neosocratismo) e l’essere non è una questione del pensiero, ma è il mistero che abita il pensiero; non può essere concettualizzato secondo le categorie della logica classica tipiche del pensiero metafisico. È messo in luce soltanto in un orizzonte esistenziale. Il filosofare non può quindi assumere una dimensione sistematica. Entra quindi in campo una “riflessione seconda”, creativa e sovraconcettuale, denominata “intuizione intellettuale” (Essere e avere, 1935), in cui l’uomo rinnova la sua disponibilità alla partecipazione con l’essere.
Docente nei licei, giornalista, critico letterario, Marcel nel 1929 si converte dall’ebraismo al cattolicesimo. Dopo un primo interesse per l’idealismo angloamericano, poi per Bergson, affronta il tema dell’incarnazione, oscura notte del corpo. Non si riconduce all’esistenzialismo, in quanto l’oggetto della sua indagine è costantemente l’essere, che non è un problema che l’io può oggettivare, determinare, trasformare, ma un mistero. L’uomo lo può solo riconoscere nell’intuizione di una trascendenza, con cui la propria esistenza è in rapporto. L’alternativa è tra essere e avere, tra il vivere la propria vita nel mondo dell’oggettivazione, del possesso e della tecnica e il viverla come mistero del proprio coinvolgimento nell’essere. Bisogna superare la scissione prodotta dal cogito cartesiano tra soggetto capace di conoscenza e soggetto vitale. Le condizioni per avvertire la presenza dell’Assoluto sono fedeltà e amore, un impegno personale costante.
Marcel vuole ricondurre alla dimensione dell’esperienza personale il riconoscimento del sacro e di Dio. Maggiore ostacolo è lo spirito di astrazione.
Lo spiritualismo registra sviluppi con René Le Senne (1882-1954) e Louis Lavelle (1883-1951). Entrambi fondano nel 1934 la collezione di opere filosofiche Philosophie de l’Esprit contro le dottrine positivistiche e materialistiche. Avvertono la necessità di una liberazione dallo scientismo e dallo statalismo o totalitarismo politico, pena il rischio di sacrificare la coscienza personale e di impoverire la forza del soggetto umano nel nome di una oggettività dominabile concettualmente e tecnicamente e di una meccanizzazione spersonalizzante della vita sociale.
La speculatività della filosofia riavvicinerebbe dimensione etica e dimensione metafisica. C’è la volontà di ritrovare lo spirito (esprit vale sia spiritus che mens). Il tutto anche nella prospettiva di diffondere uno spiritualismo ecumenico. L’indirizzo della collezione è dichiaratamente aconfessionale.
La filosofia di René Le Senne è di ispirazione essenzialmente etica; ha come oggetto fondamentale l’esperienza umana come esperienza di contraddizione, di ostacoli e di conflitto insoluto, superata nella tensione morale del dovere, un’aspirazione a non cedere, risolvendo la contraddizione nell’armonia dello spirito. L’esperienza di sé è sempre esperienza delle contraddizioni, che limitano il soggetto, ma che esigono un continuo superamento verso il valore. Il Valore è l’Assoluto unico e infinito. L’uomo non può attingerlo immediatamente, ma solo nelle sue manifestazioni, cioè nei valori particolari, che costituiscono nell’insieme la pienezza del valore. La dialettica tra determinazione e libertà per Le Senne è presente anche in psicologia. Per lui vige un piano di relazione universale tra interiorità ed esteriorità, tra finito e infinito, che è rapporto dialettico vivente, sforzo inventivo continuo di collegamento tra la coscienza e il suo principio spirituale.
Lo spirito è per Le Senne ciò che ingloba tutto quello che può essere sentito, pensato o intuito. Tra le sue manifestazioni centrale è quella del valore. Diffidente di ogni ontologismo lo definisce anche come “super-essere” (Il destino personale, 1951). L’Assoluto, Dio, è la fonte originaria di tutti i valori. La spiritualizzazione del mondo avviene mediante la relazione interiore tra la fonte universale dei valori e le singole coscienze personali. L’uomo non crea i valori, ma crea loro uno spazio d’accoglienza. Valori essenziali sono il vero, il bello, il bene, l’amore. L’io è un insieme di strati, in cui si combinano corporeità, interiorità e carattere, in cui il valore opera la formazione della personalità. C’è sinergia fra filosofia dei valori e psicologia dei caratteri e relazione sinandrica, cioè di comunione tra uomo e uomo contro il fanatismo, che trasforma ogni valore in vuoto idolo dogmatico.
Il tracciato di Louis Lavelle è decisamente più ontologico-metafisico. La sua è un’ontologia del concreto, per sua definizione. Il mistero dell’essere è tutt’uno con il mistero dell’esistenza, dell’io. C’è tensione polare fra inquietudine e gioia (abolita ogni opposizione fra finito e infinito, relativo e assoluto, particolare e universale). Tutto è partecipazione all’essere e unità partecipata. L’essere è il termine primo, dato che ogni altro termine lo presuppone e lo esprime limitandolo (Sull’essere, 1928). Non è esterno a niente e niente è esterno all’essere. La radice originaria di ogni agire è partecipativa. “Non posso né porre l’essere indipendentemente dall’io che lo coglie, né porre l’io indipendentemente dall’essere nel quale esso si inscrive” (L’atto, 1937). L’atto più alto è quello d’amore. La conquista di sé fa tutt’uno con la rinuncia a sé. La spiritualizzazione autentica non può prescindere dalla concretezza fenomenica dell’esistenza. La vita immortale dell’anima non è meramente durata infinita, ma vita che comprende la morte e la supera. L’eternità non è vista in opposizione al tempo, ma è ciò che attraversa e contiene il tempo. Il tempo non è più una semplice serie cronologica di istanti, ma un veicolo della nostra eternizzazione (Sull’anima umana, 1951).
Docente alla Sorbona dal 1932 al 1934 e al Collège de France dal 1941, Lavelle intende fare dalla sua filosofia dello spirito una metafisica, anzi un’ontologia. Compito fondamentale l’indagine sull’essere. L’essere è uno, il Tutto e l’Assoluto. La coscienza può avere l’intuizione dell’Essere nell’esperienza dell’intimità spirituale e non nella conoscenza degli oggetti esterni. La sintesi di ontologia e psicologia non è condotta in senso idealistico, ma come una fondazione ontologica del pensiero: il cartesiano cogito ergo sum inscrive il pensiero nell’Essere e non l’Essere nel pensiero.
L’uomo ha dunque il suo fondamento in Dio e Dio è presente nella coscienza, poiché l’Essere è univoco. Lavelle non giunge ad esiti panteistici: l’essente partecipa dell’Essere, ma ne è anche separato da un “intervallo”, costituito dall’esistenza nello spazio e nel tempo. Si apre così una “dialettica della partecipazione”, per cui l’esistenza stessa, che è il principio del distacco dell’essente dall’Essere, è anche la possibilità dell’unificazione attraverso la libertà (Il tempo e l’eternità, 1945).
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