In un documento dei vescovi italiani sulla comunicazione del 1971 si legge: “Durante l’esistenza terrena Cristo si è rivelato il perfetto Comunicatore […] Del resto la ‘comunicazione’ si estende molto oltre la semplice manifestazione dei pensieri della mente o l’espressione dei sentimenti del cuore. La piena comunicazione comporta la seria donazione di se stessi sotto la spinta dell’amore”.
Gesù è il comunicatore perfetto perché in lui medium e messaggio coincidono: il messaggio, la buona notizia, è infatti l’amore che salva. E questo messaggio può essere comunicato solo amando. L’Ultima Cena è l’evento che Gesù stesso ci ha indicato come privilegiato per cogliere la qualità e la forza del suo amore.
Nell’episodio della donna che perdeva sangue c’è la prova del tatto, il senso per eccellenza dell’azzeramento delle distanze e della reciprocità. Qui le parole non ci sono state; è bastato il contatto per comunicare, per incontrare e lasciarsi incontrare.
Gesù sente, tra la folla, il desiderio di questa donna nella concretezza della sua manifestazione; e le riconosce che questo movimento, di incontro nell’affidamento, è ciò che rende possibile la salvezza: “La tua fede ti ha salvata”. Gesù ci consente di essere protagonisti della nostra salvezza se entriamo nell’amore che lui per primo ci testimonia.
Se prendiamo l’episodio del giovane ricco che chiede la strada per arrivare alla vita eterna, la prima risposta di Gesù è quella della giustizia: segui il decalogo. Ma la legge può diventare un idolo, qualcosa che ti rassicura senza che il tuo cuore ne sia trasformato. Allora Gesù “lo guarda e lo ama”, perché non c’è trasmissione di verità senza questo contatto singolare e concreto.
Solo una vera disposizione di amore predispone il contesto di ogni comunicazione autentica. Noi accogliamo la salvezza – è la sua replica – solo entrando nell’amore, nella carità che supera la giustizia, senza negarla, ma trasfigurandola.
La risposta è lasciata alla nostra libertà: possiamo accettare di “perdere” la nostra vita nell’amore, ma così la salviamo; se invece cerchiamo di preservarla, la spegniamo, e quindi la perdiamo. L’amore di Gesù sempre rimette in prospettiva la legge e la libertà.
Il Papa, al Convegno di Firenze, cita – a testimonianza di una vita spesa nell’amore – una frase fiorita sulle labbra di don Camillo davanti al Crocifisso: “Sono un povero prete di campagna, che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro”: una vita nell’amore.
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