Chi è stato educatore continua a esserlo e sa benissimo che si educa per educarsi, perché ogni relazione è una rivisitazione. È nell’incontro che si fondono le speranze con le attese, il desiderio di dare e quello di ricevere, tutto si muove nella reciprocità, nell’approfondimento di una coscienza che si coglie e si raccoglie per mettersi a disposizione di chi, consciamente o inconsciamente, compie lo stesso viaggio.
Dunque l’educatore lo diventa educandosi, agendo sulle proprie fragilità, perché è proprio questo il punto di partenza per scoprire il bello e il grande da proporre e da condividere. L’educatore è uno che scopre strada facendo, ma solo perché in lui convivono doti e talenti innati che erano già parte essenziale della sua sfera esistenziale all’atto della nascita. Chi ha vissuto da educatore sa benissimo che s’impara giorno per giorno, ma in virtù di una predisposizione che ha radici profonde. Un educatore senza talenti innati potrà studiare, seguire, ascoltare, imparare, fare, ma non avrà mai quel mantra educativo capace di esprimere la gioia e l’entusiasmo della scoperta che sono capaci di giocare un ruolo determinante nel cuore e nella mente di chi si predispone ad accogliere.
L’educatore ha un suo profilo caratteriale unico, inimitabile, un profilo che si quantifica, si affina, si rafforza e si qualifica in virtù di una crescita morale accorta, ma tutto è già in essere, è già lì pronto per sviluppare un’interazione adeguata con chi chiede di poter interagire. L’educatore cristiano ha un valore aggiunto, perché unisce alla vocazione umana quella che nasce e si fa largo tra le maglie di una spiccata spiritualità, in stretta connessione con quel mondo interiore fedele custode di molti dei tesori che caratterizzano la natura umana.
Unire la professionalità laica a quella cattolica può generare un respiro più ampio, una più proficua e profonda consapevolezza, può persino aprire lo sguardo su orizzonti che amplificano a dismisura il campo della conoscenza, in cui si configurano il fisico e il metafisico, l’umano e il divino, la voglia di concorrere a una conoscenza che dia un’immagine più vera e profonda alla vita.
Chi è stato educatore sa che si può sbagliare e che anzi si parte quasi sempre dall’errore per cercare un varco attraverso il quale far passare quell’amore convinto che è la spinta quotidiana della relazione. Chi cerca la perfezione è un perdente. Ogni atto o pensiero o azione ha una ricaduta che non è mai uguale e i cui effetti mutano a seconda di come abbiamo saputo veicolare la nostra volontà in relazione al prossimo.
Il motore dell’educazione è la ricerca costante, la prova, la sperimentazione, la voglia di cambiare, ma partendo sempre da due condizioni fondamentali: entusiasmo e passione. L’entusiasmo fa breccia nel cuore, allarga l’orizzonte, fa provare emozioni mai provate prima, incoraggia, stimola, fa pensare, fa sorgere il dubbio che forse la gioia umana esiste e che si può coltivare anche quando sembra che le condizioni siano impossibili. La passione scuote, rompe gli incantesimi, fa incontrare la bellezza anche nella bruttezza, è un miracolo che si attiva e che induce a riflettere su chi siamo, cosa facciamo, sul mondo che portiamo dentro e che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino. Insieme all’entusiasmo è il sale della donazione, è spirito vitale che si muove, muove e rimuove le zone statiche della nostra natura, quella che neppure la più valida teoria del mondo è in grado di rilanciare.
L’entusiasmo e la passione sono emozioni allo stato puro, che non hanno bisogno di intermediari e di mediatori, fanno vibrare le coscienze, riempiono i cuori, creano i miracoli, smuovono le montagne. Non è facile incontrarli per strada oggi, spesso vivono rintanati perché non vengono riconosciuti, il mondo spesso non li ama, ma quando incontrano lo spiraglio giusto esplodono e cambiano il mondo stesso, quel mondo che spesso osserviamo pensando di essere inutili, di non riuscire a fare nulla per scuoterlo dai torpori della decadenza fisica e morale.
Chi educa si educa di nuovo sempre, ogni giorno scopre la sua unicità e quella della vita che gli ruota attorno, ogni giorno lancia la sua sfida all’immobilismo e all’appiattimento, cerca di convincere che si può fare molto di più, perché la natura umana è straordinariamente ricca e complessa, capace, se conosciuta, di regalare momenti di gioia profonda.
Dunque diciamo agli scienziati dell’educazione che senza i prerequisiti vitali non si va da nessuna parte e che l’educatore porta con sé lo spirito missionario, unito a una vision capace di sfondare anche i muri più alti e impenetrabili. L’educatore vero non ha mai la presunzione di sapere, perché sa che il sapere è frutto di un lavoro particolarmente impegnativo che intercorre tra lui e i suoi interlocutori, di una ricerca senza fine, che va alla scoperta di tutto ciò che serve per affrontare con più forza e coraggio i limiti della nostra condizione.
È con l’educazione che la natura umana diventa attenta e forte, è con il ruolo guida dell’educatore che entriamo nella bellezza, imparandone a conoscere gli aspetti più reconditi, con la gioia di chi scopre dentro di sé un tesoro di umanità che non aveva mai né visto né sentito prima e di cui si sente fiero e orgoglioso rappresentante.
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