Impazza tra i social network capitolini il video di un cinghiale che trotta allegramente di notte per via Baldo degli Ubaldi. Non è la prima volta che vengono avvistati in città. Ma colpisce la collocazione nevralgica dell’arteria che dall’Aurelia raggiunge San Pietro, conquistata dagli inquietanti bestioni. Altri esemplari, incuranti del traffico, sono stati segnalati sulla Cristoforo Colombo. Un tempo si nutrivano sostanzialmente di vipere e piccoli rettili ma, scarseggiando questi ultimi, ora apprezzano volentieri i rifiuti che fuoriescono dai cassonetti.
Non sono i soli. A contendersi avanzi e organico disperso ci sono anche maiali (in via di Boccea), gabbiani e recentemente qualche volpe da me personalmente incontrata. Uno zoo a cielo aperto.
Da dove arrivi tutta questa fauna a Roma è difficile spiegare. Campagne circostanti, qualche allevatore periferico distratto, tane nei grandi parchi come Villa Pamphili o Monte Ciocci. Perché arrivi invece è facilmente intuibile. Quella che era stata classificata come ‘emergenza’, la raccolta rifiuti, è stata rapidamente derubricata a normalità: normale vedere i cassonetti strabordanti, normale trovare i contenitori circondati da sacchetti rotti e avanzi sparsi, normale, in occasione di ponti o festività, dover attendere qualche giorno per vedere ultimata la raccolta.
Resta il fatto che solo nella zona di piazzale Clodio, quindi in pieno centro, sono state avvistati anche donnole, ricci, faine, istrici, tutti a caccia di cibo.
Problemi amministrativi certo, ma anche maleducazione romana. Dopo la chiusura della grande discarica di Malagrotta (voluta dal sindaco Marino) e le traversie della giunta Raggi (indagata l’assessore all’ambiente Muraro) le cinquemila tonnellate di rifiuti prodotti ogni giorno nella capitale non hanno ancora trovato una esauriente via di smaltimento.
I quattro impianti Tmb (Trattamento meccanico biologico) attualmente in funzione non sono sufficienti. I rifiuti prendono le strade di altre città in Italia e in Europa ma tutta la filiera capitolina registra ritardi e accumulo di immondizia.
A parte i topi che nessuno è in grado di censire, attualmente una delle presenze più invadenti è quella dei gabbiani. Li portò Folco Quilici negli anni Settanta. Una coppia che deve essersi trovata bene tanto da attirare molti altri pennuti dai vicini lungomare di Ostia e Fregene. Ora si stima siano circa 60mila e li puoi trovare appollaiati sul cassonetto dove vorresti scaricare il tuo sacchetto mentre ti guardano di traverso.
Qualche vagabondo poi ha identificato la sua missione nel dar loro da mangiare pezzi di pane avanzato. E così accade che, magari a poche decine di metri da un parco giochi per bambini, decine e decine di volatili, tra strida minacciose, inizino a volteggiare a una determinata ora del pomeriggio in attesa dell’appuntamento col buon samaritano.
Ma non sono i gabbiani gli unici uccelli padroni dello spazio aereo e terrestre: ci sono falchi pellegrini, allocchi, merli, picchi, cornacchie. A loro si sono aggiunti voraci pappagallini verdi di origine brasiliana, arrivati chissà come, più resistenti allo smog e che hanno preso possesso di molti alberi a Villa Ada, Villa Torlonia, Gianicolo.
A Primavera poi ecco i gheppi. Hanno scelto come luogo prediletto per i loro nidi il secondo anello del Colosseo. Insieme con i piccioni producono abbondanti escrementi che creano non pochi problemi a Sovrintendenza e turisti.
Il caso delle cornacchie invece è stato risolto. Calavano sui bidoni della spazzatura, li rovesciavano sul pavimento degli ambulacri e beccavano il contenuto. Ora grazie a un coperchio di metallo sui cestini il danno è stato ridotto.
Niente di nuovo sotto il sole romano. Nel ‘400 il grande storico e umanista Poggio Bracciolini scriveva: “Cosa tristissima è questa: il colle del Campidoglio, una volta a capo dell’impero romano, davanti a cui tremavano tutti i re e i prìncipi, è a tal punto desolato e mutato che è diventato deposito di letame e d’immondezza. Il Foro, il luogo più celebre per le leggi e lì vicino il Comizio, insigne per l’elezione dei magistrati, sono deserti e squallidi, l’uno alloggio di porci e bovi, l’altro coltivato a legumi”.
D’accordo. Non sono ancora arrivati porci e legumi in centro città. Ma qualcosa bisognerà pur fare.
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