Si dovrebbe ogni anno far giocare una partita di calcio alla squadra nazionale, agli azzurri, il 17 marzo così da poter presumibilmente vedere qualche tricolore in più. È vero che negli ultimi anni si vedono sempre più bandiere tricolori alle finestre, ai balconi e nei giardini ma le ricorrenze andrebbero celebrate con più calore da parte di chi la storia ed i suoi protagonisti risorgimentali ricorda. A Varese per la verità si fa molto più che altrove grazie a “Varese per l’Italia 26 maggio 1859” presieduta da Barion e sostenuta da Giromini, Tomassoni, Prevosti, Monti, Sorbaro Sindaci, Taddei, Zuccaro, Giuffrè Savoia, altri e dalla dottoressa Bassani Valcavi.
La Repubblica riconosce il giorno 17 marzo, data della proclamazione in Torino, nell’anno 1861, dell’Unità d’Italia, quale «Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera», allo scopo di ricordare e promuovere, nell’ambito di una didattica diffusa, i valori di cittadinanza …e di consolidare l’identità nazionale attraverso il ricordo e la memoria civica. Così si dichiara all’art. 1 della legge n. 222 del 2012, l’anno dopo le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità a dimostrazione della tempestività dei nostri legislatori anche dove capitoli di spesa non esistono.
La bandiera italiana nasce il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia. Quel giorno i rappresentanti di quattro città, Bologna, Modena, Ferrara e Reggio, su proposta del deputato reggiano Giuseppe Compagnoni, proclamarono il tricolore verde bianco e rosso come vessillo della Repubblica Cispadana. Al centro della fascia bianca una corona d’alloro con una R che sta per Repubblica ed una C per Cispadana. Nella faretra quattro frecce, le quattro città della Repubblica Cispadana, quindi un fascio con ascia, forse riferimento culturale all ‘idea di forza e di unità plebea del fascio nell’antica Roma e due piccoli tricolori.
Con la restaurazione e la fine dell’epoca napoleonica i colori nazionali vennero messi al bando. Solo con le sollevazioni del 1831 in diverse parti d’Italia, così come nel ducato di Reggio e Parma e nello Stato Pontificio il tricolore riapparve. Le feroci repressioni seguite al fallimento dei moti del ‘31 e dei metodi cospirativi carbonari, convinsero Giuseppe Mazzini ad adottare per la Giovine Italia il tricolore ed una nuova strategia. Nella stagione rivoluzionaria del biennio 1848-1849 le bandiere, le coccarde, le sciarpe, i fazzoletti tricolori tornarono di nuovo alla luce in tutta Italia ma è nel biennio 1859-1860 che il tricolore accompagna soprattutto le imprese garibaldine e Varese diventa nel 1859 la prima città italiana liberata che issa il tricolore sui campanili della città dopo il 26 maggio e la battaglia di Biumo.
È del 25 marzo 1860 il regio decreto che determina le caratteristiche della nuova bandiera dell’esercito sardo con l’aggiunta dello stemma dei Savoia. Con queste caratteristiche rimase fino alla proclamazione della Repubblica del 1946. Spera chi scrive che con la terza repubblica al posto dello stemma dei Savoia non appaia il simbolo italico della mazzetta per confermare la vocazione italica nonché un primato mondiale della Penisola in materia; magari col motto “ Tengo famiglia” così come Mazzini aveva voluto quello di “ Dio e Popolo” sul tricolore della Repubblica Romana del 1849. Altri tempi, altre speranze.
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