Tra le sue carte, Cesare Chiericati ha ritrovato il ritaglio di un intervento scritto per la Prealpina ventitré anni fa. Vale la pena di riproporlo, poiché conserva attualità, al netto delle parziali migliorie (assai parziali) di cui ha fruito l’arredo urbano varesino in oltre due decenni. Confidiamo in tempi migliori, e nella fallace previsione di Seneca, per Roma e non solo: la sorte è immutabile e fissa.
L’assessore Maroni presenta il bilancio e fa sapere ai varesini che i cordoni della borsa non potranno allargarsi più di tanto, e questa non è davvero una novità finché non si arriverà a una nuova cultura delle spese e delle entrate ridisegnando radicalmente il sistema fiscale del Paese.
Prendiamo dunque atto che la realtà, piaccia o non piaccia, è questa. A questo punto però si apre il discorso sulla qualità delle spese e mi fermo sulla voce strade, da almeno quindici anni ridotte in uno stato indecoroso con i relativi marciapiedi. In manutenzioni dovrebbero essere impegnati -stando a un recente resoconto cronistico – due miliardi e duecento milioni.
Non sono in grado di dire con certezza se siano tanti o siano pochi ma ho il sospetto che siano pochi o addirittura pochissimi. Ma anche se pochi o pochissimi, questi denari della collettività devono essere spesi al meglio esercitando sugli appalti complessivamente e sull’esecuzione materiale dei lavori stradali un controllo feroce. Perché non è più tollerabile vedere stendere manti d’asfalto come fossero fogli di carta velina senza rialzare preventivamente i tombini, non effettuare a regola d’arte i raccordi tra fondo stradale e marciapiedi con una trascuratezza e un’incuria degne di qualche cittadina periferica del Nordafrica.
È vero, anche in questo settore le precedenti amministrazioni hanno lasciato un’eredità pesantissima di abbandono e di degrado ma è altrettanto vero che dalla nuova amministrazione leghista non sono arrivati, sinora, segnali incoraggianti. Al contrario, mi pare ci si stia muovendo nel solco di una sostanziale continuità. La nuova strada che corre lungo la caserma Garibaldi, aperta meno di un anno fa, è lì a dimostrarlo. E che dire dei tagli che a volte, per effettiva necessità di Enel e Sip o altri, devono essere praticati nell’asfalto? La fresa, sul cui impiego e i relativi vantaggi si era a lungo e dottamente intrattenuto, qualche anno fa, un glorioso ingegnere varesino, ormai quasi novantenne, Antonino Mazzoni, resta uno strumento pressoché sconosciuto. Risultato: tagli a sghimbescio e ripristino dell’asfaltatura approssimativo con l’apertura di voragini alle prime serie piogge.
La nuova amministrazione aveva promesso attenzione alla quotidianità e al look di questa Varese degradata. D’accordo, sono tornati i cigni ai giardini pubblici – e ciò ha fatto piacere a tutti – ma i portici, nelle adiacenze della fermata degli autobus, all’altezza di piazza San Giuseppe, sono un festival di scritte imbecilli e i sottopassaggi intorno alle Nord continuano a essere fetidi e infrequentabili come ai tempi delle giunte Sabatini e Bronzi. Dunque come dare torto ai commercianti che chiedono sicurezza, pulizia e ordine in corso Matteotti in attesa dell’arredo urbano, l’araba fenice degli ultimi cinque anni?
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