Non poche critiche si sono accumulate e sedimentate nei confronti di papa Francesco e del nuovo corso instaurato nella Chiesa a sviluppo e inveramento del programma di rinnovamento fatto proprio dal Concilio Vaticano II nelle sue istanze basilari. L’Esortazione apostolica post sinodale Amoris Laetitia sull’amore nella famiglia in particolare ha provocato reazioni sia in campo ecclesiastico sia in quello più vasto della cultura.
Per esempio il professor Robert Spaemann, docente di filosofia all’Università di Monaco, ha dichiarato che l’Esortazione costituisce una palese ed evidente frattura con tutto il precedente magistero della Chiesa. Il n.305 contraddice in modo aperto quanto Giovanni Paolo II afferma al n.84 della Familiaris Consortio. La nota 351 dell’Amoris Laetitia specifica che “il confessionale non deve essere una sala di tortura, bensì il luogo della misericordia del Signore” e che l’Eucarestia “non è un premio per i più perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli”. Là si postulava il principio che la Chiesa “ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati”.
Invece i casi previsti da papa Francesco, che prendono in considerazione l’aiuto della Chiesa, contemplano situazioni oggettive di peccato, in cui i fedeli non siano soggettivamente colpevoli o non lo siano in modo pieno. È il Vangelo della misericordia, il realismo di Dio che intervengono a correggere l’interpretazione rigida degli eterni dottori della Legge, fedeli a una dottrina interpretata in senso ideologico, ridotta ad un insieme di teorie astratte e cristallizzate.
Si vorrebbe papa Francesco incline al perentorio aut aut, mentre a qualche tradizionalista sembra preferire la logica del non solum, sed etiam, secondo la logica del caso per caso, figlia dell’etica della situazione. La Chiesa del “ma anche” si ispirerebbe alla logica del mondo, non a quella del Vangelo. E il mondo di fatto applaude. La coerenza postula la persecuzione, non l’applauso. Francesco sente tutta la tensione che c’è tra dottrina negli asserti definitori e pastorale, tra coscienza soggettiva e obiettività della Legge, tra misericordia e implacabile giustizia. Per lui importa scoprire la presenza di Dio in una determinata situazione (senza cedere al relativismo), che cosa ci chiede qui e ora. La Parola è una compagna di viaggio che ci sostiene in mezzo al dolore. Dottrina e pastorale si incontrano nel medesimo amore per la verità, che non è un’astrazione, ma si integra nel cammino storico di ogni vivente, luogo di discernimento e di dialogo. Le situazioni sono spesso complesse e il pensiero umano colle sue decisioni risulta sempre incompleto.
È all’interno della storia che si opera. Gesù andava tra la gente, in mezzo alle folle, e prendeva la gente com’era, non come doveva essere. La misericordia non fa che incarnare la carità nella vita. Scontare la pena per gli errori commessi è solo l’inizio della conversione. “Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità”. “Dio ingloba e supera la giustizia in un evento superiore, dove si sperimenta l’amore, che è il fondamento della vera giustizia”.
Il passo avanti segnato da Francesco consiste nella presa di coscienza di una evoluzione oggettiva, quella dei condizionamenti propri delle nostre società. Si deve prendere atto di quanto limita la capacità di decisione di molte coscienze. Nessuna rottura col precedente magistero.
Solo che la comunità ecclesiale in molti casi risulta ancora immobilizzata in mezzo al guado; in molte parrocchie perdura il privato sacrale. Si accusa Francesco di parlare tanto di sinodalità, mentre poi decide da solo con un accentramento personale del governo. Egli però richiede di esprimere le critiche con libertà; accetta, quando non invoca, la diversità per arricchire l’unità e non romperla. Pensa a una riforma della Curia che comporti non un cambiamento delle persone, ma nelle persone.
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