Con la circospezione del caso e creando la dovuta suspense di consumati teatranti, tecnici e responsabili della Nasa – l’ente aerospaziale americano – hanno dato la notizia del secolo, prima annunciandone l’importanza e poi procedendo alla comunicazione urbi et orbi. Nella costellazione dell’Acquario, grazie anche alle indagini effettuate dal satellite Spitzer, è stato “individuato” un nuovo sistema solare con sette pianeti allineati attorno alla stella madre. Un sistema che assomiglia – assomiglierebbe – molto al nostro. Quindi con alcuni pianeti le cui condizioni possono – potrebbero – essere simili a quelle della Terra. E magari – forse, chi lo sa – anche con possibili situazioni di vita.
Il nuovo “sole” ha già un nome di battesimo: Trappist–1; si tratta di un astro più piccolo del sole, però, con un diametro poco più grande di quello del pianeta Giove. Il nuovo “sole” – una cosiddetta stella “nana rossa” – emana una luce fredda e i sette pianeti che gli girano intorno gli offrono sempre la stessa faccia, come fa la Luna con la Terra.
La notizia ha mandato in sollucchero esperti e non esperti. I primi perché vedono – vedrebbero – confermate nell’infinità del cosmo condizioni planetarie simili a quelle del sistema solare che ben conosciamo, più o meno da quattro secoli a questa parte, cioè si sono dimostrate nella “realtà” quelle che finora erano solo ipotesi, supposizioni. E i secondi, i non esperti, diciamo quasi tutti noi, perché finalmente si configurano, in pratica a seguito di una verifica scientifico-matematica le nostre congetture di veri sognatori, ovvero l’esistenza di una nuova terra, di un Terra parallelo o in qualche modo simile al nostro.
Ma è davvero così? Intanto, si legge sui giornali che hanno dato tutti un ampio spazio alla notizia, la stella Trappist–1, con il suo sistema di pianeti ruotanti attorno a essa, è distante quarant’anni luce da noi. Vale a dire che viaggiando alla velocità della luce – 300mila chilometri al m/s – si impiegherebbero quarant’anni per arrivarvi. Sono miliardi e miliardi di chilometri. E nessuno viaggia alla velocità della luce, cosa impossibile – per non dire assurda sulla base delle nozioni attuali – a detta degli stessi scienziati. Quarant’anni di viaggio alla velocità della luce per raggiungere la meta, valgono a dire che la meta non si raggiungerà mai…
Seconda cosa. Nessuno ha visto la stella Trappist–1 e il suo “sistema solare”, nessuno li ha potuti “toccare con mano”. Ci si è arrivati, lassù, per mezzo di calcoli, tenendo conto delle attenuazioni della luce trasmessa a intermittenza dalla stella stessa a seguito dei passaggi effettuati dinanzi a lei dai suoi pianeti.
Terza cosa. Può darsi, a quanto se ne sa, dato che partendo dalla stella solare la luce che arriva fino a noi ha impiegato quarant’anni di viaggio – quindi è partita presumibilmente nel 1977 –, che nel frattempo – per esempio nel 1990 o agli inizi del 2000 – essa si sia spenta, perché noi abbiamo basato i nostri calcoli su quanto avvenuto prima… E adesso c’è il nulla. Dobbiamo aspettare per vedere se esiste ancora quella luce.
Un’ultima cosa. Affermavano alcuni esperti della materia intervistati alla radio qualche giorno fa che anche per quanto riguarda la vita su alcuni di quei pianeti, simili alla terra, tutto è basato ancora su ipotesi. E per altri le condizioni vita sarebbero impossibili. Almeno per come intendiamo e conosciamo noi la vita. Stanno bene a tutti i calcoli degli scienziati, ma non è che si siano fatti grandi passi in avanti rispetto alle certezze: si pensa, si ricerca, si studia. E si crede.
Come ha scritto di recente un bravo filosofo, la Terra che abbiamo è e che conosciamo bene è ancora questa e sempre la stessa: teniamocela stretta. Il cosmo è immenso, infinito. E nessuno ancora è riuscito a dare una risposta alle domande e alle considerazioni che Giacomo Leopardi, grande poeta, poneva in capo al suo pastore errante dell’Asia. La domanda della conoscenza e, dunque, la risposta della felicità. “Forse savess’io l’ale / Da volar su le nubi, / E noverar le stelle ad una ad una, / O come il tuono errar di giogo in giogo, / Più felice sarei dolce mia greggia, / Più felice sarei candida luna”. Forse. Nonostante tutto non ci si è ancora mossi di lì.
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