È bellissimo rinascere ogni mattina, ricominciare daccapo, guardare il mondo come se fosse la prima volta, rimettere in moto la fantasia, l’intelligenza, la voglia di fare, di sognare, di buttarsi a capofitto nella bellezza. Il pericolo è quello di trovare il cemento armato al posto dell’acqua e finire con la testa rotta e il cuore a pezzi. Succede e succede sempre di più che la speranza faccia capolino e poi si spenga nelle ombre di una sera diventata sempre più buia, rumorosa, stravolta dall’imbecillità umana.
Chi ha conservato dentro di sé uno spazio per il fanciullino di pascoliana memoria continua a sperare che qualcuno al di fuori sia in ascolto, senta, veda, si accorga, la smetta di far credere che sia tutto così facile, come ad esempio spendere il proprio tempo per gli altri, fare qualcosa di utile, fare beneficenza ad esempio. Il problema vero è che ciascuno ha un modo del tutto personale di concepire il dovere sociale, lo stare dentro la storia, il vivere l’aspetto comunitario dello stare insieme, ognuno ha il suo parallelepipedo, la sua fonte di approvvigionamento che nasce da una vocazione, da un modo anche molto personale di esprimere il proprio essere persona in cammino.
Pretendere che il prossimo faccia sempre quello che vogliamo è una forma di assolutismo mentale che in molti casi nasce da antiche reminiscenze un po’ oltranziste, quando il potere permetteva di fare il bello e il cattivo tempo, determinando la vita e a la morte delle persone. Per fortuna è arrivato il tempo della conoscenza e della rinascita individuale, per cui l’uomo e la donna hanno imparato a essere e a fare in una dimensione più convintamente personale, maturando la propria apertura sociale al mondo senza peraltro diventarne succubi o schiavi. Avere la pretesa che gli altri facciano quello che vogliamo è assurdo, ma far conoscere agli altri che esiste una sfera personale nella quale cercare una fonte di umanità in più è una cosa bella e gratificante.
Nel mondo c’è chi opera con la parola, con i segni, con le mani, con le gambe, con il cervello e con il pensiero. Ognuno ha una sua dimensione temporale, un suo modo di esserci, di dimostrare che il tempo non cancella, ma arricchisce e stimola. Quando ero un ragazzo e vedevo davanti a meno persone di quasi settant’anni provavo un fondo di tenerezza, mi davano la netta impressione della vecchiaia: i capelli bianchi, il viso rugoso, scavato, emaciato, le mani ossute, scarne, il corpo ripiegato su se stesso, la parola quasi assente, insomma erano il segno tangibile di un tempo che passa in fretta e che lascia inesorabilmente i suoi segni. Oggi in molti casi vediamo persone di settant’anni e oltre che lavorano, si danno da fare, si impegnano e ci fanno capire che anche l’anziano è una pedina fondamentale nel gioco della vita, è un punto di riferimento e di appoggio senza il quale in molti casi il pensiero rimarrebbe ancorato a cosa mangiamo oggi, a piove o c’è il sole, a che tempo farà domani.
Eppure, malgrado ci sia un’apertura generale alla collaborazione c’è ancora chi vorrebbe farti fare quello che va bene a lui, quello che s’innesta in meccanismi di profitto individuale e di gruppo. Il mondo è purtroppo ancora legato a vincoli ancestrali, a simpatie e antipatie, a o fai quello che ti dico io o non conti nulla. L’assolutismo viaggia a novanta e non appena incontra qualcosa o qualcuno che viene percepito come non asservito si ribella, perché vorrebbe far prevalere la sottomissione come valore aggiunto.
Per fortuna nasciamo ogni mattina e ogni mattina abbiamo la possibilità di fare le nostre scelte, nelle quali non dobbiamo mai dimenticare quel piccolo mondo dei doveri che accompagnano il nostro viaggio e che sono quelli che danno un senso vero e profondo alla nostra esistenza. La famiglia ad esempio è il bene supremo, quello che richiede la nostra capacità di essere cristiani fino in fondo, di apporre un sigillo particolare all’impegno sociale che abbiamo consacrato a Dio nel matrimonio. Sembra una cosa da nulla, ma visti i disastri e i problemi che la affliggono, non è un’occasione da poco.
Spesso la famiglia è lasciata sola, anche quando la parola è a due passi da casa, non le viene dato quel tempo a disposizione di cui ha fortemente bisogno, di cui sente la mancanza, perché la famiglia di oggi è in molti casi abbandonata al proprio destino, lasciata sola in un mare di indifferenza, soprattutto da parte di figli e nipoti.
Non dimentichiamo mai che ci sono vecchi che vengono affidati a badanti o messi nella case di riposo da figli che non hanno né il tempo né la voglia di essere vicini al dolore e alla sofferenza, salvo poi piangere quando i genitori non ci sono più.
Stiamo attraversando uno strano periodo in cui la conquista del paradiso passa attraverso i grandi gesti plateali, quelli che fanno notizia, che stupiscono, quelli che ci fanno passare per inclusi, per piccoli eroi del quotidiano, mentre quelli che dovrebbero segnare la nostra vitalità interiore e sui quali abbiamo costruito le nostre verità sembra che non abbiano più il peso necessario per far amare e apprezzare. Forse qualcuno dovrebbe fare un profondo esame di coscienza per capire da che parte sta l’amore, quello che invochiamo nelle modalità che ci fanno piacere, ma che non sappiamo più riconoscere, perché è diventato troppo grande.
Nascere ogni mattina è un atto dovuto a chi, con infinito amore, ci ha dato l’opportunità di vivere il bellissimo e preziosissimo dono della vita.
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