Quando la nostra squadra di basket, nella terza parte del recente derby di basket con Milano, dopo una fantastica rincorsa è piombata sugli avversari incendiando il palasport di Masnago io ho spento il televisore. Sapevo che era il momento magico della partita e come tale doveva subito finire nel grande magazzino dei ricordi.
Una decisione presa anche per via di un’esperienza accumulata in decenni e decenni di incontri visti: ero certo che i nostri giocatori, opposti a una squadra che è davvero un formidabile strumento di guerra sportiva, non sarebbero riusciti a vincere. E volevo risparmiarmi una grande sofferenza.
Questo derby mi ha regalato un ricordo bellissimo ma soprattutto una conferma importante: l’entusiasmo e la dedizione di giocatori, tifosi e dirigenti rappresentano un grande patrimonio per la città. Vi troviamo infatti l’orgoglio di appartenenza a una squadra che è nella storia della pallacanestro europea, esempio di una nobiltà sportiva mai dimenticata, alimentata di generazione in generazione.
Con l’orgoglio c’è anche lo stimolo a combattere sempre con lealtà per ritrovare percorsi e risultati degni della tradizione. Una speranza legittima che ha dei precedenti, come lo “scudetto della stella”, il decimo, conquistato quando il potenziale tecnico ed economico del basket varesino non era più quello degli anni ruggenti.
Infine la certezza di essere una bandiera bellissima nel vento di risultati, di esempi e valori espressi dalla città in altri campi di azione molto importanti come quelli economici.
Dove lo sport – non dimentichiamo certamente il calcio – è stato portatore di fama e di immagine di una piccola città che nel turbine del boom economico non ha perso l’orientamento, ma ha creato le basi per resistere nel tempo, per continuare a lottare anche nei momenti di difficoltà. È quello che accade oggi e il ruggito, il calore del palasport quando i suoi beniamini hanno acciuffato i grandi
guerrieri di Milano sono stati una conferma della vitalità e dello spessore, si potrebbe anche parlare di funzione e di dimensione, che da noi lo sport ha assunto.
La stessa politica, non sempre attenta alle problematiche cittadine, ha avuto un occhio di riguardo per la tradizione sportiva di una città, di un territorio che hanno la cultura sportiva nel loro dna e che ci hanno regalato leggende nell’ambito della sua storia sportiva. Che è immensa e ha dato allori all’Italia in moltissime specilalità. Una cultura che è fondata innanzitutto sulla pratica personale, sulla partecipazione diretta all’attività.
A Giovanni Borghi dobbiamo lo stupendo viaggio di Varese anche nel calcio professionistico; del patron indimenticabile ricordo un suo cruccio: avrebbe voluto vedere il “Franco Ossola” tutto esaurito anche quando erano ospiti squadre di serie A relativamente modeste. Non ne faceva una questione di incassi sfumati, ma solo di aspetti psicologici e didattici e siccome gli tornavano i conti di uno studio che aveva fatto, Giovanni Borghi sosteneva che il nostro calcio minore, praticato da centinaia di squadre, avrebbe dovuto disputare di sabato le partite del suo campionato. Alla domenica i calciatori dilettanti e i loro tifosi potevano istruirsi assistendo alle partite di serie A in programma a Masnago.
Non se ne fece nulla e anche quando il Varese diede cinque storiche pappine – che indimenticabile “manita”- alla grande Juventus, a Masnago ci fu il pienone, ma tutte le partite dei tornei dilettantistici vennero giocate. Segno che la cultura dello sport aveva grandi radici nel nostro territorio.
Che può fare oggi la città per lo sport che ne tiene al vento i colori, la grande storia? Molto se lo affianca anche nella ricerca di percorsi e formule che possano offrire ai dirigenti sbocchi tesi al potenziamento delle attività formative, quelle per esempio di una scuola di vita e di sport che permetta il recupero pieno di una gioventù che in passato è stata un eccezionale serbatoio di campioni.
Ma forse sarebbe decisiva una rinnovata attenzione alle persone che ancora e sempre credono nei valori della gestione del patrimonio sportivo della città. Oggi l’obiettivo dei nostri bravi dirigenti del basket non è facile da conquistare, ma nemmeno impossibile se sentono Varese al loro fianco. Ricordiamoci tutti dello scudetto della stella.
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