In occasione della XXV edizione della giornata mondiale del malato la cappellania dell’Ospedale di Busto Arsizio ha promosso una tavola rotonda dal titolo “Dentro scenari cha cambiano ciò che non cambia è il cuore con cui si lavora: testimonianze di operatori sanitari”, che si terrà il 09 febbraio prossimo; all’incontro sono stati invitati come relatori Chiara Pellegatta, coordinatrice infermieristica, Angelo Carenzi, ex-direttore generale ed il sottoscritto.
Per preparare il mio contributo ho iniziato a mettere nero su bianco alcune idee, che nascono dalla mia esperienza professionale e che offro come contributo anche ai lettori di radio missione francescana online. Ritengo che ciò possa rappresentare un tema interessante.
Tutti gli esperti di organizzazione del lavoro, economisti ed ingegneri gestionali, sono concordi nell’indicare un moderno ospedale come il tipo di “azienda” a maggiore tasso di complessità che esista. I bisogni a cui un ospedale risponde sono spesso urgenti e non programmabili, gli esiti sono per loro natura molto variabili e non è detto che un esito infausto sia da imputare ad un errore di processo, il risultato finale viene raggiunto attraverso l’intervento di tanti operatori di discipline e professioni tra loro diverse, medici di diverse specialità, infermieri, fisioterapisti, tecnici sanitari, farmacisti, biologi, amministratori, operatori dei servizi generali; i medici svolgono la loro professione con un elevato grado di autonomia, prendendo decisioni cliniche in “scienza e coscienza” e non secondo protocolli rigidi; le conoscenze sulle quali l’attività clinica si basa e le tecnologie che essa ha a disposizione sono in continua evoluzione.
Inoltre l’ospedale è inserito all’interno di una rete di servizi sanitari e in un contesto sociale che cambiano. Da tutto ciò ne deriva che, per chi presta la sua opera in un ospedale, è fondamentale la capacità di inserirsi all’interno di un “gioco di squadra” in modo creativo e consapevole.
A tal fine non sono importanti solo le conoscenze e le abilità, ma anche quelle attitudini e quei tratti della personalità, che la psicologia moderna definisce come “soft skills”. L’American Society of Psychology individua cinque skills come fondamentali nell’ambito lavorativo e che sono, a maggior ragione, necessari per collaborare in modo adeguato ad una impresa così complessa, come quella rappresentata da un moderno ospedale. Tali dimensioni della personalità sono: stabilità emotiva, amicalità, grinta, coscienziosità, apertura all’esperienza.
Nella professione medica è fondamentale la disposizione ad imparare dall’esperienza: ogni paziente è diverso dall’altro e il quadro clinico di ogni paziente è mutevole. Per un medico appassionato ogni malato è come la pagina di un libro, da cui impara sempre qualcosa di nuovo. Oltre alla predisposizione ad imparare dall’esperienza è fondamentale anche l’attitudine a stringere rapporti di amicizia, che facilitano la collaborazione tra colleghi, che non risulta così un obbligo, ma qualcosa che si intraprende di buon grado.
Se la professione medica viene esercitata secondo queste due caratteristiche, apertura all’esperienza ed amicalità, il gusto che ne deriva e la passione per essa crescono con il tempo, pur dentro alle inevitabili fatiche, che essa comporta.
You must be logged in to post a comment Login