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Politica

CHIESA E CRISI ECONOMICA

CAMILLO MASSIMO FIORI - 18/02/2012

L’attuale crisi economica non è che il proseguimento delle varie crisi regionali che dagli anni Settanta hanno afflitto le economie di molti Paesi europei, sudamericani ed asiatici.

Ovunque, dal Cile alla Polonia, dalla Russia alla Thailandia, dall’Argentina all’Iraq sono state applicate le teorie neoliberiste attraverso una vera e propria “shock terapy” che è riuscita solo in parte a riequilibrare i conti pubblici ma al prezzo esorbitante di sacrifici generalizzati, di licenziamenti di massa, di tagli devastanti dell’assistenza pubblica. Il risultato più eclatante è stato l’allungamento delle distante sociali con una ristretta “upper class” che diventa sempre più ricca, di una “under class” che viene emarginata e di un’ampia e differenziata “middle class” che se la cava alla meno peggio. Disoccupazione e disparità sociali sono il segno più inquietante che “il capitalismo sfrenato ha dissolto il proprio storico legame con il lavoro”.

È questa la riflessione che, con la solita acuta sensibilità, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha offerto in una anticonformista intervista concessa giorni fa al quotidiano “La Stampa”. La causa, secondo il porporato, sta nella scelta di isolare l’economia quasi fosse una scienza esatta invece che tendenziale, e di staccarla dall’etica. Il cardinale ha ricordato che l’etica non è una semplice esortazione alla bontà, ma una misura morale a servizio del vero bene dell’uomo.

Invece la ricchezza, anche in Italia, non è distribuita in modo equo e ciò dimostra che il mercato non basta a sé stesso e il suo presunto automatismo è in realtà causa di molte ingiustizie tra i “sommersi”, che sono i più, e i “salvati” che costituiscono una minoranza. “C’è bisogno di ritrovare una prospettiva che rimetta al centro l’uomo e che abbia la stessa attenzione a far quadrare i conti e a salvaguardare il patrimonio umano. Se non si rispetta l’uomo i conti presto o tardi si rivelano sballati”.

È il caso di ricordare la drammatica situazione della Grecia che proprio in questi giorni si dibatte tra la prospettiva del “default” e la cura da cavallo imposta dagli organismi europei e internazionali che comporta il licenziamento di decine di migliaia di dipendenti statali, la riduzione drastica di stipendi e pensioni, il taglio dei servizi ospedalieri e della fornitura di medicinali. Nessun Paese democratico europeo, sia pure afflitto da una endemica corruzione, era mai stato sottoposto ad uno “stress” simile a quelli che negli anni Trenta originarono i totalitarismi.

L’analisi di Bagnasco è particolarmente incisiva e toccante quando accenna al problema inquietante della disoccupazione. “Il valore qui in gioco è decisivo perché senza il lavoro l’uomo non riesce ad esprimere compiutamente sé stesso. Lavorare serve per campare, ma anche per esprimere le proprie potenzialità. Licenziare è sempre una sconfitta per tutti. Ci vuole altro per accrescere la produttività e la competitività dei mercati”.

Con fine intuito il presidente della CEI ha poi rilevato che in Italia il vero “sommerso” è la famiglia di cui si fatica a capire l’importanza sociale. “La famiglia rappresenta lo snodo decisivo non solo per la costruzione della propria identità; ciò non toglie che la maturità di una persona si raggiunga quando il cordone ombelicale viene reciso e si può scegliere un’alternativa praticamente sostenibile”.

Bagnasco risponde implicitamente a molte polemiche mal poste e invita tutti a “ritrovare la propria libertà specie quella rispetto alla tirannia del denaro e del potere. Non si vive di rendita, ma soprattutto nella dimensione morale dove ciascuno deve cimentarsi con tentazioni e pericoli ricorrenti”.

La Chiesa fa la sua parte anche per rispondere concretamente a bisogni diffusi dove non arriva nessuno, che in pochi anni sono quasi raddoppiati. “La gente è oggi molto esigente nei confronti della Chiesa e non fa sconti alla sua credibilità”. È anche vero però che c’è “una indifferenza che è il riflesso di una cultura che livella tutto e non ha più punti di riferimento”.

Di fronte a questa situazione – dice il cardinale – “la fede preserva dall’appiattimento materialista. Fuori di Cristo l’uomo rischia di perdere sé stesso, non sa più chi è e dove va. Quella sul senso della vita e del mondo, sull’enigma del tempo e della morte è la questione che attraversa la storia umana. Gesù coincide con questa inquietudine radicalmente umana e la sua resurrezione prova la sua origine divina, rendendolo definitivamente contemporaneo a noi”.

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