La recente posa della targa a ricordo del restauro finanziato dal Lions Club Varese Host ha riportato l’attenzione sul fonte del Battistero di Varese. Questo notevole esempio di scultura gotica, ricavato da un unico, grande blocco di pietra, simboleggia la storia civile e religiosa della città. Lo ha ricordato Piermaria Morresi, presidente del Lions Club all’epoca dei lavori nel 2012-2013, e l’allora prevosto Monsignor Donnini gli ha fatto eco evocando tutti i varesini, tra cui molti personaggi illustri, che vi sono stati battezzati nel corso dei secoli.
Nel Medioevo qui si celebravano infatti i battesimi per tutta la pieve, che comprendeva non soltanto le castellanze ma anche alcuni paesi vicini, come Malnate o Casciago. San Vittore, con il suo battistero di San Giovanni, era infatti la chiesa madre di tutta la zona circostante, segno di unità e punto di riferimento per le comunità che vi abitavano.
L’edificio originale, risalente al VI-VII sec. E che la tradizione vuole fondato dalla regina longobarda Teodolinda, aveva una pianta ottagonale. Lo testimoniano non solo i resti archeologici trovati durante i lavori di metà Novecento, ma anche il fonte più antico visibile al centro dell’edificio, sotto al livello dell’attuale pavimento. Nel costruirlo ci si ispirò infatti a quello di Milano, in cui nel 387 Sant’Ambrogio aveva battezzato Sant’Agostino. Lo stesso Ambrogio riteneva che la forma ottagonale fosse la più adatta alla sua funzione perché richiama l’ottavo giorno, quello della nuova creazione inaugurata con la Resurrezione di Cristo. Intorno al XIII secolo, in corrispondenza di un momento di espansione economica per il borgo varesino, il battistero venne ristrutturato ed assunse la pianta attuale, con una grande aula quadrata seguita da un presbiterio pure quadrato coperto dalla tribuna. Successivamente i muri vennero coperti da affreschi, di cui restano alcuni esempi moto belli di inizio Trecento, attribuiti al Maestro della Tomba Fissiraga.
Fu inoltre iniziata la realizzazione di una nuova vasca, sempre di forma ottagonale e di notevoli dimensioni, dato che il Battesimo veniva ancora celebrato per immersione. Questo nuovo fonte doveva avere gli otto lati esterni scolpiti, ma per ragioni che non conosciamo solo alcuni di essi vennero terminati. È ben riconoscibile la scena centrale del Battesimo di Cristo, fiancheggiato da Giovanni Battista e da un santo vescovo, probabilmente Ambrogio. Pressoché finita anche la faccia con San Pietro e San Paolo, collocati sotto archetti gotici e distinguibili grazie agli oggetti che portano in mano, rispettivamente le chiavi e la spada. Altri due lati con figure di Apostoli sono stati portati a buon punto, ma non totalmente rifiniti, così che alcuni dei volti sono stati soltanto sbozzati e le scritte identificative che dovevano essere incise sopra le figure sono state realizzate solo in parte. Su altri lati poi il lavoro era appena iniziato: ne vediamo uno diviso in tre parti, come se dovesse ospitare tre figure di Santi, e un altro in cui con un po’ di immaginazione possiamo scorgere la base per raffigurare un San Vittore a cavallo.
Questo stato di incompiutezza creò non pochi problemi, soprattutto quando dopo il Concilio di Trento il Battesimo cominciò ad essere celebrato nelle singole chiese parrocchiali, e il battistero, persa la sua originaria funzione, venne suddiviso in tre parti per procurare una sede alle confraternite. L’ingombrante vasca venne spostata e appoggiata ai muri laterali, nel tentativo di nascondere la parte non finita.
Soltanto con i restauri di metà Novecento il fonte tornò alla posizione centrale che gli spettava, e venne collocato al di sopra della vasca più antica resa visibile grazie ad una serie di vetri. All’interno fu collocato sopra una colonnina il piccolo fonte attualmente in uso, dato che il Battesimo, anche nel rito ambrosiano, non si conferisce più per immersione totale. I restauri del 2012 sono stati poi l’ultima tappa di questa storia secolare. A solennizzarli degnamente la targa con un’iscrizione in forbito latino, che ricorda come i Lions “ studio, arte et aere felicite restituere”. Il che, con elegante gioco di parole, ci richiama al fatto che “restaurare” significa in fondo “restituire” un bene alla comunità.
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