Il primo a parlarmi di Luciana Guatelli, sul finire degli anni ’70, fu Bruno Conti, insegnante ed editore della casa Editrice Magenta, nel suo “bugigattolo” chiamato anche “Cartolibreria Magenta”, ubicato nella omonima via, dove con la sorella vendeva di tutto, dalle lamette da barba ai pennini per il calamaio d’inchiostro, già allora un po’ desueti.
Luciana Guatelli, nata a Varese il 3 luglio 1927, figlia di Luciano e di Zayra Riva, dopo avere compiuto gli studi al collegio San Carlo di Como, retto dalle Orsoline, e al collegio Sant’Ambrogio di Varese, si iscrisse nel 1945 alla facoltà di lettere classiche dell’Università degli Studi di Milano. Si laureò nel 1950 in Estetica con Antonio Banfi, con una tesi intitolata Il futurismo nella letteratura e nelle arti figurative, in cui si soffermò sulla poetica del Crepuscolarismo per giungere alla nascita e allo sviluppo del Futurismo sia nel campo politico sia in quello artistico, dal 1909 al 1930, distinguendo fra la corrente toscana, rappresentata da Papini, Soffici, Palazzeschi, e quella milanese incarnata dalla figura principe di Marinetti.
Negli anni ’50 frequentò con una certa assiduità l’Editrice Magenta, tenuta in piedi dallo stesso Conti, di cui la Guatelli era collega, casa editrice che ai più era sicuramente sconosciuta, perché si occupava di cose poco frequentate dal grande pubblico: la poesia, la filosofia e la critica letteraria. E negli anni ’70 pubblicò anche alcuni saggi storici trattati da penne di grande rilievo, dopo un ventennio di edizioni di tutto rispetto legate in particolare all’ambito poetico, tra cui le due antologie, che ebbero anche oltre cortina un successo di critica e di pubblico tale che furono numerose le ristampe.
Luciano Anceschi, cattedratico di estetica dell’Università di Bologna e critico di fama, nel 1952 firmò la famosa prefazione a Linea Lombarda, la prima antologia di sei poeti, (tra cui era incluso Vittorio Sereni), che influenzò molto le linee di tendenza della poesia di quegli anni e che segnò la fine dell’ermetismo e il passaggio della poesia post-montaliana alle avanguardie degli anni ’60. Libri di autorevoli poeti furono quelli di Sanguineti, Gramigna, Busacca e tanti altri. E fra questi alcune pubblicazioni della Guatelli, che della casa editrice aveva fatto il suo riferimento letterario.
Io vidi per la prima volta il suo nome nella raccolta Quarta Generazione, la giovane poesia 1945-1954 (questo il sottotitolo dell’opera) con riferimento agli anni 1945-1954: un decennio particolarmente delicato, in cui si richiedeva alla cultura in generale e alla poesia in particolare una risposta o forse una reazione, addirittura una giustificazione ai lunghi anni di regime e soffocamento delle libertà individuali durati fino al precipitare della guerra.
La lunga prefazione, curata da Piero Chiara e da Luciano Erba, era un preludio per una ricerca di nuova maniera (Nuovi poeti, I poeti nuovi, Nuove voci della poesia italiana erano alcuni dei titoli alternativi) che spezzava il secolo in due metà esatte, ponendo fra padri, fratelli maggiori e fratelli minori il prima e il dopo che ancora caratterizzano gli inquadramenti generali della poesia italiana del secolo XX.
Il titolo Quarta Generazione tendeva verso una problematica se non polemica continuità con le generazioni precedenti, di cui è implicitamente proposta anche una sorta di appropriazione; i nomi degli antologizzati sono quelli di Pasolini, Zanzotto, Orelli, Spaziani, Scotellaro, Risi, Pierri, Bodini, Turoldo, lo stesso Erba, Accrocca, Volponi, Guidacci, Merini, più un elenco di altri meno fortunati ma comunque interessanti, come Bellintani, Budigna, Capelli, Almansi, Soavi, Marniti, Modesti, Bona, Artoni, Lucchese, Fratini, Visconti, Manacorda, Campiotti, Sala, Conti e appunto Luciana Guatelli. Con molta fatica riuscii ad avere dall’Editore, molto restio a vendere i suoi libri (sembra un paradosso, ma era davvero così!), una copia dell’antologia e i volumi La sorte ambigua (1971) e il Brivido del merlo (1977), che recavano la firma di Luciana Guatelli.
Quando scoprii che la poetessa abitava a pochi passi da casa mia, in via Macchi Zonda, nel mio stesso quartiere di Biumo Inferiore, le telefonai e qualche giorno dopo l’andai a trovare. La villetta, immersa nel verde, sorgeva sulla destra di fronte alla ferrovia, era un pomeriggio di primavera del 1978 e io ero uno studente universitario di Medicina ma con la passione della poesia e della letteratura.
Luciana Guatelli mi accolse nel tinello e parlammo amabilmente della realtà della poesia contemporanea, del suo lavoro e della vita. Di tanto in tanto guardava fuori, indicando i rami degli alberi e parlando degli uccelli e delle foglie.
Questo mi piacque molto. In quel periodo tenevo con Mauro Maconi una trasmissione a “Radio Varese” dal titolo “Il fantasma, il monaco e la scimmia” (da un verso di una poesia di Mao Tze Tung), che si occupava di libri e di cultura, in particolare di quella legata al territorio, per cui andammo a “cercare” gli autori varesini che nello specifico erano tre, oltre a Bruno Conti, c’erano la Guatelli e Giacomo Campiotti. Iniziò dunque una frequentazione, culminata con la partecipazione della poetessa (insieme a Bruno Conti) alla nostra trasmissione, di cui la figlia Licia Battistella serba ancora i nastri registrati.
Ci vedemmo ancora e qualche volta la intercettavo a piedi in giro per Biumo e ci si fermava a parlare. Poi nel 1983 si ammalò e morì. Dopo fu la volta di Bruno Conti, della sorella, di Luciano Anceschi, di Chiara, di Sereni, di Erba…
E un giorno mi fermai davanti alla cartolibreria di via Magenta e vidi che era cambiata la gestione. Entrai e chiesi notizie. Il signore che l’aveva rilevata era ignaro della casa editrice. Chiesi se potevo vedere i libri e mi resi conto del “tesoro” che si nascondeva nel seminterrato, insieme ai famosi pennini, alle gomme, alle squadre e ai metri di legno. Disse che non sapeva dove mettere tutta quella “roba”. Allora risposi: “la prendo io”. Ci accordammo sul prezzo e il giorno dopo, con un camioncino, portai via tutto. Per me fu come ricevere in mano un testimone: mi era stata affidata misteriosamente quella storia e con altri amici iniziai l’avventura della NEM, la Nuova Editrice Magenta, che spero continui ancora per un altro secolo, fino a che a un altro appassionato come me io possa consegnare di nuovo quel che è stato molto di più che un “testimone”.
Infatti oggi Luciana Guatelli continua a vivere con gli inediti che la NEM ha voluto raccogliere nel volume Il fuoco Nascosto di cui fanno parte l’ultimo libro di poesia Ombre cinesi e il suo unico romanzo Torre d’avorio grazie al prezioso lavoro di Serena Contini che ne ha curato la prefazione e la figlia Licia Battistella che ha voluto donare al Comune di Varese l’intero archivio della madre.
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Sabato 28 gennaio, ai Musei civici di Villa Mirabello, il sindaco Davide Galimberti e l’assessore alla Cultura Roberto Cecchi, nell’ambito dell’evento “Il fuoco nascosto”, hanno presentato l’archivio della poetessa Luciana Guatelli (Varese 1927-1983), donato al Comune di Varese dalla figlia Licia Battistella. Sono stati inoltre presentati due inediti della poetessa, il romanzo “Torre d’avorio” e la raccolta di poesie “Ombre cinesi”, pubblicati dalla Nuova Editrice Magenta, con prefazione di Serena Contini. Sono intervenuti Mario Santagostini, poeta e critico letterario, e Dino Azzalin, scrittore e poeta, nella veste di editore, con anche la partecipazione di Licia Battistella e di Gisa Legatti, amica e collega della Guatelli.
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