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Cultura

IL PROF PERSO NEI LIBRI

SERGIO REDAELLI - 27/01/2017

giuseppe-armocidaCinquantamila volumi da sistemare negli scaffali, una montagna di libri accumulati nel corso degli anni e inventariati in uno schedario cartaceo che forse ora andrebbe convertito con uno elettronico. Sono tomi di storia, medicina, psichiatria, paleopatologia (la scienza che studia le malattie sui resti umani scheletrici e mummificati), del Risorgimento, dei castelli, del territorio varesino. Un’intera stanza è riservata alle enciclopedie, ai vocabolari latini, ai dizionari, alle biografie di cardinali, pittori, medici, imprenditori, patrioti. Nella collezione anche libri antichi, cinquecentine, incunaboli e rare edizioni bodoniane.

Non ha da annoiarsi Giuseppe Armocida, per gli amici “Giugi”, 70 anni, psichiatra e medico legale, presidente della Società Storica Varesina e presidente onorario della Società Italiana di storia della medicina, in pensione da pochi mesi dopo quarant’anni di insegnamento accademico. Una vita trascorsa tra la Statale di Milano, le università di Bari-Foggia, di Ancona, di Pavia e gli ultimi ventitré all’Università dell’Insubria. “Diciamo che sono stato assunto da mia moglie con paghetta settimanale, vitto e alloggio, per fare ordine in questa giungla di carta. A volte io stesso mi ci perdo, trovare un libro è una scommessa”.

Il professore abita in una grande casa nel centro di Ispra, con dodici locali letteralmente foderati di libri, corridoi compresi. Il suo archivio “casalingo” è notificato per interesse storico dalla Soprintendenza e se il proprietario offre un documento per una mostra deve chiedere il permesso. “Prima dell’avvento di Internet venivano studiosi e studenti a consultare i volumi – spiega – Ora, con la possibilità di utilizzare la rete informatica, accade più raramente. Qualche volta è capitato anche a me di cercare più facilmente nel web un volume che so di avere in biblioteca”. Sono i paradossi della vita di un ricercatore-collezionista dai mille interessi.

Armocida, autore di oltre trecento pubblicazioni, è stato sindaco di Ispra tra il 1990 e il 1995 e assessore alla cultura del Comune di Varese nella giunta Fumagalli. Che effetto fa ritrovarsi in pensione a chi ha sempre partecipato alla vita della città e delle istituzioni culturali? “Uno strano effetto – ammette – l’università mi manca, ma è giusto lasciare il posto agli altri. Non ho più la stanza nell’ateneo, adesso ci sono Ilaria Gorini, docente di storia della medicina e Marta Licata alla ricerca in paleopatologia. La didattica è un piacere e quando un professore insegna deve studiare per tenersi aggiornato. La ricerca, comunque, non cesserò mai di farla”.

La storia, anche locale, è la disciplina che rappresenta meglio i suoi interessi. “Ci nasci – riconosce – Non avrei mai cambiato la cattedra di storia della medicina, considerata magari ancella e secondaria, con una importante, psichiatria per esempio. Anche se ho fatto per molti anni lo psichiatra del tribunale e insegnato psichiatria forense a Varese. Spesso il problema è come la storia viene insegnata, in modo poco attraente già dalla prima istruzione elementare. Non si tratta d’imparare a memoria un elenco cronologico di fatti e personaggi, la storia è ripercorrere i problemi del passato che perdurano e conoscerla aiuta a risolverli”.

“Studiandola – aggiunge – eviti di dare giudizi sommari, capisci per esempio perché oggi c’è un sentimento nazionale poco altruistico, un richiudersi nei propri interessi. Le discipline scientifiche e finanziarie chiedono spazio ma anche la storia è scienza e la moda degli studi economici è legata alla necessità di guadagnare che oggi è diventato un problema sociale. Tutto è monetizzato, una fase che speriamo di superare presto. Capita nei momenti delle grandi rivoluzioni. Viviamo l’epoca della globalizzazione, delle multinazionali, delle mega-società senz’anima. É la fine di un’era e l’inizio di un’altra”.

Il professore non è, e non si sente, un uomo di parte. Ricorda con piacere il sindaco Fumagalli, “una persona schietta e diretta”. Apprezzava la giunta Fontana e stima l’amministrazione Galimberti: “Credo che il nuovo sindaco di Varese lavorerà bene perché, come Fontana, possiede la qualità di chi ha un rapporto educato con il prossimo. Nella vita ho incontrato tante persone di valore, è difficile fare una graduatoria, potrei citare Leopoldo Giampaolo che rifondò la Società Storica Varesina e molti altri. Considero un secondo padre Bruno Zanobio, ordinario a Milano di storia della medicina che fu mio professore”.

A Varese lo lega un forte sentimento di affetto. “Sono varesino nell’anima. Nato a Ispra, è vero, ma ho studiato al liceo Cairoli, ho lavorato all’ospedale psichiatrico e Varese è la mia città di riferimento, direi su misura. Non mi sarebbe piaciuto vivere in una metropoli, da bambino ero padrone delle strade e delle piazze del paese. Oggi è tutto più difficile, le regole sono cambiate e bisogna adattarsi. Soprattutto i giovani tendono a considerare provvisorio il luogo dove stanno e spesso viaggiano per necessità, non per il piacere di farlo. Io posseggo tanti libri di viaggi, ma ho quello che mi serve a portata di mano senza allontanarmi da casa”.

Il “prof” sta lavorando a un volume curioso, come la medicina supera i propri errori di valutazione. É il seguito, in un certo senso, di un libro precedente in cui affrontò il tema, scabroso, della medicina del passato convinta che le donne fossero meno intelligenti degli uomini. “Lo sosteneva la fisiologia dell’Ottocento, m’interessano le certezze scientifiche che col tempo si manifestano sbagliate”. Armocida dirige anche Biografie Mediche, la rivista che studia le professioni mediche: “Il prossimo fascicolo celebra i 90 anni dell’Avis. D’intesa con il presidente nazionale Vincenzo Saturni, la dottoressa Barbara Pezzoni ha scritto un libro sulla ricorrenza. La rivista sarà distribuita in 10 mila copie attraverso i consueti canali con una tiratura apposita per l’Avis”.

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