In una recente indagine ordinata dal giornale il Sole-24 Ore su sindaci e amministrazioni italiane, e relativa per lo più ai capoluoghi, il primo cittadino di Varese, Davide Galimberti, eletto a Palazzo Estense lo scorso 20 giugno, è risultato all’ottantesimo posto. I giornali locali, nel commentare la notizia, hanno rilevato che due anni fa Attilio Fontana, sindaco leghista giunto quasi al termine del suo secondo mandato e quindi non più ricandidabile, era al trentesimo. Quindi nel giro di sette mesi (ma se escludiamo il mese di agosto quando tutti – o quasi – vanno al mare o in montagna i mesi sarebbero sei) si sono già trovati gli elementi per sostenere che, quanto meno a livello di gradimento, c’è stata una retrocessione di cinquanta posizioni.
L’indagine ha dato inoltre altre interessanti indicazioni: al primo posto tra i sindaci figura Chiara Appendino, sindaca di Torino anch’ella dal 20 giugno dello scorso anno, del Movimento 5 Stelle, mentre la sindaca di Roma, Virginia Raggi, che pure milita nel movimento grillino, naviga nelle bassissime posizioni della classifica. In effetti, l’indagine del Sole-24 Ore, qui non ci ha detto grandissime novità. Tra i presidenti di giunte regionali, invece, sono andati molto bene Luca Zaia e Bobo Maroni, rispettivamente alla guida di Veneto e Lombardia, entrambi leghisti ed entrambi sul podio. Insieme con Enrico Rossi, presidente della Toscana, di una coalizione di centrosinistra.
Paragonare i sei mesi di Galimberti, sindaco piddino a Varese, con i ventitré anni di dominio leghista e con i quasi otto anni di mandato di Attilio Fontana non ha senso. Anche se è vero che oggi i termini del giudizio politico si spostano nell’arco di qualche settimana, invece che di legislature e mandati.
Si può affermare tuttavia -indulgendo a qualche ironia- che in questa primissima parte del suo mandato, il neo-sindaco, oltre che di meritorio efficientismo (la partecipazione al bando di concorso per finanziare il progetto stazioni, che sembra darà esito positivo; l’accordo con la Regione per costruire il nuovo teatro in piazza Repubblica; la tempestività nell’intervenire in situazioni d’emergenza, la prima delle quali per garantire il doposcuola anche a chi ne era escluso) ha dato prova di intenso presenzialismo. Sempre in prima fila, dai tornei di burraco e dalle piccole performance teatrali alle inaugurazioni e alle serate folcloriche, tipo la doverosa accensione del falò di Sant’Antonio, che per altro gli spetta di diritto, a lui e al prevosto di Varese.
Ma diamo tempo al tempo. Il pensiero (e l’augurio) è che presto il Comune, dopo ventitré anni di stallo, quanto appunto è durato il regno leghista, si rimetta in moto. Per adesso a parte una polemica pseudo(?)politica, come quella relativa al finanziamento dato dalla casa di riposo Molina a una tv locale – vicenda della quale sembra si siano smarrite per strada le contestazioni e nella quale, a dire il vero, il sindaco Galimberti c’entrava e c’entra nulla –, non s’è assistito a svolte epocali, pur se per alcune esiste, come detto, il presupposto.
È su quest’ultimo tema, le grandi opere, appunto, che si dovrà cimentare – in fretta e in concreto – la nuova amministrazione: caserma e piazza Repubblica, unificazione delle stazioni, traffico, ambiente, rilancio di certi siti della città. L’ex-sindaco Fontana, per esempio, oggi mero osservatore, citava in particolare i provvedimenti relativi all’intervento sulle stazioni quasi come un’attuazione di un suo programma lasciato insoluto. Il tema è caldo, nessun dubbio, ma v’è da dire che a lasciarlo insoluto è l’intera storia varesina da prima della seconda guerra mondiale a oggi, se è vero che già ne parlava in suoi scritti fondamentali Giovanni Bagaini, fondatore e direttore del giornale la Prealpina dal 1888 al 1928.
Un altro (piccolo) nodo da sciogliere in Comune è il confronto tra “funzionariato”, diciamo così, e rappresentanti politici. Quando nel 1992 il comune di Varese fu commissariato, prima dell’elezione a sindaco del leghista Raimondo Fassa, due funzionari molto noti di Palazzo si erano presentati al prefetto vicario Umberto Calandrella incaricato di reggere le sorti varesine. Gli fecero più o meno questo discorso: i gatti, di norma, sono affezionati alla casa; i cani al padrone; e noi siamo due gatti.
Vero. I politici passano – e in quel caso nemmeno si trattava di un politico ma di un tecnico –, i funzionari restano. Magari passano da un incarico all’altro, ma il boccino rimane sempre nelle loro mani. Da noi il cosiddetto spoil system, ovvero il ricambio ex novo delle guardie pretoriane, manco si sa che cos’è. E i gatti sono ben capaci di difendere con denti e artigli i loro caldi cuscini.
Ecco perché nutriamo qualche (sempre piccolo) dubbio su una ripartenza in tromba del neo-sindaco e della sua nuova giunta. I ventitré – ventitré – anni di Lega e di quieto vivere, in un certo senso, fanno ancora testo.
Ma ancora, con buona pace del Sole-24 Ore e dei suoi sondaggisti di Ipr marketing, siamo agli inizi. Non disperiamo. Anche se è ormai il tempo di lanciare l’auto municipale, dopo averla messa in moto e avviata nella direzione giusta.
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