I volontari (e le volontarie) associati per i musei italiani (VAMI) accolgono le famiglie in visita al Museo Baroffio di Santa Maria del Monte dalla fine del 2001, l’anno della riapertura. Svolgono un ruolo prezioso. Si mettono a disposizione dei genitori e dei bambini, ne orientano la visita, affiancano la conservatrice Laura Marazzi nelle attività didattiche e spiegano al pubblico, gratuitamente e su richiesta, le opere e la storia del museo. Portano in dote un’elevata cultura personale e si tengono aggiornati con periodici incontri di studio.
Ria Bos Leblanc, 62 anni, olandese di Malnate in procinto di diventare nonna per la seconda volta, è laureata in storia. Conosce numerose lingue (italiano, tedesco, olandese, inglese) e di recente ha promosso la serata dedicata al coccodrillo con aperitivo egizio. Sa vita, morte e miracoli delle opere fiamminghe e olandesi conservate al museo ed è molto brava con gli stranieri. Si occupa in particolare dei visitatori di confessione protestante, pronta a rispondere alle domande che un non cattolico si pone visitando il Sacro Monte.
Ria (diminutivo di Maria) però è cattolica: “In Olanda seguiamo il rito romano – spiega – Da noi il Carnevale cade in una data diversa rispetto all’Italia, l’Avvento dura quattro settimane anziché le sei in uso nella diocesi di Milano e la liturgia della messa è particolare. I protestanti non hanno il culto dei santi e delle reliquie né chiese decorate con sculture e opere d’arte sacra. Restano a bocca aperta di fronte all’arte religiosa italiana e una volta saliti al Monte magari per ammirare il panorama, osservano tutto con curiosità. E io sono ben lieta di dare loro una mano a capire”.
“Provo a spiegare le differenze fra le vicende italiane e nordeuropee dopo Lutero, tra l’arte religiosa medievale e quella moderna. Mi accorgo di destare la loro curiosità, per esempio, quando racconto dello stretto rapporto che legava papa Paolo VI agli artisti. Li conduco al primo piano a vedere le opere che una volta arricchivano il santuario e spesso la visita si conclude con i loro ringraziamenti: “Non sapevo – dicono – non immaginavo che un piccolo museo contenesse tanti capolavori. Oggi mi si è aperto un mondo di cui ignoravo l’esistenza”.
Ria presta la sua opera anche a Villa Cagnola e al Benvenuto Club. É sposata con un olandese che molti anni fa trovò lavoro in Brianza e decisero di abitare a Varese per iscrivere le due figlie alla Scuola Europea. Quelle bambine oggi sono diventate donne, una abita in Italia e lavora in Svizzera, l’altra ha seguito il marito a Monaco di Baviera. Hanno già dato un nipotino ai nonni ed è in arrivo il secondo.
Un’altra nonna volontaria è Gabriella Corradi, 76 anni, diplomata in lingue e interprete. Originaria di Genova, conosce l’italiano, l’inglese, il tedesco e il francese, è stata capozona di una ditta tedesca in Italia e sa “vendere” molto bene il prodotto-arte. La conservatrice Marazzi la considera insostituibile nella promozione del museo. Anche lei è volontaria presso la collezione Cagnola a Gazzada e trova il tempo di rendersi utile alla Caritas e alla Kolbe, la sua parrocchia.
“Amo trasmettere agli altri le cose che mi piacciono, la nascita del santuario, la leggenda della nebbia che favorì gli uomini di Ambrogio contro gli ariani. Ammiro la devozione dei varesini per questo luogo e mi affascina la sua storia, Ludovico Il Moro che donò l’antifonario, la Madonna in pietra che Lanfranco e Domenico da Ligurno scolpirono nel 1196 e che la tradizione vuole proteggesse le partorienti. Da genovese sono abituata ai grandi spazi del mare e trovo similitudini con Varese e il meraviglioso scenario delle Prealpi, lo spettacolo che si gode dall’alto, la spiritualità di Carlo e Federico Borromeo”.
La volontaria più anziana del Baroffio supera gli ottant’anni, la più giovane ne ha poco più di cinquanta. Vengono da tutta la provincia, abitano a Varese, Malnate, Ispra, Gazzada. E lo fanno a loro spese. Unico maschio, Gilberto Vannini, toscano, ex pilota dell’Alitalia, ha sempre la battuta pronta. Poi c’è Irene Affede Di Paola che ha donato al museo e alla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte la Madonna in trono con il Bambino di Angelo Biancini, uno degli esponenti più interessanti della scultura del Novecento. Un dono in memoria del marito Antonio, stimato tributarista di Varese.
I musei vivono anche della generosità dei donatori che, senza altre motivazioni che l’amore per l’arte, regalano capolavori di loro proprietà affinché siano conservati nel luogo più adatto. La Madonna in trono con il Bambino di Angelo Biancini è una ceramica maiolicata del 1980. Raffigura la Madonna incoronata che mostra ai fedeli il bambino con un gesto in cui si coglie l’influenza dell’iconografia bizantina. Una buona parte del rilievo è occupata da scene e figure colte di profilo che ricordano i mosaici di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna.
Il gruppo dei volontari è “aperto”. Ogni anno nuovi ingressi assicurano continuità al servizio. C’è chi, per motivi personali, lascia l’impegno come l’attivissima coordinatrice per molti anni, Marijke Horstmann, tornata in Olanda alla pensione del marito. “Chi pensa che questo tipo di volontariato possa essere nelle sue corde – osserva Laura Marazzi – può mettersi in contatto con il museo”. Nella foto (non completa, assenti Liliana Canziani ed Elisabetta Darsiè), da sinistra in piedi Irene di Paola, Dora De Bastiani (parzialmente nascosta), Carmen Migliarina, Annamaria Cremonesi, Oriana Macchi, Vanda Bianchi, Giuseppina Sciandra, Reginella Molinari, Mariangela Pozzi, Gilberto Vannini, Gabriella Corradi e Maria Teresa Cadario. Accanto al tavolino, da sinistra Luisa Tunesi, Anna Limata e Ria Leblanc.
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