In relazione alle ricerche scientifiche nel campo medico e genetico, ai pericoli indotti dall’industrializzazione a oltranza del pianeta (etica ambientale) e all’uso dei mezzi di informazione di massa (etica della comunicazione) si sono sviluppate via via etiche speciali.
Nel primo campo l’inizio della riflessione filosofica è databile all’opera di Karl Jaspers “Il medico nell’età della tecnica”, scritti composti tra il 1950 e il 1955: giunti ai confini della medicina scientifica senza filosofia non si può dominare la stoltezza. Non sia l’autorità politica o amministrativa, non siano i laboratori di ricerca e le aziende farmaceutiche in perfetta solitudine a decidere cosa sia lecito o illecito. Non basta il riconoscimento dei diritti nel presente, ma ci si deve preoccupare anche di quelli delle generazioni future.
Ecco perché Hans Jonas, di contro a Ernst Bloch e al suo principio di speranza (pensiero utopico, dominio sulla natura, progresso senza limiti), con la minaccia peraltro alla sopravvivenza stessa della specie umana e del pianeta, oppone “Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica” (1979): bisogna assumere consapevolezza delle conseguenze delle nostre azioni, per tutelare anche coloro che non sono ancora, “per lasciare che l’Essere sia”. Jonas persegue un’euristica della paura di fronte all’alterazione di delicati equilibri, degradazione dell’ambiente, depauperamento delle risorse, aumento dalle potenzialità distruttive, diminuzione delle doti di previsione e delle capacità di controllo rispetto alla smisurato successo della tecnica. Bisogna attutire almeno l’impatto sull’esistente dei grandi processi di trasformazione, minimizzando i rischi. E frenare e inibire la propensione al pensiero utopico colle sue pretese esorbitanti e i suoi desideri impossibili. Sotto processo risultano quindi le filosofie della storia.
Al nostro tempo da una parte si mantengono le concezioni di una sacralità della vita, considerata un dono divino che comunque non ci appartiene, natura come modello immutabile, dall’altra sono diffuse le etiche laiche rispondenti al principio “etsi deus non daretur” (priorità della qualità della vita; gli individui come soggetti razionali e autocoscienti decidano quali diritti e doveri ne derivino, onde un modello di natura parzialmente o interamene modificabile).
Jonas è dell’avviso che non si deve toccare la linea germinale, patrimonio che appartiene anche ai discendenti. Di qui le polemiche sull’aborto, sull’eutanasia. La famiglia, basata sui vincoli di sangue, risulta in prospettiva incrinata, famiglia artificiale. La sperimentazione di tecniche come la clonazione prospetta scenari per taluni affascinanti, per altri inquietanti.
In precedenza Jonas aveva pubblicato nel 1965 “Il fenomeno vita”. L’età tecnologica impone un mutamento improrogabile. Jonas recupera l’ontologia classica per collocare nella centralità dell’essere il cuore della nuova morale. Se quella tradizionale misurava i comportamenti in relazione all’interazione fra gli esseri umani, per Jonas bisogna comprendere oggi anche la natura tra gli oggetti dell’etica. L’archetipo di ogni responsabilità è quello dell’uomo per l’uomo. Si deve stare attenti a spendere il futuro altrui. La tecnica ha liberato l’uomo dal terrore, dandogli signoria sulla natura. Ma ora rischia di travolgere ogni cosa; da strumento di un progetto di umanizzazione a ciò che lo sta disumanizzando e snaturando.
Il secolo dei mezzi di comunicazione di massa ha pure suscitato interrogativi inquietanti. Le dittature totalitarie hanno saputo sfruttare il potenziale propagandistico dei nuovi strumenti di persuasione (le prime trasmissioni televisive si riconducono alla Germania hitleriana). Ora si è aggiunta la rete mondiale di internet. Si sono amplificate le possibilità di ricevere informazioni e di comunicare, ma al contempo potenziate le capacità di controllo sulle vite degli individui, onde la necessità di garantire la privacy dei cittadini e di salvaguardarli nell’epoca della pirateria informatica e del terrorismo.
Habermas opta per l’agire comunicativo sul piano della prassi contrapposto all’agire strumentale, che è tipico della logica di dominio e della manipolazione tecnica. Di qui la possibilità di un’unione sociale non caratterizzata dalla coercizione, bensì da un atteggiamento chiaramente orientato alla ricerca di un’intesa. Karl Popper, intervenendo nel dibattito (“ Cattiva maestra televisione “, 1993) vuole scorgervi uno strumento a favore di una società aperta.
Di Hans Jonas (1903-1993) si ricordano altresì gli studi condotti sotto la guida di Martin Heidegger e Rudolf Bultmann, le migrazioni in Inghilterra, Palestina, Canada, Stati Uniti, l’opera “Il concetto di Dio dopo Auschwitz”(campo di sterminio dove era stata deportata la madre – classico del pensiero teologico). Sulle orme di Immanuel Kant paradigmatico il suo principio: Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili colla sopravvivenza delle generazioni future. Rilevava che le nostre democrazie teorizzano una politica in termini universali, per poi praticarla in modo particolaristico, oppure all’interno di una realtà, di categorie che difendono interessi specifici. Si atteneva a una laicità istituzionale che sapesse delineare forme di convivenza.
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