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Cultura

COME UNA PICCOLA CAPPELLA

PAOLA VIOTTO - 23/12/2016

img_20160622_0001Seduta in trono, entro una nobile cornice architettonica, la Madonna tiene il Bambino sulle ginocchia. Ha un volto serio e solenne, come si addice a una regina. Il piccolo Gesù invece è vivacissimo e quasi sfugge dalle mani della madre, sporgendosi per benedire il giovane re inginocchiato, che gli porge in dono una coppa. Altri due Magi stanno sull’altro lato. Uno è vecchio, con la lunga barba bianca, tiene le mani giunte e gli occhi fissi sul Bambino, dimenticandosi di tutto quello che gli sta intorno. L’altro, un uomo maturo dall’espressione seria aspetta il suo turno in piedi, dopo essersi scoperto il capo. Un po’ più lontani dal gruppo centrale stanno paggi e scudieri, pronti a porgere ai loro re altri doni, oppure a reggere le corone che essi hanno abbandonato in segno di rispetto per il Bambino. Come vuole la tradizione, alcuni sono africani, ad indicare che i Magi sono giunti da terre straniere e lontane. I tre re invece hanno età diverse, a ricordare che Cristo è venuto per tutti. In un angolo, i musi del bue e dell’asinello richiamano l’episodio della Natività.

L’Adorazione dei Magi, nella navata meridionale del santuario di Santa Maria del Monte, è un gruppo di sculture attribuito ad Andrea Retondi, noto anche come Andrea da Saronno o Andrea da Milano. Siamo verso il 1530, molti decenni prima che iniziassero le cappelle del Sacro Monte. Eppure quest’opera è come una piccola cappella, con le sue statue a grandezza naturale dipinte a colori vivaci, il gusto narrativo, i particolari realistici. Diversamente da quando accade nelle cappelle seicentesche, i personaggi sacri sono però a portata di mano dell’osservatore: non separati da muri o grate, entrano a far parte del suo stesso spazio. È la logica dei gruppi scolpiti del Cinquecento lombardo, per lo più realizzati, come questo, in legno, espressioni della volontà di rappresentare il racconto evangelico in modo semplice e comprensibile a tutti, senza rinunciare ad un’altissima qualità stilistica. Già allora infatti la scultura lombarda puntava sull’immediatezza della comunicazione, anche usando materiali tendenzialmente poveri, come appunto il legno o la terracotta.

Stessa logica si trova anche nella navata opposta, dove un altro scultore ha realizzato, qualche tempo più tardi, la Presentazione di Gesù al Tempio. Questa presenza di temi legati all’infanzia di Cristo, e quindi al ruolo della Madonna, è perfettamente coerente con le caratteristiche di un santuario mariano. Non stupisce quindi trovare, accanto alla Presentazione, un affresco della Natività. Qui siamo già nel Seicento e i pittori, i fratelli Giovanni Francesco e Giovanni Battista Lampugnani, sono stati attivi anche nella Dodicesima Cappella, oltre che nella chiesa dell’Immacolata. Il loro dipinto è come un grande presepe, con la Madonna inginocchiata ad adorare il Bambino posto nella mangiatoia, l’omaggio dei pastori, gli angeli che in cielo cantano gloria a Dio. Il tutto è reso con esuberanza ormai barocca, con effetti di luce e sapienza scenografica.

A questa e alle altre rappresentazioni del Natale legate al Sacro Monte, a cominciare da quella più famosa all’interno della cripta, sarà dedicata il 30 dicembre una conferenza del conservatore del Museo Baroffio Laura Marazzi. Ingresso al Museo dalle ore 16.

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