L’immaginario comune ci descrive il Natale come festa della tenerezza, degli affetti domestici, della pace e della bontà… almeno un giorno all’anno magari con un bel manto di neve che metta a tacere i rumori e rivesta di incanto il paesaggio!
Ma in principio non fu così! Certo, avete ragione, gli angeli portarono ai pastori l’annuncio della pace, ma di caminetto, pantofole e panettone neanche a parlarne: quella pace metteva sottosopra tutto ed è stata accolta da chi senza indugio, nel cuore della notte, si mise in cammino. E già il fatto che angeli svolazzino qua e là cantando non è un gran che pacifico, non per lo meno della pace imbellettata che abbiamo in mente noi! Si tratta, invece, di una pace inquieta che ribalta l’ordine di terra e cielo e ci lascia un po’ disorientati, quasi camminassimo a testa in giù.
Ma andiamo per ordine. Il primo a rompere gli schemi, il primo a camminare a testa in giù, fu il Buon Dio. Neanche Lui fa sempre le cose diritte, o forse per Lui non esistono le categorie di giudizio, quelle che separano – come dritto e storto – ma solo quelle della comunione.
Forse per Dio non c’è cielo e terra, ma dove è un uomo “Io sono con te”… No, non c’è cielo e terra, ma c’è l’uomo e “Dio con noi” e quella volta – a Natale intendo – lo disse chiaro e tondo; lo disse con i sonori vagiti di un neonato, lo scrisse con il sangue umano che ormai scorre nelle sue vene, lo disegnò in tutte le baracche e gli angoli della terra accogliendo per sé la povertà: io sono con te ovunque e sempre, anzi, io sono in te!
Capite che a questo punto dobbiamo lasciare le pantofole e metterci a correre: Dio ci cerca, scappiamo! Sì, scappiamo: non è un lapsus freudiano di una suora di clausura, ma sono le parole di un salmo, parola di Dio: Dove andare lontano dal tuo spirito? / Dove fuggire dalla tua presenza? / Se salgo in cielo là tu sei, / se scendo negli inferi, eccoti. / Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, / anche là mi guida la tua mano / e mi afferra la tua destra (Salmo 139, 7 – 10).
Sì, l’istinto è quello di scappare, ed è un istinto che la nostra cultura moderna conosce bene. Ma… Sì, c’è un “ma” e lo insinua lo stesso salmista; Dio infatti corre a cercarci e si fa presente in tutti gli angoli della nostra esistenza, non per schiacciarci con la sua presenza. Se appena lo seguiamo in questo suo nascondersi tra noi e in noi, se con Lui rientriamo in noi stessi, ecco, capiamo: Tu mi hai fatto come un prodigio! (Salmo 139, 14).
Dio ci cerca, ribalta cielo e terra e si fa uomo proprio come un innamorato o come un uomo che trova un tesoro nel campo e vende tutto per acquistare il campo. Nulla è troppo per Lui e per il suo amore verso di noi.
E se noi oggi lasciamo le pantofole vicino al caminetto e corriamo al cuore del nostro cuore… ecco, troviamo Lui; la Bellezza, la Bontà, il Bene, Dio abita il nostro cuore… e scopro il prodigio della mia vita, e tutto è sottosopra così che ora possiamo camminare (o forse correre) in terra come se fossimo in cielo; correre in cerca della bellezza, della bontà, del bene qui in terra. E non è un’illusione: è l’inquietudine che ci dona il Natale di Dio tra noi.
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