Sua maestà Diouf ha messo in fuga i dubbi che, qualche pausa impensata, aveva fatto sorgere alla corte della Uyba. Per carità precisione impone di dare giusto merito anche all’apporto delle pur nobili dame di questa corte ma, insomma, altrettanta precisione impone il riconoscimento di uno scettro saldamente nelle mani della regina.
Quanto sopra non vuol significare che nessun rischio possa ancora presentarsi a palazzo reale ma solo che può piacevolmente darsi atto ad una buona sterzata rispetto a qualche sbandamento, buona e non prevista così vicina.
Dunque, l’accoppiata tra soddisfazione e cautela dei tecnici bianco-rossi non fa una grinza. C’è ancora da fare sperando che tutto vada per il meglio.
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Diventa, invece, sempre più buio il cielo del basket che, al contrario della pallavolo, aveva forse suscitato qualche speranza fin troppo prematura.
Prematura e un po’ azzardata. Basata su una discreta partenza sia in coppa che in campionato che, peraltro, avrebbe dovuto meglio essere ponderata.
Ora i problemi e parecchie responsabilità cadono sull’allenatore forse anche non del tutto a torto ma quando una squadra scambia il canestro per una porta di calcio pretendendo che tiri sbagliatissimi vadano a segno, da fuori come da sotto e perfino nei liberi le eventuali colpe di un allenatore vanno ripartite – e non poco – con gli altri.
Resta il fatto, comunque, che allenatore, squadra, tiro o non tiro, la situazione, al momento, desta solo preoccupazioni gravi anche in diretta relazione a quelle lacune radicatosi individuali come d’assieme cui non sarà facile porre rimedio.
Insomma termometro da febbre alta.
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Nell’ambiente del ghiaccio il calore potrebbe giocare brutti scherzi ma anche il freddo quando ci si continui ad arrampicare tra le difficoltà societarie che sono sempre rilevanti. Che manchino i quattrini è dato di fatto pressoché costante e pacifico ma anche il resto non è da meno in un continuo forzato arrangiamento di situazioni che, peraltro, non riguardano solo Varese. Per mettere assieme formazioni competitive si rimedia, dunque, con spostamenti sul Comasco o sul Milanese e quant’altro che almeno consentono partecipazioni a tornei di buona consistenza.
Si fa, insomma, in via Albani, quello che si può. Ma i limiti trovano ragioni anche più estese in un apprezzamento a livello nazionale di uno sport che valutazione ben migliore certamente meriterebbe.
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