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Cultura

GEOMETRIE D’ARTISTA

BARBARA MAJORINO - 16/12/2016

escherVale la pena di recarsi a vedere al Palazzo Reale di Milano la mostra di Mauritz Cornelis Escher prima che abbia termine il prossimo 22 gennaio 2017. E le vacanze natalizie sono l’ideale per farlo. Molto successo ha ottenuto questa esposizione che perdura dal 24 giugno e aperta anche a scolaresche d’ogni ordine e grado che possono fruire nel percorso espositivo, di una singolare esperienza percettiva. Oltre duecento opere suddivise in sei sezioni. La mostra è promossa dal Comune di Milano e prodotta da Arthemisia Group e Gruppo 24 ore in collaborazione con la M.C. Escher Foundation.

Si tratta in prevalenza di xilografie, litografie e mezzetinte che tendono a presentare costruzioni impossibili, esplorazioni dell’infinito, tassellature del piano e dello spazio e motivi a geometrie interconnesse che cambiano gradualmente in forme via via differenti. Siamo agli inganni visivi del concavo che sembra convesso e del convesso che sembra concavo. Dei pesci che sembrano sagome di uccelli e viceversa. L’artista seguì infatti i dettami della psicologia della Gestalt ed era molto attento all’ambiguità percettiva delle forme e delle strutture.

Le opere di Escher sono molto amate dagli scienziati, logici, matematici e fisici che apprezzano il suo uso razionale di poliedri, distorsioni geometriche e interpretazioni originali di concetti appartenenti alla scienza, sovente per ottenere effetti paradossali. In tutte le sue opere, però, non vi è solo la fredda logica delle scienze esatte, ma mondi naturali con panorami, scorci, piante ed animali reali immaginari che intervengono ad arricchire i suoi lavori in un’ottica straordinariamente globale.

Il mondo di Escher è sospeso fra l’onirico-visionario, e il logico-geometrico. Per questo risulta ancora oggi che siamo smaliziati agli “effetti speciali”, così originale e singolare. Anche nella natura e nel paesaggio sembra cogliere simmetria, geometria (è stato grande appassionato in cristallografia), prospettive ingannevoli, sfide alla legge di gravità.

Escher nacque a Leeuwarden, in Olanda il 17 giugno 1898 e sempre in Olanda morì nel 1972. Nel 1903 la famiglia si trasferì a Arnhem, dove il giovane Maurits ricevette la prima educazione nelle scuole elementari locali. «Mauk» (come era affettuosamente soprannominato in famiglia), sebbene eccellesse nel disegno, prendeva voti generalmente bassi, tanto che dovette ripetere il secondo anno. Ad Arnhem, inoltre, prese lezioni di carpenteria e pianoforte fino all’età di tredici anni.

Nel 1918, Escher passò all’università tecnica di Delft, che abbandonò nel 1919 in favore della Scuola di architettura e di Arti decorative di Haarlem, dove apprese i rudimenti dell’intaglio. Intuendone il talento artistico, il padre incanalò le inclinazioni del figlio nello studio di architettura. Ma nello stesso anno, infatti, egli incontrò il grafico Samuel Jessurun de Mesquita, che lo persuase ad iscriversi presso i suoi corsi di disegno; l’entusiastico sostegno di quest’ultimo fu fondamentale per il suo sviluppo come artista grafico.

Fondamentali furono i suoi viaggi di formazione in Italia. Così gli occhi del grande artista si posarono tanto sulle meraviglie dell’arte offerte dal nostro paese (è il caso di “Tetti di Siena” del 1922 e “Notturno Romano: il Colosseo” del ’34) quanto sul paesaggio naturale con puntigliosa attenzione per le architetture marinaresche raggruppate sui promontori come le incisioni dedicate a Scilla, Morano, Santa Severina e Tropea in Calabria e per i piccoli villaggi degli Abruzzi e Molise. Si sente in alcuni paesaggi italiani, anche la lezione del nostro grande incisore Piranesi. E ancora di più, fissa la sua attenzione sulle piccole cose trattate da architetture naturali: “Soffione” (1943), “Scarabei” (1935) e “Cavalletto” (1935).

Nei suoi viaggi in Spagna Madrid, Toledo e Granada fu proprio l’Alhambra di Granada (famoso palazzo moresco del Trecento) a colpire nel profondo il giovane artista. Furono soprattutto i particolari arabeschi e i motivi grafici ricorsivi e ricorrenti che adornano gli interni del complesso residenziale spagnolo a lasciare un’impronta profonda sulla fantasia di Escher, che avrà modo di rielaborarli nelle sue memorabili tassellazioni.

Snodo centrale della mostra è il momento della maturità artistica coi temi della tassellatura, delle superfici riflettenti e degli oggetti che grazie al suo speciale soggettivismo diventano quasi surreali come la celebre “Mano con la sfera riflettente” (1935), un’immagine simbolo del suo mondo geometrico-visionario che riflette dentro la sfera, un autoritratto dell’artista nella sua stanza-studio; “Altro mondo II” (1947) una xilografia costruita in tre blocchi ispirato al tema della relatività einsteiniana, della funzione di un piano che svolge contemporaneamente tre ruoli diversi. In una struttura cubica sono riuniti infatti tre differenti punti di vista su un mondo fantastico: quello orizzontale, quello dall’alto verso il basso e quello dal basso verso l’alto, in modo che l’orizzonte, il nadir, il punto di fuga delle verticali in basso, e lo zenit, il punto di fuga delle verticali in alto, coincidano.

Magica e stupefacente è l’opera “Relatività o Casa di scale” (1953) dove sembra quasi sfidare la legge di gravità, e “Belvedere” (1958). “Pozzanghera” (1952) riprende il tema delle superfici riflettenti: gli alberi capovolti e riflessi in una pozzanghera, sono quasi più suggestivi di quelli veri.

L’opera che prediligo (ma è opinione del tutto soggettiva e scegliere in mezzo a tanti capolavori è del tutto arduo) è forse “Tre mondi” dove l’acqua tremolante di uno stagno in autunno connette in maniera naturale tre componenti diverse: la prima sono le foglie cadute da un faggio che galleggiano verso un orizzonte ignoto e suggeriscono la superficie dell’acqua; la seconda, il riflesso di tre alberi in lontananza; quindi la terza, un grosso pesce in primo piano, sotto il pelo dell’acqua. L’acqua ha la triplice funzione di superficie, profondità e riflesso del mondo soprastante presentando un intreccio di mondi reali e mondi riflessi, in cui il pesce e le foglie, rappresentati come oggetti “reali”, si confondono con gli alberi riflessi, fino a indurci a chiedere che cosa è reale e cosa riflesso.

“Metamorfosi I”, “Metamorfosi II”, e “Metamorfosi III” realizzate dal 1940 al 1968 rappresentano una sorta di grande sintesi riassuntiva delle sue opere, quasi un patchwork visivo. Nel lungo pannello posto alla fine del percorso espositivo, le figure cambiano e interagiscono con le altre e a volte addirittura si liberano e abbandonano il piano in cui giacciono, in una lunga sciarada visiva dai molteplici significati.

In epoca di riproducibilità tecnica dell’arte, si è sviluppata in seguito una vera e proprio Eschermania di culto, ripresa nel cinema, nel fumetto, nelle copertine dei dischi, nella pop-art, nella pubblicità e nei videoclip musicali.

I Rolling Stones chiesero di poter adottare i suoi disegni nelle copertine dei loro dischi, ma non gli fu consentito. Molti degli effetti speciali cinematografici hanno ripreso numerosi suoi motivi prospettici deformanti e distorcenti (è il caso del film fantasy “Labyrinth” interpreto da David Bowie con alle spalle un fondale che richiama il celebre “Casa di scale”). Immancabile pertanto, una sezione speciale dedicata a quanto Escher è stato (e continua a essere) influente nella modernità e postmodernità.

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