“L’Europa non è un superstato né una raffinata tecnocrazia, ma una convivenza delle diversità, capace di farle collaborare e di integrarle nell’orizzonte del senso proprio di un umanesimo personalista” – la voce penetrante e franca del Cardinale Scola si amplia nell’antica basilica di Sant’Ambrogio, durante i primi vesperi della festa del patrono della città e della diocesi. Ad ascoltare l’arcivescovo nel tradizionale “discorso alla città” ci sono politici, amministratori, autorità, imprenditori, milanesi, che il cardinale chiama “europei”, i vescovi suoi collaboratori.
Le parole di Scola sembrano riecheggiare quelle di Robert Schuman, il politico mosellano che profuse tutta la sua vita per costruire l’Europa: ”Questo insieme di stati non potrà e non dovrà restare un’impresa economica e tecnica: essa ha bisogno di un’anima, di una coscienza delle sue somiglianze storiche e delle sue responsabilità presenti e future, di una volontà politica al servizio dell’uomo”.
L’Europa oggi agonizza perché si è impantanata in un’economia ultra-liberale e in una finanza selvaggia; una politica becera, ristretta agli egoismi di parte sta soffocando la vocazione dell’Europa di essere “la più preziosa parte dell’universo, la perla del pianeta, l’intelligenza di un grande corpo”; l’Europa sembra privata di un’anima che le permetta di essere padrona del proprio destino; il suo cuore, capace di costruire cattedrali le cui guglie additarono verso il cielo le menti dei suoi abitanti, è ora ostruito da un esorbitante benessere in mano a pochi esclusi e emarginati; il suo ruolo, che era quello di riavvicinare i popoli separati dall’odio secolare, si è oggi dissolto sotto la costruzione di muri e di barriere, luogo di ostilità, di rivalità, di steccati che sanzionano lo straniero e ratificano l’intolleranza; la dissomiglianza e la prolificità delle culture, garanzia e profilassi per le tentazioni autoritarie o totalitarie, si sono trasfigurate in xenofobia se non in razzismo.
Nelle nostre città sbuffano sentimenti d’insicurezza legata alla violenza, al degrado, all’aggressione verbale e di ingiustizia provocata dagli enormi squilibri sociali. A ciò si aggiunga l’insicurezza culturale e la spossatezza identitaria che conducono, da una parte, a forme d’integralismo (“il presepio ci appartiene”!) e, dall’altra a forme di scetticismo (“ il presepio non s’ha da fare”!) che nulla hanno a che fare con lo spirito del Vangelo.
Perché tutto questo è avvenuto? La risposta è data dallo stesso Arcivescovo: è venuto a mancare l’uomo inteso come persona nella sua integralità. La crisi dell’Europa è anzitutto una crisi che investe l’uomo: l’uomo che ragiona con la propria testa e non ascolta i falsi profeti che si esprimono attraverso gli allettamenti dei media, l’uomo che ama ed è capace di commuoversi, l’uomo che vive in relazione solidale con gli altri e con i quali ha funzioni da compiere nella famiglia, nel lavoro, nella scuola, nel tempo libero, l’uomo che misura la realtà ed è misurato dalla propria coscienza, l’uomo che guarda a ciò che lo trascende e contemporaneamente vive la sua storia di ogni giorno sulle strade degli uomini, suoi simili.
L’arcivescovo invita “a recuperare i valori fondativi, declinati con modalità nuove rispetto ai tempi difficili che viviamo”, non dimenticando di aggiungere che l’intento della Chiesa è solo quello di contribuire ad edificare la società della vita buona assieme a tutti gli uomini animati da buona volontà.
Nel suo “discorso alla città”, il cardinale Scola mette in evidenza quattro sfide che l’Europa deve affrontare: l’ondata migratoria, il terrorismo, la crisi finanziaria e quella politica.
“All’ondata migratoria – afferma l’arcivescovo – si sta rispondendo con un approccio relativo e in ordine sparso”. La crisi finanziaria colpisce tutto il continente, anche se non nello stesso modo tutti gli stati, “cosa che complica il problema”. Ha un pensiero anche per la Brexit “che è allo stesso tempo, conseguenza e provocazione della situazione europea”. Accenna alla presenza islamica che “rappresenta una sfida da non lasciar cadere”, mentre “ il progressivo sfumare della società dell’esistenza cristiana in forme via via più secolarizzate pone problemi che domandano una fede ben ancorata alla mentalità e ai sentimenti di Cristo e che soprattutto esigono oggi la forza della testimonianza”.
Dedica un po’ più di tempo Scola alla politica che “sta vivendo una crisi storica quanto alla sua ragione d’essere”, che “non può avere nel consenso immediato l’unico criterio di azione” e che non si deve limitare “alla pura gestione del potere perché la collocazione del potere è divenuta incerta.”
Nel discorso dell’Arcivescovo di Milano riecheggia il pensiero di Papa Francesco che, durante il dialogo con i delegati della 36a congregazione generale dei gesuiti, usò parole ancora più energiche:” Manca la grande politica, è degradata in piccola politica…mancano quei politici che erano capaci di mettersi sul serio in gioco i loro ideali e che non temevano né il dialogo né la lotta, ma andavano avanti con intelligenza e con il carisma proprio della politica”.
Anche in Italia ci sembra oggi più urgente che mai una riflessione che vada al di là delle scadenze elettorali o dei dibattiti che rischiano di divenire ostaggi di calcoli partigiani. Da anni nel nostro paese cresce il discredito verso la Politica. Esso provoca, se non disinteresse, una vera e propria collera. Le sconfinate ambizioni personali, le calcolate manovre, le promesse non mantenute, il sentimento di una politica staccata dalla realtà quotidiana, l’assenza di progetti che facciano sognare, la mancanza di larghe visioni, i comportamenti demagogici e settari sono insopportabili e ingiustificati. Se i partiti non possono rivendicare da soli l’organizzazione del dibattito e delle decisioni, la società civile deve sentire l’obbligo di partecipare alla costruzione del bene comune e dell’interesse generale.
L’Europa, l’Italia, il mondo necessita di uomini politici coscienti che la politica è un servizio, coerenti con quanto proclamano con le parole, competenti e capaci di lavorare “con” chi li ha eletti. L’uomo politico precede la politica.
I cristiani non possono accettare che la tattica uccida la democrazia e che la disonestà di qualcuno impedisca la giustizia sociale. Il Vangelo non ci insegna di sostenere clientele, ma di servire l’uomo. La giustizia e le opere di misericordia vengono prima di tutti i privilegi. Non sarà sufficiente una campagna referendaria per creare convinzioni. C’è un programma d’interessamento e di educazione che si deve sviluppare per combattere il fanatismo e l’ignoranza, come bisognerà passare dalla propaganda elettorale all’elevazione culturale. È un invito ai cristiani e a tutti gli uomini a “sporcarsi le mani” con la politica!
You must be logged in to post a comment Login