È stata pubblicata di recente l’edizione critica, a cura di Stefano Bruzzese, del manoscritto del nostro concittadino Antonio Francesco Albuzzi “ Memorie per servire alla storia de’ pittori, scultori e architetti milanesi”. Al testo sono state aggiunte anche una serie di lettere, alcune scritte da Varese e indirizzate ai committenti dell’opera: la corte austriaca nelle persone del conte Firmian e del cancelliere von Kaunitz e il carteggio tra Albuzzi e il conte Giacomo Carrara.
Il merito di quest’opera è quello di essere il primo tentativo, iniziato nel 1772 e interrotto nel 1778, di tracciare una storia dell’arte lombarda dall’inizio del Trecento fino al Settecento, purtroppo la stesura si interruppe alle soglie del Cinquecento.
Il corposo volume, tramite un lavoro di ricerca colto e approfondito, ricostruisce gli strumenti di lavoro, le fonti, che Albuzzi ha utilizzato, rintracciando le collocazioni attuali dei documenti.
L’opera trascritta e commentata è composta da tre volumi conservati presso la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Il primo volume consta di 220 fogli non numerati, il secondo di 110 fogli e il terzo contiene 43 ritratti e altri 21 li troviamo in una cartella allegata.
Il manoscritto rimase inedito e appartenne anche a Giuseppe Bossi, fu pubblicato sulla Rivista “L’Arte” con introduzione e commenti di Giorgio Nicodemi nel luglio 1948-luglio 1951, vol. 18°, la prima parte e sul vol. 19°, gennaio-agosto 1956, la seconda parte.
Giovanni Antonio Francesco Albuzzi nacque a Varese il 13 febbraio 1738 da Antonio Tomaso e Maria Elisabetta Zavaini e morì a Milano o a Varese il 15/3/1802. Di antica e nobile famiglia fu l’ultimo discendente di una stirpe ritenuta originaria di Porto Valtravaglia; a sedici anni entrò nella Compagnia di Gesù e vi uscì nel 1768 prima di prendere i voti definitivi. Condusse quindi una vita appartata dedicandosi agli studi.
Secondo quanto disposto nel testamento del 30 ottobre 1801, l’Albuzzi scelse l’Ospedale dei poveri di Varese quale erede universale delle sue sostanze. I legami tra l’ente ospedaliero e la famiglia Albuzzi risalivano almeno all’ultimo quarto del Seicento. La cospicua eredità di cui dispose gli derivava soprattutto dal lascito del fratello maggiore Felice Annibale, deceduto senza eredi nel 1792. Era questi senatore di Milano e consigliere di Stato nonché, a Varese “ consigliere privato” e “sovrintendente” durante il governo di Francesco III.
Un ritratto di Antonio Francesco Albuzzi dipinto da Paolo Petter si trova nella quadreria dei benefattori dell’Ospedale. Fu proprietario della villa del “Pero” che lasciò con altri suoi beni all’ Ospedale,essa è l’attuale villa Tamagno.
Il terzo volume “Museo Milanese ossia raccolta dei ritratti di Pittori Scultori e Architetti della Scuola Milanese” contiene, come detto, una serie di 44 ritratti di Giuseppe Bagatti di Bosto; purtroppo di questo artista non ci sono altre notizie se non che era detto Bagattino o anche Magattino, forse perché allievo del Magatti.
Del Bagatti si conosceva solo una breve citazione come disegnatore e incisore, tra il 1769 e il 1781, riportata da Pietro Zani nella “Enciclopedia metodica … delle belle arti” pubblicata tra il 1817 ed il 1824 e riportata anche dal Thieme.
Finalmente conosciamo anche una serie di opere di questo incisore. Una curiosità topografica che riguarda Varese, scrive Albuzzi: “Finalmente, fra le più degne opere di Bernardo Zenale, non lascerò di annoverare la figura di un Sant’Ambrogio la quale si vede nel Borgo insigne di Varese colorita a fresco, nella piazza che prende il nome dalla Nobile famiglia Porcara…”.
Tra i tanti libri-strenna per Natale questo volume potrebbe costituire un pregevole regalo per lettori colti e amanti di Varese.
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