(O) Altro che prevalenza dei semplificatori, un’altra botta al Conformi e un po’ anche a Costante che auspicava il mantenimento del bicameralismo, ma con un risultato di misura, che consentisse la continuazione del governo Renzi. Come negli Stati Uniti è la situazione di disagio che cambia la risposta o addirittura la comprensione della domanda. Il voto a favore del NO di Sud ed Isole e dei giovani ha una dimensione impressionante, persino maggiore di quello delle periferie e delle aree industriali in crisi per Trump. A rovescio, la predominanza del sì nelle aree urbane non è stata altrettanto significativa, tranne che in qualche area particolarmente ‘di classe’, come Milano centro, dove il sì vince con un margine del 20%. Decisamente imprevista, è la netta predominanza del no tra i giovani; avrei pensato che l’idea del cambiamento li avrebbe attratti.
(C) Questa considerazione non scalfisce l’idea che mi ero fatto della non comprensione delle ragioni di opposizione alla riforma. Quanto meno, noto che non sono prese in considerazione dai commentatori di ambedue gli schieramenti, tutti tesi a ricavarne solo un messaggio o un’utilità politica.
(S) E non sono da prendere in considerazione, quelle presunte ragioni. L’unico messaggio è che l’Italia è irriformabile, destinata al lento declino in cui si bea da due decenni almeno, vessata da corruzione, malcostume, mafie, burocrazia, indecisione. Cito dal giornale locale il commento di un autorevole esponente del sì, (ammesso che l’imprecisione delle virgolette riporti esattamente il suo pensiero). Il peggio “sarebbe il ritorno al proporzionale con governi tecnici o di larghissime intese dove sopravvivono felici i pigri, i pavidi, i buoni a niente, i burocrati inamovibili”. Comunque e chiunque l’abbia detto o scritto è la sacrosanta verità. Quest’Italia è sempre più grigia. E Renzi fa bene a sbattere la porta e ad andarsene. Pensa a come rideva D’Alema, di questa giornata memorabile per la vittoria del NO, anche più che per la vittoria della Roma nel derby. Vendetta personale, godimento viscerale? Comunque da questa parte c’è un 40% coeso, su cui costruire, con qualsivoglia legge elettorale, nonostante le smargiassate di Salvini e di Grillo nel pretendere elezioni immediate, dato che i loro voti non li possono sommare. Ride bene chi ride ultimo. Non è il grigiume che può vincere una vera battaglia.
(C ) Più che ovvio, così come è bene ricordare che ogni ultimo dopo un attimo diventa penultimo rispetto a qualcosa d’altro. Io però voglio fare una riflessione diversa, perché diversissima è la mia preoccupazione. Tu dici: grigiume quel che Renzi definì ‘accozzaglia’ e che dal punto di vista coloristico potrebbe essere invece tanto variopinta da essere indecifrabile. Ma quello che preoccupa me, al contrario, è la polarizzazione bianco/nero, il considerarsi reciprocamente opposti, come partiti, anche quando è evidente che in ciascun partito, più o meno, gli elettori hanno votato per entrambe le posizioni. Penso che il grigio non sia così male. La realtà è fatta di luci e di ombre che si affiancano e si compenetrano, di sfumature, di tonalità diverse. Chi pretende di essere luce assoluta finisce per ferire, per accecare, sia gli altri, sia se stesso. Occorre tener conto delle ragioni e delle esigenze degli altri, ma soprattutto della realtà per poter dialogare veramente. Parlando del futuro dell’Europa, il card. Scola, nel discorso di s. Ambrogio ai milanesi, ha detto esemplarmente che “Esso non potrà attuarsi se non a partire dal sano connubio tra il reale e l’ideale che caratterizza essenzialmente le terre e la Chiesa ambrosiane.” Ciò che mi interessa sottolineare è il ‘sano connubio tra il reale e l’ideale’.
(S) Mi stai risuscitando l’interclassismo democristiano? Roba vecchia.
(C) Veramente vorrei andare oltre l’orizzonte della politica, ma capisco che, a costo di un lungo richiamo storico che potrebbe sembrare una inutile divagazione, è meglio sgombrare prima il campo del ragionamento da un cadavere ingombrante: il bipolarismo. (Chi ne conosce la storia, salti questo intervento e vada al prossimo dialogo.)
La realtà ci dice che oggi i ‘poli’ sono tre, non solo in Italia, ma in quasi tutti gli stati europei. Ancor di più la storia degli ultimi vent’anni ci certifica che il bipolarismo, preso a prestito dal modello americano, senza tener conto di una quantità di correttivi istituzionali, giuridici e sociali, non ha realizzato i risultati promessi.
Abbiamo visto l’alternanza, ma più per aver raccolto la delusione popolare per l’insufficienza altrui che per il miglioramento proposto. La stabilità promessa e reclamata tuttora come il massimo bene non l’abbiamo vista: il primo governo Berlusconi si è interrotto con il ribaltone di Bossi, il governo Dini è stato di transizione elettorale.
Il primo governo Prodi, frutto di un acrobatico accordo con l’estrema sinistra di Rifondazione realizza l’alternanza ma, a motivo della guerra nell’ex-Jugoslavia, ha dovuto cedere il passo a quello D’Alema, frutto non di elezioni, ma di un altrettanto acrobatico rimescolamento di alleanze: del salto mortale, da destra a sinistra, degli ex-dc guidati da Mastella e Buttiglione, auspice Cossiga e della scissione di Rifondazione Comunista.
Il secondo governo Berlusconi realizza una nuova alternanza e dura sì cinque anni, ma a prezzo di un logoramento tale da indurre il suddetto a mutare la legge elettorale per minimizzare le conseguenze della temuta sconfitta.
Il secondo governo Prodi (2006) si afferma grazie alla risicatissima e, a mio sommesso parere, dubbia maggioranza di soli 25000 voti alla Camera, dopo soli due anni salta per aria sul caso giudiziario della moglie di Mastella.
Siamo al 2008 e ritorna l’alternanza e non la stabilità, ricompare Berlusconi, ma presto il suo nuovo raggruppamento va in crisi e per stare in piedi deve ricorrere all’apporto di parlamentari autodefinitisi ‘responsabili’, che per gentilezza definiremo raccogliticci, senza indagare sulle ragioni personali di questi altri salti acrobatici.
Dura meno di tre anni e non riesce ad affrontare la crisi economica mondiale: Napolitano deve inventare il ‘governo tecnico’ guidato da Monti, ciò significa: né stabilità, né rappresentatività, ma soltanto una non voluta e ben strana ‘alternanza’.
L’alternanza diventa avvitamento su se stessa perché le successive elezioni fanno comparire il tripolarismo e, nonostante il premio di maggioranza alla Camera, non assicurano la maggioranza al Senato, dove pure il premio di maggioranza esiste, ma su base regionale, cosicché nella somma algebrica il conto non torna e si deve ricorrere ad un temporaneo ‘governo di unità nazionale’. Il presidente è Letta, che come tale dura poco. Il passaggio successivo vede il progressivo sfaldarsi di alcuni gruppi parlamentari e il costituirsi di nuovi, alcuni dei quali corrono in soccorso del vincitore, che detiene una salda maggioranza alla Camera, e assicurano tuttora al Senato quella maggioranza che non era stata conseguita in base alla volontà dei cittadini.
Poco importa che compaia a Palazzo Chigi un nuovo ‘inquilino’ primo caso di persona non parlamentare in quella posizione, (almeno Monti era stato appositamente nominato da qualche giorno senatore a vita). Di questa maggioranza un po’ grigia (?) si dice che per funzionare occorre togliere al Senato l’espressione del voto di fiducia e la piena facoltà legislativa, quindi si appronta la c.d. riforma costituzionale, che però provoca qualche sconquasso interno, ma non già tra gli elementi grigi, trasmigrati da ben diverse liste o partiti, compresa la totale liquefazione di ‘Scelta Civica’, bensì all’interno, oserei dire nel cuore del partito di maggioranza.
Aggiungo che la prima e principale preoccupazione di ogni governo frutto dell’alternanza è sempre stata, ovviamente, di cancellare le principali riforme del precedente: ditemi voi, caro Onirio Desti e caro Sebastiano Conformi, se questa è la stabilità e la continuità di governo desiderata e sperata all’atto dell’abbandono della legge elettorale proporzionale. Ovvio che occorreva cercare un rimedio, ma doveva essere trovato nella direzione di rendere più mite il bipolarismo, quindi più garantite le minoranze e necessaria qualche forma di accordo.
(S) Veramente la divagazione è stata lunga e ripetitiva di cose risapute. E’ il futuro che è grigio! Per colpa vostra, che non accettate l’idea che una competizione abbia un vincitore e che questi abbia il diritto e il dovere di governare.
(C) Ma no, su questo non vedo chi possa essere in disaccordo. Il problema è il metodo. Un uomo solo al comando, una parola d’ordine, un po’ di spesa pubblica a pioggia, fatta passare per welfare, non basta, non funziona. Né con Renzi, né con Berlusconi, né con Salvini, né con Grillo o chi per lui. Il disagio emerso dal voto è insieme sociale, generazionale, geografico, etico, educativo. Tutte queste emergenze hanno prima di tutto un radicamento nella realtà sociale e lì vanno curate, con l’aiuto di tutti, con la ricostituzione dei corpi intermedi, non esclusi i partiti politici, e i sindacati, che avrebbero bisogno di un inquadramento istituzionale, che la Costituzione esige e che non è mai stato attuato.
(O) Il problema del metodo, mica facile! Infatti, se stiamo all’etimologia, metodo significa ‘dopo la strada’. Il metodo non lo si inventa, lo si ricava dall’esperienza, dalla strada percorsa. Mi pare che ogni partito, anzi gruppuscolo, vada per la sua strada e cerchi di fare di tutto per distinguersi, nella logica bianco/nero, se tu sei bianco io sono nero. O rosso o verde-lega o … qual è il colore dei cinquestellati?
(S) Allora meglio bianco-neri, con il trattino di congiunzione, non con barra di separazione, che facciamo piacere al Direttore. Così si vince sempre.
(C) Ecco un’altra forma di egemonia gramsciana: se non dai l’aumento agli operai della Fiat, almeno lo scudetto alla Juve. Occupare le coscienze attraverso le espressioni culturali e sociali, se non puoi occupare tutto il potere subito. NO. Meglio mescolare, meglio il grigio della gradualità, della pazienza, del rispetto, della comprensione,meglio anche il compromesso, sempre secondo l’etimologia: una promessa reciproca è meglio della contrapposizione. Riprendo un altro stralcio dal discorso di sant’Ambrogio del cardinale Scola: “Il politico è chiamato a comporre pareri opposti e opinioni diverse soprattutto in momenti di alta conflittualità sociale. E per questo gli serve un responsabile coinvolgimento in prima persona, il coraggio dell’impopolarità e la retta moderazione. La politica non può avere nel consenso immediato l’unico criterio di azione”. Ma qui tutti fanno i fenomeni! Colori forti, effetti speciali. Eppure, cosa sarebbe il rosso di un tramonto, l’azzurro di un alba, senza il grigio delle nuvole?
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