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Urbi et Orbi

IL VALORE DELLE “COSE”

PAOLO CREMONESI - 02/12/2016

collettaSia pur precipitata all’ 88° posto nella classifica delle città più vivibili, anche Roma si prepara al Natale. Poche luminarie nelle grandi vie (nessun municipio ha stanziato i fondi necessari), facce stanche e un po’ disilluse, le tre settimane che ci separano da qui al 25 vedranno comunque andare in scena il consueto rito dello shopping.

Non a caso nell’ Angelus della prima domenica di Avvento papa Francesco ha ammonito i cristiani a “non essere dominati dalle cose di questo mondo, dalle realtà materiali, ma piuttosto a governarle. Se, al contrario, ci lasciamo condizionare e sopraffare da esse – ha detto – non potremo percepire che c’è qualcosa di molto più importante: il nostro incontro finale con il Signore”.

Le cose. Dopo vent’anni di vita nella stessa casa, con mia moglie abbiamo iniziato lavori di manutenzione e pulizia di alcune stanze. Si spostano i mobili, si svuotano gli armadi e le librerie. Si mette ordine nelle stanze dei ragazzi che ora vivono altrove. Ed entrambi siamo rimasti sorpresi dal numero di ‘cose’ accumulate. Tante, non tutte utili, in alcuni casi non ancora usate, spesso ormai inutilizzabili: la ‘roba’, per dirla con Giovanni Verga, condiziona la nostra esistenza.

È la caratteristica principale dell’odierno consumismo: l’ equiparazione tra felicità personale e acquisto di beni materiali. Un nuovo abito può, almeno per un poco, soddisfare la mia esistenza? Quello che, appeso nella gruccia del negozio, sembrava ciò che cercavo da tutta una vita, pare già avere perso la sua magia una volta portato a casa. Riposto nell’armadio e tirato fuori, magari dopo due settimane, non è più lo stesso abito. O almeno ha perso quella capacità di ‘promessa’ che, complice la pubblicità, sembrava avere al momento dell’acquisto.

La società in cui siamo immersi moltiplica a dismisura le occasioni per questo baratto: un oggetto in cambio di un pochino di significato della vita. Non a caso, sempre in quell’Angelus,il Papa ci invita alla virtù della sobrietà: il saper distinguere ciò che è essenziale da ciò che è superfluo.

Questi pensieri mi venivano in mente partecipando una settimana fa alla ventesima edizione della Colletta del Banco Alimentare. Anche qui al centro del gesto c’erano ‘cose’. Quelle essenziali, generi cosiddetti di prima necessità. Di cui non possiamo fare a meno e che in quell’occasione acquistavano ancora più valore perché condivisi.

Al centro del gesto i giovani. Volti allegri, gioiosi facevano uno strano contraltare alla folla un po’ anonima che entrava nel grande centro commerciale.

“Nei ragazzi – scriveva anni fa il grande Indro Montanelli – e l’entusiasmo è un fenomeno contagioso. Si trasmette in una classe dall’uno all’altro come gli orecchioni. E gli entusiasti cercano di superarsi a vicenda, spingendosi a fare progressi”. Ed era un bello spettacolo quello dei giovani con cui ‘coprivo’ uno dei supermercati a fronte della disillusione che la grande promessa consumistica già generava in chi usciva dallo shopping.

‘Roba’ condivisa. Che perciò acquistava valore perché restituita al suo originale significato di solidarietà con chi è nel bisogno. E Dio solo sa in questi misteriosi giorni di terremoti e alluvioni quanto ne abbiamo bisogno.

Sia questo l’ augurio per i giorni che ci separano dal Natale: la riscoperta di un ‘sobrio’ rapporto tra noi e le ‘cose’. Anche perché, e qui torniamo a uno degli esempi preferiti da papa Francesco, “nessuno ha mai visto il furgone dei traslochi in coda a un corteo funebre”.

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