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Cara Varese

MOLINA/2 CHE FUTURO

PIERFAUSTO VEDANI - 02/12/2016

fondazioneIl caso Molina è una battaglia politica, ha oggi connotazioni precise riscontrabili nei tempi, nelle modalità, negli scopi che vanno aldilà del prestito fatto dalla Fondazione alla più autorevole televisione della provincia. Si può in questo concordare con Christian Campiotti, oggi ex presidente del Molina a seguito del commissariamento deciso a livello regionale.

Non so invece se si potrà essere del mio parere quando affermo che è stata politica anche la scelta iniziale del responsabile del Molina, infatti essa doveva ispirarsi a una qualità richiesta dalla sua iniziativa: quella, rilevante, dell’opportunità. Che nulla ha a che fare con l’illegittimità, i pensieri cattivi e le bassezze varie che nelle polemiche gratuitamente si fanno affiorare.

L’opportunità va oggi a braccetto con l’immagine in una situazione nazionale molto difficile per chi, a qualsiasi titolo, viva la realtà politica e sia allora costantemente nel mirino di una opinione pubblica inferocita a dir poco, sospettosa e che alla luce delle molte, troppo vicende che la riguardano in notevole misura, si sente tradita.

La contestata operazione finanziaria dall’avvio al compimento è rimasta tra le mura del Molina ed è diventata di pubblico dominio per i nuovi scenari politici emersi in seguito ai mutamenti della composizione della maggioranza che da anni si spartiva i massimi poteri nelle istituzioni; nuove alleanze viste anche in occasione delle elezioni comunali.

Considerate la grande storia del rapporto della città con il Molina, le quiete recenti gestioni della Fondazione da parte di leghisti e alleati del centrodestra positivi, efficienti, solari, forse il criterio dell’opportunità avrebbe dovuto indurre allo “sconsiglio”. Sarebbe stato evitato lo scontro che anche gli irrigidimenti delle parti in causa hanno portato ai massimi livelli e del quale si è impossessata la “grande politica” locale. Che davvero è andata ben oltre cercando addirittura altri colpevoli da infilare nel calderone.

È doveroso infatti ricordare che tutto è nato ed è successo in tempi distinti e distanti dalla svolta elettorale e che i conti, di qualsiasi tipo, andavano regolati di conseguenza.

Non è possibile pronosticare come finirà la vicenda in atto al Molina, ma è evidente la necessità per la Fondazione di regole nuove sia statutarie, sia per la gestione che deve rispondere a norme e coinvolgimenti oggi abituali in ogni istituzione. È ora per esempio che si preveda la partecipazione, nelle forme di legge, anche di rappresentanze del personale e ci sia la chiarezza della mano pubblica nelle responsabilità di gestione. Se inoltre la nomina del consiglio di amministrazione sarà, come da tradizione, riservata al sindaco e basata quindi di fatto su criteri politici, sarebbe opportuna anche la presenza di un rappresentante della minoranza comunale. Una persona che al pari degli altri componenti del consiglio abbia esperienza di carattere amministrativo e conoscenze delle problematiche della solidarietà e della assistenza.

Da sempre i consigli del Molina sono composti da persone per bene e attive, ma con un ruolo di cooperazione e controllo che a volte potrebbe non emergere nella misura attesa proprio per la mancanza di un contraddittorio.

Le verifiche del commissario di nomina regionale saranno decisive per stabilire anche dei punti di riferimento per il futuro e ci si augura che i controlli avvengano in un tempo accettabile per chiarire i termini del problema, ma soprattutto per garantire il perfetto funzionamento di una macchina assistenziale di grande tradizione che vede 500 ospiti assistiti, un uguale numero di dipendenti impegnati ogni giorno ad aiutarli; una macchina che è pure un efficiente punto di riferimento per l’ospedale di Circolo, per forme esterne di aiuto e infine anche come servizio per gli abitanti del quartiere.

Insomma il Molina è un gioiello di lunga tradizione alimentato dalla grande generosità dei varesini e non certo dimenticato dalle istituzioni regionali. Non può essere al centro di improvvidi scontri politici. E ha diritto a regole chiare, aggiornate come tempi e democrazia vogliono, ma senza tradire lo spirito di coloro che donarono la Fondazione alla città. Che oggi ha quindi anche diritto a scelte gestionali rigorosamente ispirate a criteri di opportunità politica.

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