Ora che la campagna referendaria è terminata, possiamo guardare nuovamente ai problemi che crucciano l’Europa e che, mentre noi italiani eravamo intenti a azzuffarci, sono divenuti ancor più tormentati.
Dopo il vertice di Bratislava, i capi di governo e di stato hanno fatto sfoggio di unità e hanno ribadito l’impegno di “offrire ai cittadini…la visione di una Unione Europea…di cui possono fidarsi e che possono sostenere”.
Intanto, l’Ungheria ha continuato a rafforzare i muri che ha costruito, l’approccio ai problemi dei migranti è lungi dall’essere improntato a principi di solidarietà e di responsabilità, molti cittadini britannici versano lacrime per l’uscita dall’Unione, l’Unione Bancaria è di là a venire, il Presidente della Commissione, parlando davanti al Parlamento Europeo sullo stato dell’Unione, cita la crisi esistenziale” dell’Europa, il nostro Presidente del Consiglio minaccia di usare l’arma di veto nell’approvare il bilancio e batte i pugni per ottenere ciò che i trattati gli negano, rafforzando così – speriamo inconsapevolmente – l’aspetto intergovernativo dell’Unione, contro cui a parole combatte quando dice che “non è questa l’Europa che vogliamo”, segnali di insoddisfazione vengono dai popoli europei che in diciotto paesi dell’Unione hanno deposto 34 richieste di referendum antieuropei.
L’Europa è alla ricerca del suo destino. Non basterà mettere in moto una crescita economica armoniosa, riassorbire la disoccupazione, mettere fine agli squilibri economici tra paese e paese, gestire le frontiere comuni per accogliere dignitosamente coloro che hanno diritto all’accoglienza e respingere gli immigranti illegali. L’Europa deve ritornare alle sue sorgenti culturali e spirituali.
Le lingue, le monete, le religioni, che hanno costituito di volta in volta motivo di divisione, siano ora motivo d’unità nella diversità, di ricchezza per tutti. Accanto a stati floridi e a fasce di popolazione che godono di relativo benessere, la povertà in Europa è tuttora una realtà brutale.
Guerre, trattati, accordi hanno segnato in Europa confini che non sempre hanno rispettato l’identità di tanti popoli e il secolare loro legame con la loro terra: bisogna ammettere che questi popoli si sono rigenerati grazie all’appartenenza ad una comunità europea più vasta, senza la quale ora non potrebbero esistere.
Il generale decadimento del senso di unità su cui è fondata l’Unione Europea è alimentato inoltre da tensioni nazionalistiche che contribuiscono alla crescita di populismi. A ciò contribuiscono quei politici che rifiutano la politica come faticosa ricerca di soluzioni e preferiscono scegliere la strada, apparentemente più facile ma in realtà più insidiosa, che conduce al trionfo della semplificazione ammiccante per opinioni pubbliche sempre più disorientate.
Tuttavia non basterà trovare nuove scorciatoie di tipo economico-finanziario per giungere alla tanto sognata unità politica. Questi mezzi – “ piccoli passi” li chiamava Schuman – ultimamente sono serviti a decomporre un’unità spirituale e culturale in nome di interessi economici spesso tra loro giustapposti.
L’Europa ha sempre risposto alle grandi sfide della storia trovando dentro di sé la forza per reagire ad eventi che potevano decidere il suo destino. Oggi l’Europa si trova a un bivio: o frantumarsi nella ricerca del particulare delle soluzioni nazionali che richiamano le logiche dell’autarchia o ricercare un supplemento d’anima per avvicinarsi alla realizzazione dell’unità politica, oggi più necessaria di ieri perchè essa è stretta da due potenze alternative.
Per ritornare ad essere una via di promozione umana, un progetto di vita, un modello di esistenza pacifica, l’Europa dovrà guardare alla sua storia perché l’evoluzione economica ha intiepidito la sua cultura: quella della democratica Atene e quella del diritto di Roma, quella latina e quella anglo-sassone, quella slava e quella finnica, quella monastica e delle cattedrali con quella barbara, quella codina con quella giacobina, quella liberale e quella socialista, quella proletaria e quella borghese, quella romantica e quella scientifica. L’idea d’Europa passa attraverso queste vicende alterne che devono essere unificate dal senso d’umanità e di solidarietà.
L’Europa ha bisogno di simboli. Il terremoto, che ha angariato vaste zone del centro Italia, ha colpito anche Norcia, la città dove è nato Benedetto, proclamato protettore d’Europa da Paolo VI. Tra le case crollate, le strade divelte, gli opifici distrutti, è rimasta intatta la facciata della cattedrale col suo bel rosone del 1200. Sorta sui resti della casa natale di Benedetto e di Scolastica, la cattedrale era stata insignita del titolo di basilica minore giusto cinquanta anni fa. Questa facciata e il monumento che i norcini hanno dedicato al loro illustre concittadino sono lì a testimoniare la tenace cocciutaggine con cui hanno ricostruito la cattedrale distrutta nei terremoti del XVI° secolo, del 1979 e del 1997.
Quando l’Europa, in preda ad una decadenza morale, entrò in agonia sotto il ferro e il fuoco dei “flagelli di Dio”, quando la morte uccise le intelligenze, furono i benedettini che salvarono la ricchezza della civiltà greco-romana trascrivendo nei loro monasteri le opere dei classici umanisti.
Dove c’erano terre incolte, dissodarono terreni, dove c’erano paludi, prosciugarono acque, arginarono i fiumi al punto tale che uno storico poté scrivere che se nella nostra Europa possiamo osservare territori fiorenti, si può stare certi che da lì passarono i benedettini. I monaci favorirono la ripresa di un continente stremato da secoli di ripiegamento, calo demografico, scontri tribali, migrazioni di popoli. Con i monasteri, vere e proprie comunità, svilupparono modelli di condivisione della ricchezza, in essi accolsero viandanti e malati, le loro regole fecero emergere modelli di sviluppo, modalità di voto, gestione delle decisioni. Grazie alla loro rete estesa in tutto il continente favorirono lo scambio di prodotti.
Il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, ha recentemente annunciato, facendo sue le sollecitazioni che gli sono pervenute da più parti, che proporrà alla Commissione Europea di finanziare la ricostruzione e il restauro della cattedrale di Norcia. Sarebbe un bel segno beneaugurante per la ri-fondazione dell’Unione Europea.
Quel saggio che nel VI secolo, trovandosi a Roma, cercava Roma, improvvisamente, guardando le rovine, si batté la fronte e esclamò:” Dove sono gli uomini?” e sentì in tutta la sua bellezza la forza di una civiltà animatrice.
L’europeo d’oggi è alla ricerca del suo futuro. Le vecchie pietre potranno parlare di lotte e di furie, di roghi, di flagelli, ma la storia recente del nostro continente parla di pace, di convivenza, d’integrazione. Anche di economia e di finanza, di austerità e di viluppo. Sono tutti mezzi per foggiare il nuovo uomo e avviarlo verso il suo destino che dovrà raggiungere assieme agli altri uomini.
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