Trovo indispensabile dare un nome alle cose, un nome a ciascuna cosa, oggetto, luogo. Lo ritengo un modo per riconoscere loro uno spazio nelle nostre vite e nel mondo delle relazioni.
Il primo esempio parte da una domanda: ma un manuale di storia ha un nome? Certo, quello del suo titolo, e poi quello dell’autore, poi quello dell’editore.
Invece …
Conferenza del Festival Glocal a Varese, venerdì 18 novembre: si parla di archivi storici della Seconda guerra Mondiale, relatori un giornalista e un ricercatore. Quest’ultimo chiede agli studenti in sala su quale libro di storia studino. La domanda lascia perplessi i ragazzi che si consultano tra di loro. Il ricercatore si rivolge nuovamente ai presenti, di varia provenienza scolastica, e insiste: “Chi è l’autore del vostro libro di storia?”. Quanto sia importante il nome di un autore di manuali di storia, dovremmo saperlo perché ognuno interpreterà gli avvenimenti del passato secondo un metodo di ricerca e secondo precise categorie che devono essere esplicitate a chi se ne serve per studiare. Le ragazze sedute accanto a me, del Liceo Classico, che io sollecito a rispondere, mi dicono che sì, lo sapevano, ma ora non ricordano con precisione.
Procediamo con altri esempi locali.
Un’Associazione deve avere un nome proprio?
Anpi Varese: poiché la sezione non aveva ancora un nome, ne viene scelto uno: “Comandante Claudio Macchi”, partigiano varesino, generoso protagonista di azioni coraggiose negli anni della Resistenza all’occupazione nazifascista. Essere membri di un gruppo che porta un nome proprio significativo,a mio parere, attribuisce maggiore forza all’appartenenza.
Il nome delle scuole
Scuola elementare Garibaldi di Varese. Nel 2011, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, i bambini svolgono una ricerca sul nome della loro scuola. Brave le maestre che si impegnano sull’argomento Risorgimento, anche se i programmi delle elementari non includono più la conoscenza della storia moderna né di quella contemporanea. Le classi reperiscono informazioni sull’intitolazione della loro scuola, negli archivi leggono che un’ispettrice scolastica, siamo negli anni ’50, aveva promosso un’indagine per la scelta del nome. Il sondaggio tra le famiglie residenti in questa zona di case popolari allora abitate anche da immigrati, sia dal sud sia da altre regioni d’Italia, registrò una maggioranza schiacciante a favore di Giuseppe Garibaldi, personaggio in cui, evidentemente, molti si potevano riconoscere come italiani.
Il nome delle vie
Capita di chiedersi, girando per zone meno note della città, chi sarà mai la persona a cui è stata dedicata la tal via. O dove si trovi il paese, o la città, che dà il nome alla tal piazza.
Quanti sanno che la via Romans – sur – Isère prende il nome dalla città francese gemellata con Varese dal 1957, segno degli anni che videro la nascita dell’Europa, con i primi sei paesi tra cui il nostro? E quanti giovani riconoscono che le vie Gemona, Majano, Osoppo, sono un omaggio ai paesi del Friuli distrutti dal sisma del 1976?
Luoghi meno conosciuti
Mi piacerebbe che si potesse attribuire un nome a tanti angoli della mia città. Anche ai parchi e agli spazi verdi minori della Città Giardino. Un gruppo di cittadini del quartiere Bustecche, aiutati da esperti naturalisti, dopo aver ripulito l’area boschiva adiacente gli spazi dell’ex Ospedale Psichiatrico, ha proposto il nome “Parco delle farfalle” per la presenza della buddleia, pianta originaria dell’Asia ma coltivata in Europa sin dal Settecento. I suoi fiori, che sbocciano da giugno a settembre, sono così ricchi di nettare da attirare molte varietà di farfalle.
Parco delle farfalle è un bel nome, poetico e lieve. So per certo che tanti altri nomi sarebbero pronti per altrettanti luoghi e “cose” della nostra città. Perché la bellezza di una città passa anche dai nomi propri che sappiamo trovare per ogni suo angolo.
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