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Garibalderie

IL FEROCE BUON UOMO

ROBERTO GERVASINI - 25/11/2016

cecco-beppeStrano anno questo 2016 per noi garibaldini e mazziniani varesini. Per fortuna volge al termine.

Dopo lustri di “sonno” e imbarazzanti silenzi di stampo filo leghista nel 2009 in occasione della ricorrenza dei 150 anni della battaglia di Biumo con Garibaldi; dopo le modeste e sporadiche apparizioni per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità con Vittorio Emanuele II re d’Italia, qualcuno a livello locale ha pensato, pareva una barzelletta, di celebrare la terza guerra di Indipendenza, quella della catastrofe di Lissa e della sconfitta di Custoza del 1866.

Giustamente Enzo Laforgia, tra i relatori al convegno, ha ben ricordato come ci vollero oltre 50 anni per poter digerire queste due umilianti sconfitte. Come la ciliegina, arriva in questi giorni la beatificazione di sua maestà l’Imperatore Francesco Giuseppe, “buon uomo” su molti media e si capisce in un Paese, il nostro, dove l’ignoranza storica è feroce perché il periodo risorgimentale che ha portato all’Unità del Paese è ignorato dai testi di storia e dalla stragrande maggioranza degli insegnanti che non lo conoscono.

Ci siamo presi qualche licenza, noi garibaldini, e profittando della mostra con cartelloni romantici sull’Austria Felix rimasta mesi sotto il portico di Palazzo Estense a Varese, ricca di una grande foto del boia Radetzky, governatore e capo militare del Lombardo Veneto, nominato dal celebrato “buon uomo”, abbiamo potuto bagnare la stessa con non meno di 48 sputi nel giro di tre mesi, con soddisfazione lassù in cielo degli oltre 1000 impiccati (preti compresi) e fucilati dal 1849 al 1851 dal boia boemo.

Grazie al “buon uomo” Francesco Giuseppe (Cecco Beppe per noi) Radetzky rimase a Milano e nel Lombardo Veneto nel periodo cruciale tra il 1848 ed il 1859 dando il meglio di sé in fatto di repressione, impiccagioni, fucilazioni tra il 1849 ed il 1853.

Ripulì le amministrazioni di tutti coloro che si erano compromessi con i moti del 48, fu punita l’aristocrazia con la perdita dei palazzi, saccheggiati e trasformati in alloggi militari; a “famiglie, persone anche morali, e ditte mercantili agiate e facoltose dimoranti” venne imposto una sovraimposta straordinaria sugli immobili ed un prestito forzato ; a chi aveva avuto cariche nel governo provvisorio venne imposta una requisizione straordinaria di guerra pari all’enorme cifra di venti milioni (11 novembre 1848).

Intensificò la caccia ai patrioti e tra le moltissime vittime si ricordano, famoso, il milanese Sciesa, fucilato nel 1851 per possesso di un manifesto mazziniano (era analfabeta, tra l’altro), il comasco Dottesio, impiccato l’11 ottobre dello stesso anno per possesso di materiale propagandistico; i martiri di Belfiore e tra loro Don Enrico Tazzoli, già professore di filosofia al Seminario vescovile di Mantova, impiccati dopo il sequestro di titoli del debito di Mazzini a favore della Giovine Italia. Per dare un’idea della determinazione del boia Radetzky, a questi ultimi venne anche negato un funerale cristiano ed il seppellimento in terra consacrata.

Dal 1848 sottopose molti lombardi alla cerimonia della “pubblica bastonatura” Alla gran parte dei numerosissimi condannati alla forca, la pena veniva commutata in lustri di carcere duro. E ‘certo che nelle intenzioni del governatore Maresciallo Radetzky, nominato dal buon uomo Francesco Giuseppe (Cecco Beppe), tali conversioni volessero apparire segni di benevolenza, ma gli italiani le interpretarono sempre come arbitrari esercizi di violenta repressione. Evidentemente la lezione di Silvio Pellico, con il suo ” Le mie prigioni ” al boemo non era servito. La repressione fu così feroce da mettere in imbarazzo la stessa corte di Vienna. Ma si avvicina la data del Concerto di Capodanno magari trasmesso ancora da Vienna per la gioia di quanti considerano noi italiani dei veri imbecilli. Perché?

Il 25 luglio del 1848 Radetzky guidò alla vittoria le truppe imperiali sbaragliando i piemontesi e Carlo Alberto a Custoza. A Vienna, ancora in preda alle sommosse rivoluzionarie, la vittoria di Radetzky venne accolta con grande gioia dai sudditi fedeli del buon uomo Cecco Beppe imperatore. Regnò per settimane l’euforia con gran festa il 31 agosto “in onore dei nostri coraggiosi soldati in Italia”. Immancabilmente, secondo la consuetudine, il pubblico presente in sala al Concerto di Capodanno a Vienna, partecipa attivamente all’esecuzione della Marcia di Radetzky (marcetta), scritta da Strauss in meno di due ore per la vittoria di Custoza contro gli italiani, battendo il tempo con le mani, così come gli italioti in Italia. Ridicoli. Siamo ridicoli.

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