Come ci si sente a essere la decana dell’umanità? Ci si sente bene. Benissimo. In piena salute, di fisico e di mente. Martedì 29 novembre Emma Morano compie 117 anni, nessuno al mondo ne conta tanti quanti lei. Viene dall’800, ha frequentato tutto il ‘900, è cittadina del Terzo Millennio. A Verbania, dove risiede, hanno programmato una gran festa: scenario il Teatro Maggiore, affacciato sulle acque di fronte al Sas de fèr, con vista da Intra a Laveno. Discorsi, musiche, premi. Turbata da tanto clamore? Affatto. S’è abituata, suo malgrado, alla ribalta.
Emma accetta da anni l’assedio di ricercatori, studiosi, medici che ne indagano la stupefacente/inspiegabile longevità. Resiste, a loro e ai giornalisti, con arguzia e pazienza. A volte con ruvida gentilezza, com’è nelle genuine corde dei laghée. Quali segreti cela? Nessun segreto. Ha sempre condotto quella che si dice una vita normale, l’anormalità consiste nel suo strabiliante dna. E basta là, come dicono dalle sue parti.
Riassumendo il più d’un secolo e un quarto di vita: nasce a Civiasco (Vercellese) nel 1899, si trasferisce da bambina nelle valli dell’Ossola al seguito del padre, della madre, dei numerosi fratelli e sorelle (sette in tutto); il clima insalubre le risulta dannoso, e quando si fa ragazza e trova lavoro trasloca a Pallanza, nella mitezza del Golfo Borromeo; ha un fidanzato che va alla guerra del ‘15/’18 e del quale perde le tracce, sposandosi nel ’26 con un altro uomo; nasce un figlio, Angelo, che dopo sei mesi muore; il matrimonio non dura molto, causa maltrattamenti del consorte; operaia allo jutificio Maioni e poi cuciniera al collegio Santa Maria gestito dai Marianisti, va in pensione nel 1975; vive con la sorella Angela, che chiude l’avventura terrena nel 2011, a 101 anni; da allora abita solitaria, pur con l’ausilio d’aiuti e sostegni vari, nella casa di proprietà della parrocchia che la ospita da decenni.
Lì, di fianco alla chiesa di San Leonardo e sotto l’incombente campanile costruito con le pietre residuali del castello che fu dei Barbavara, conduce un’esistenza che più spartana non si potrebbe. Orari regolarissimi di veglia e sonno, dieta senza varianti (ogni giorno tre uova; un etto e mezzo di carne cruda; minestrine e verdure; talvolta un goccio di grappa con un gianduiotto). Attenzione massima al risparmio, conseguenza d’un lontano passato vissuto nella povertà. Un esempio? Tiene il portafoglio sotto il cuscino, e guai ad avvicinarvisi. Un altro esempio? L’eliminazione di qualche lampadina, considerata di troppo. “E nessuna lamentela -racconta Enzo Azzoni, storico fotografo verbanese e suo vicino di quartiere- per il fatto che non ha il bagno nell’appartamentino”. Provvede alle incombenze fisiologiche usando un manufatto di plastica, come quelli utilizzati nelle roulotte. Glielo igienizzano quotidianamente, e va avanti così.
Ogni venerdì don Giuseppe Masseroni, parroco in pensione, le porta la comunione. Scambiano alcune parole e recitano una curiosa preghiera. Cioè: la recita lei, e ne accompagna la cadenza lui. La preghiera è questa, espressa nel dialetto locale: “San Giuli e San Giulian, vàrdam dai luf e dai can. Vàrdam dai serpent e da la catìva gent”. San Giulio e San Giuliano (venerati specialmente sul lago d’Orta), proteggetemi dai lupi e dai cani. Proteggetemi dai serpenti e dai malvagi.
“Si tratta del retaggio -spiega don Giuseppe- di un’epoca in cui i pericoli erano assai diversi da quelli odierni, le tribolazioni di natura differente, le speranze e i desideri anche. Emma ha ereditato la singolare invocazione dai suoi cari, a loro volta protagonisti d’un passaggio di testimone dalle radici antiche. È la superstite di un mondo per molti aspetti scomparso, nel quale lo spirito di sacrificio imposto dalle avversità prevaleva sul resto, e forgiava i caratteri. Quello della Morano, improntato al realismo, ne è il modello”.
Un carattere a spigoli, che una volta le fece dichiarare: “Una delle mie fortune è stata di tenere alla larga gli uomini, dopo l’infelice esperienza matrimoniale”. E che la induce a lamentare, dopo le ripetute incursioni mediatiche nella sua riservatezza: “Però ma dànn mai niente”, non contraccambiano mai la mia disponibilità.
Ha ricevuto peraltro riconoscimenti prestigiosi, onorificenze della Repubblica, benedizioni papali. Ne è orgogliosa. Ma con moderazione. Equilibrio. Prudenza. Mai esagerare. Il record planetario che effetto le fa? “Nessun effetto particolare -conclude don Giuseppe- perché nel cuore dei semplici non c’è spazio per sentimenti dedicati a primati di alcun genere, se non a quello di una fede che va oltre le nostre piccole cose. Per grandi che siano, come la straordinaria vicenda terrena di Emma”.
Il servizio fotografico è stato realizzato da Enzo Azzoni Piazza Garibaldi 33, Verbania Tel.0323503386 enzo.azzoni@libero.it
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