Papa Francesco ha rimarcato al Convegno di Firenze: Il volto di Gesù è svuotato: è il volto di tanti fratelli e sorelle umiliati, resi schiavi. È il volto di tanti rifugiati, ospiti indesiderati di un continente sempre più alla deriva e in balia dei nostri egoismi.
Il Convegno è stata l’occasione per riflettere sull’umanesimo cristiano: un umanesimo che si realizza solo attraverso la vicinanza a quella umanità che è ai margini, esclusa, piegata. Guardiamola in faccia, senza distogliere in fretta il nostro sguardo…
I rifugiati sono lì pronti ad afferrare una mano tesa, che li sollevi dalla disperazione… Confidano nei valori in cui noi diciamo di riconoscerci e per cui loro, spesso, hanno perso tutto. Essi ci richiamano continuamente alla necessità di un mondo che non lasci indietro nessuno, che sappia rispettare ed aspettare. E ci ricordano che i bisogni primari (il cibo, la salute, un letto…) appartengono a persone concrete, hanno un volto.
Bisogna inchinarsi di fronte a questa umanità in cammino, che ha il volto di Cristo. La Chiesa – poiché è madre – riconosce tutti i suoi figli, soprattutto i più bisognosi.
Se è madre, allora sia come quelle mamme, che nel passato lasciavano, insieme ai neonati, delle medaglie spezzate a metà, con le quali speravano, presentando l’altra metà, di poter un giorno riabbracciare i propri figli.
E sia “ultima con gli ultimi”, “povera coi poveri”, pellegrina sulla terra, come chi vive in un Paese straniero.
Come una mamma rifugiata, sia sostenuta dalla fede, dalla speranza e dall’amore per i propri figli. Quei figli che è stata costretta ad abbandonare per tentare di metterli al sicuro o peggio quei figli persi durante la fuga disperata dall’orrore.
Il Papa invita alla ricerca del bene comune, che non si raggiunge con la negoziazione, ma con il dialogo, e il miglior dialogo è “fare concretamente qualcosa insieme”.
Partendo dal dialogo e dall’incontro con i rifugiati che vivono nelle nostre città, ascoltando le loro storie, si può costruire una nuova società.
Il dialogo è incontrarsi per condividere un pasto. Il dialogo è parlare e scoprirsi amici. Il dialogo è vivere nello stesso quartiere e fare un pezzo di strada insieme. È trovarsi seduti uno accanto all’altro negli stessi banchi di scuola e scoprire la bellezza dell’incontro quotidiano. Il dialogo è capire finalmente che la libertà, il futuro, la pace sono di tutti o non sono di nessuno.
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