Insoddisfatti delle scarse prospettive di miglioramento offerte dall’attuale classe dirigente, gli americani si sono rivolti a un fenomeno mediatico come Trump: il presidente che ha molto promesso, senza aver paura di sconfinare nel politicamente scorretto. Analisti di tutto il mondo, in questi giorni, hanno identificato nel risultato delle elezioni americane la consacrazione di un fenomeno mondiale, il trionfo del populismo e la destrutturazione di un mondo fatto di accordi internazionali, di Unione Europea, di trattati di libero commercio. Che se da un lato hanno garantito stabilità, dall’altro non hanno fermato l’impoverimento della classe media e le diseguaglianze.
In Italia, uno dei pochi analisti che davvero avevano previsto questo corso delle cose è Giulio Tremonti, ex ministro, berlusconiano, ma molto vicino all’anima popolare anti elitaria della Lega Nord.
In una collana di libri usciti negli ultimi 10 anni, Tremonti aveva esplicitamente parlato di un ritorno di fiamma del popolo per gli ideali tradizionalisti più semplici ma anche destabilizzanti per l’intero quadro mondiale. Il territorio varesino, in realtà, non ha mai accolto questa dinamica in maniera convinta limitandosi tuttavia a identificarsi con la protesta antitasse della Lega Nord, concedendo una grandissima apertura di credito nei confronti dei leghisti, ma quando il Carroccio era ancora in una fase della sua evoluzione un gradino antecedente alla fase trumpiana di oggi.
È difficile fare previsioni se questa ondata coinvolgerà anche il consenso e la politica locale. In Italia la protesta populista ha più sostanza dove le condizioni economiche sono più disastrose. La gente senza lavoro dà la colpa ai partiti e ai politici della propria mancanza di prospettive, ma in Lombardia e nel Varesotto questa virulenza è temperata ancora da un centrodestra che governa, e dalla tenuta del quadro delle piccole e medie imprese locali, agganciato all’export e alla locomotiva tedesca.
Sarebbe tuttavia molto interessante immaginare uno scenario futuro di fantapolitica in cui il leghismo e i veri interpreti dello spirito dei tempi, gli adepti del grillismo, diventassero contigui, mentre Forza Italia potrebbe finire attratta dal modernismo renziano. La forza territoriale della Lega e quella mediatica del M5S hanno un futuro collaborativo? I grillini a queste latitudini sono però un fenomeno incompiuto: il Cinque stelle é disgregato e rissoso, e non raccoglie consensi adeguati alla bisogna. La presenza di un tessuto industriale solido, di associazioni, di una rete di civismo molto forte e organizzata mal si coniuga con l’evanescenza dei Meet up.
I militanti, i parlamentari e consiglieri regionali del Cinque stelle non hanno praticamente alcun rapporto con il territorio, E a livello di politica locale si tratta di una pecca che rende praticamente impossibile amministrare. La Lega Nord è invece radicata e più carnale, si trova anche con una spruzzata di trumpismo salviniano, l’uomo che si è fatto interprete della guerra un po’ maleducata alle élites democratiche, in nome di un populismo popolano che, in definitiva è anche una richiesta di maggiore democrazia dal basso. Una dinamica assolutamente al passo con i tempi e sentita da una larghissima fascia di popolazione che, da tempo, non capisce più chi decida il loro futuro e con chi prendersela se le cose stanno andando male.
La Lega è un partito che da molti anni ormai rappresenta il contado e non la metropoli, esattamente come Trump ha vinto grazie al voto degli americani delle periferie e della provincia. Il completamento di un percorso fantapolitico italiano potrebbe portare a immaginare un’alleanza tra Lega Nord e Movimento cinque stelle per governare l’Italia del Nord su basi populiste. Il discorso sarebbe interessante, e, anche se oggi può sembrare assurdo, non sarebbe da escludere a priori, soprattutto se il 4 dicembre dovesse vincere il fronte del No referendario, offrendo a una parte di questa alleanza immaginaria una gigantesca ondata di legittimazione popolare. Lo stesso Roberto Maroni potrebbe aver bisogno, per vincere le prossime elezioni regionali, di una nuova stampella, magari utilizzando come tramite Antonio Di Pietro dopo averlo nominato alla presidenza della Pedemontana.
Tutto assurdo? Le certezze di un tempo si stanno sgretolando in giro per il mondo, e come in Spagna, la sopravvivenza della democrazia é affidata anche ad alleanze impensabili fino a pochi mesi fa.
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