Non sarà questa mia divagazione una ennesima disquisizione sul “combinato disposto” o cose del genere sulle quali si cimentano ormai a centinaia illustri e meno illustri costituzionalisti, opinionisti, scienziati della politica, mentre i sostenitori del no non nascondono che il loro obiettivo è esclusivamente quello di affossare il governo Renzi. In questo bailamme di scritti e di dibattiti il povero cittadino sicuramente finirà per presentarsi all’appuntamento del 4 dicembre più confuso e disinformato che mai. Quando addirittura sceglierà di disertare l’urna pensando si tratti di cose che non lo riguardano. Eppure ci sono all’interno del quesito referendario tante norme da abrogare o confermare che attengono direttamente alla vita democratica, ai comportamenti e alle tasche dei cittadini.
Solo ragionando nel merito queste cose appaiono chiare, ma non pare che molti siano interessati a metterle in evidenza aiutando gli elettori a comprendere l’importanza del loro voto.
Dunque ragionare nel merito.
Voterò sì perché voglio che termini questo bicameralismo paritario, questo assurdo ping pong tra Camera e Senato investiti degli stessi poteri che producono l’infinito rinvio dall’uno all’altro delle stesse leggi. Limitandomi al pur ridotto punto di osservazione della Società Varesina per la cremazione (So.crem), posso segnalare due leggi in sofferenza. Una legge che metteva ordine nel settore funerario già approvata da un ramo del Parlamento nella precedente legislatura non è stata riassunta nella attuale ma fatta ripartire da capo. Poi, ancora una volta approvata dalla Camera ma non avviata in discussione dal Senato. Stessa cosa per una importante legge sull’utilizzo delle salme a scopo di studio e di ricerca da parte di istituti universitari e ospedalieri in modifica di inapplicabili norme del lontano 1934. Quisquilie ? No. Intanto per certe ricerche si va all’estero o si noleggiano sul mercato nero pezzi di corpi umani. Una vergogna. Con costi non lievi generati da turismo culturale o nel caso peggiore per piegarsi alla speculazione più sporca. Eppure ci sono migliaia di cittadini che hanno già disposto la donazione del loro corpo o che potrebbero farlo liberamente in futuro. In vana attesa, come attendono Ospedali ed Università
Voterò sì perché deve cessare la competenza esclusiva delle Regioni in materia di Commercio Estero e di Turismo. In conseguenza di questa malaugurata scelta oggi abbiamo nel mondo 126 uffici di rappresentanza aperti da diverse Regioni italiane. Con conseguenti diversi obiettivi ed indirizzi di lavoro. La Ragione Lombardia per esempio, si vanta di avere uffici anche a New York e in Giappone. E chi paga ? Quali i risultati? Spesso si tratta di occasioni di clientelismo, di poltrone e di sottogoverno.
Voterò sì perché deve cessare la “concorrenza” (cioè la assoluta concordanza di indirizzo) sta Stato e Regioni in materia di politica energetica. Un errore commesso nel 2001 quando è stato modificato il Titolo V della Costituzione restituendo alle Regioni appunto la potestà concorrente sull’energia. Si credeva di superare col federalismo i ritardi dello Stato ma ne è nato il caos. La diversità normativa tra le Regioni è grande, poco uniforme e ognuno ha i suoi parametri di efficienza energetica.
Come paese industrializzato abbiamo bisogno di strutture gigantesche, anche di impianti trans regionali e trans-nazionali. Si pensi al gasdotto che dal Mar Caspio dovrebbe transitare in Puglia, opera di interesse strategico nazionale ed europeo, ma siamo in ritardo di due anni. L’ostacolo è rappresentato da 150 ulivi da spostare e dalla paura della popolazione. Tutto questo oggi rappresenta un deterrente per chi, soprattutto gruppi finanziari ed industriali stranieri, volesse investire in Italia. Trasportare elettricità acquistata in Svizzera o installare fibre ottiche per lavorare in Calabria significherebbe passare sotto le volubili forche caudine di una diecina di Regioni. Tempi infiniti, rinvii, opposizioni, e conseguente spinta ad “ungere le ruote”. Occasioni di corruzione tangentizia per superare opposizioni o ritardi.
Una riforma più che necessaria quella prevista dal sì referendario per far tornare allo Stato la piena responsabilità delle scelte strategiche su problemi di interesse nazionale. Lasciando comunque a Regioni e Comuni un forte potere di veto.
Voterò sì perché quella “concorrenza” del punto precedente genera una conflittualità enorme tra Stato e Regioni che frena talvolta per anni iniziative di sviluppo locale con costi spesso elevatissimi per il sistema economico e sociale. Si pensi agli oltre 600 ricorsi giacenti davanti alla Suprema Corte Costituzionale avviati da Regioni contro lo Stato o da questi contro le Regioni. Tempi di attesa e spese a non finire prodotte da un sistema arrugginito e da semplificare in fretta.
Mi fermo qui. È facile vedere come da pochi esempi citati nascano costi non lievi a spese della collettività. Costi indotti enormemente superiori a quelli citati dal fronte del no per irridere alla modestia dei risparmi provenienti dalla riforma del Senato o dall’abolizione del CNEL.
Già, ma come la mettiamo, mi chiederà qualcuno, coi pericoli derivanti dal “combinato disposto” tra modifiche Costituzionali e legge elettorale ? Scombiniamo il disposto. Se il Parlamento trova sui suoi banchi una maggioranza che approvi una legge elettorale migliore proceda in tal senso e scombini il disposto.
Le leggi elettorali sono sempre modificabili ed in genere vengono modificate secondo le contingenze e gli interessi delle forze politiche che si accordano. Non hanno bisogno di modifiche costituzionali.
Non si enfatizzi questo “scombinato indisposto” per non fare nulla. Non ci si fermi a dire che si poteva fare meglio. Il meglio, cosa sempre possibile. Ma come, quando e con chi ?
Insomma non si giochi sulle paure e sull’ignoranza degli elettori. Facciano tutti uno sforzo per farsi capire e farci capire. Una modifica istituzionale fatta coi voti dell’80% di italiani che non sappiano chiaramente per che cosa votano o che disertano le urne sarebbe una sconfitta per tutti i sì e per tutti i no.
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