Prima la san lunga, poi quando gli eventi reali li smentiscono s’appalesano a corto di dignità. Basterebbe dire: c’eravamo sbagliati, capita. Macché. Militanti partitici, analisti politici, esperti mediatici non dichiarano mai d’aver fallito. Si confessano in segreto la verità suprema, orgogliosa, autentica: “A deragliare sono i fatti, mica le nostre opinioni”. Poi prudentemente tacciono, abbozzano, sfuggono.
È andata così con Trump, film ormai arcinoto per riavvolgere la pellicola. Chissà se andrà così con Renzi. Dato perdente, il primo ha vinto. Dato perdente, magari vincerà pure il secondo. Fantasie? Può essere. Certo, trattasi di pensiero in controtendenza all’umore espresso sui giornali/siti di più grande autorevolezza, peraltro gli stessi che hanno sbarellato nel pronostico americano.
Il politically correct dopo lo tsunami Usa racconta ora che lo stesso uragano spazzerà via il nostro premier assieme al suo beneamato referendum.
Qualche obiezione. 1) Non sarà privo di spirito convincente il finale della campagna elettorale, che Renzi imposterà su uno slogan semplice: il sì sceglie il cambiamento, il no vota la casta. Di seguito elencherà i rappresentanti dell’ancien régime contrari alla riforma, De Mita e D’Alema in testa. Ciò che (novità/progresso contro retrò/immobilismo) eserciterà il suo oggettivo peso.
2) Essendo rimasto da solo -lo appoggiano i centristi e basta- a difendere la causa del bicameralismo da abolire, dei costi della politica da ridurre, dei procedimenti legislativi da velocizzare eccetera ecceterorum, sfrutterà il vantaggio emotivo dell’uno contro tutti. Se si è assediati, colpiti da grappoli di bombe critiche, accusati d’ogni possibile male, scatta in genere un tic di solidarietà popolare/umorale. A prescindere, direbbe Totò (ma non lo direbbe Grillo: l’universo dei comici è a battuta variabile). Nel caso del presidente del Consiglio, non serve il guru Jim Messina a fare la diagnosi, basta un qualunque sciur Bianchi delle nostre parti.
3) Sembra opinabile la certezza che alla devastante spallata yankee seguirà un’inevitabile successione di analoghi gesti/fenomeni “all over the world”, in qualsiasi angolo del pianeta. Potrebbe accadere il contrario: che la sorpresa si riveli un tale e inquietante shock da suscitare rimbalzi di segno opposto. Le occasioni italiana (revisione costituzionale) e austriaca (scelta presidenziale) in programma entrambe il 4 dicembre rappresentano un duplice, curioso test di verifica della possibilità di contraccolpo.
4) Infine, e al sodo. Renzi l’aggressivo, Renzi il rottamatore, Renzi il serenissimo è diventato -non per scelta, ma per obbligo- Renzi il cauto, Renzi l’umile, Renzi l’annuvolato. Ritrovatosi debole alla fine d’un percorso in cui pensava di tagliare il traguardo da più forte, non esita ad ammetterlo/dichiararlo. Quest’improvvisa fragilità -testimoniata dal suo affannarsi tra un talk e una piazza a sostegno dello sfavorito sì- potrebbe renderlo paradossalmente solido. Come? Suscitando un moto di simpatia in quell’universo della gente comune che l’ha finora considerato un antipatico. Si tratta specialmente del mare magnum degl’indecisi, che mai avrebbero concesso l’appoggio a uno troppo deciso. Ora che lo è di meno (molto di meno), magari se ne son fatta una diversa opinione. E la esprimeranno sulla scheda elettorale. Vedremo quale vero Trumpolino di lancio essa sarà.
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