Giustamente i mezzi di informazione hanno dato rilievo al discorso che Papa Francesco ha pronunciato al termine dei tre giorni di lavoro di alcuni rappresentanti di movimenti popolari provenienti da 60 Paesi. In molti casi si è data enfasi ad alcuni temi toccati come l’immigrazione, l’economia di mercato, il terrorismo. A me sembra utile e bello condividere il passaggio in cui si riconosce il ruolo e l’importanza dei movimenti: “Voi, organizzazioni degli esclusi e tante organizzazioni di altri settori della società, siete chiamati a rivitalizzare, a rifondare le democrazie che stanno attraversando una vera crisi. Non cadete nella tentazione della casella che vi riduce ad attori secondari o, peggio, a meri amministratori della miseria esistente. In questi tempi di paralisi, disorientamento e proposte distruttive, la partecipazione da protagonisti dei popoli che cercano il bene comune può vincere, con l’aiuto di Dio, i falsi profeti che sfruttano la paura e la disperazione, che vendono formule magiche di odio e crudeltà o di un benessere egoistico e una sicurezza illusoria”.
Riporto in questo contesto l’azione che sulle violenze ai profughi porta avanti Amnesty International. Con il rapporto Hotspot Italia: come le politiche dell’Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti, pubblicato il 3 novembre 2016, Amnesty International ha denunciato gli episodi di violenza e illegalità che ormai da tempo si registrano nel sistema italiano di identificazione e accoglienza. Molti di noi anche attraverso associazioni lo hanno fatto, ma in modo episodico e circoscritto a particolari situazioni. Basandosi su un accurato lavoro di raccolta di testimonianze, Amnesty ha invece messo media e istituzioni di fronte alla sistematica violazione di principi costituzionali e di convenzioni internazionali – ovvero di quelle pietre miliari della nostra convivenza civile intese a garantire il rispetto dei diritti umani, la libertà e la dignità di ogni persona.
Il Capo del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Viminale ha descritto il rapporto come un insieme di “cretinaggini” e di “falsità” costruite a Londra e non in Italia. Un attacco violento, difficile da comprendere in una normale dialettica democratica tra cittadini e istituzioni. L’obiettivo comune, infatti, dovrebbe essere la tutela di quegli standard di accoglienza e rispetto della persona che sempre più vengono erosi dalle politiche di respingimento ed esternalizzazione delle frontiere imposte dall’Unione dopo il varo, nel maggio 2015, dell’Agenda europea sulla migrazione.
È essenziale fare quadrato attorno a chi ha avuto il coraggio civile e politico di denunciare senza mezzi termini gli abusi ripetuti e comprovati delle forze di polizia perpetrati dentro e fuori i centri: episodi di ingiustificabile violenza nel corso delle procedure di identificazione e di prelievo forzato delle impronte come pestaggi, utilizzo di manganelli elettrici e umiliazioni sessuali; violazione dei diritti della persona messi in atto nei trattenimenti prolungati all’interno dei cosiddetti hotspot; violazione del diritto internazionale agita nei respingimenti semplificati e nei rimpatri di massa verso paesi retti da regimi come il Sudan e l’Egitto.
Amnesty ha tenuto a sottolineare, nel rapporto, che molte operazioni vengono compiute senza che si verifichi alcuna violazione, “grazie alla professionalità degli agenti di polizia”. È per questo che è necessario che tutti i soggetti che si occupano di migrazione – a cominciare da quelli istituzionali – accolgano con gratitudine il lavoro di denuncia fatto dalla società civile e appoggino la richiesta avanzata da Amnesty International di un’indagine indipendente su quanto avviene nei centri di identificazione o negli altri luoghi in cui si registrano forme di detenzione amministrativa, comunque denominati.
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