In Varese, come nella maggioranza delle città, stanno chiudendo la botteghe così dette storiche.
Sta scomparendo, non c’è più, il commerciante amico che amava la sua “bottega”, che sapeva vendere la cosa giusta al cliente giusto nel momento giusto, ottenendo risultato positivo per entrambi: cliente e venditore. In tutte le città questi “professionisti” diventano una rarità, chiudono i negozi storici macinati dalle catene della “grande distribuzione”, gelida organizzazione che agisce praticamente solo in funzione del profitto, unico movente di questa lugubre società odierna.
Un soggetto non avvia una attività, non apre un negozio per beneficenza. È ovvio. Senza il giusto guadagno non puoi vivere, tu commerciante, chi ti aiuta e chi compra, il cliente da proteggere, coccolare. Ma dove è il limite tra il guadagno onesto e la speculazione? Troppo spesso oggi il guadagno viene trasformato in furto, utopia reale della moderna economia, fondamento
del capitalismo urlato come dottrina liberale, ma che tale non è. Per obiettività dobbiamo sottolineare che c’è un capitalismo. positivo, accanto ad un capitalismo negativo che purtroppo prevale. Oltre tutto non va confuso il capitalismo con il termine capitale: senza capitale, senza investimenti, senza soldi non si può fare nulla
E le vie delle città sono diventate in modo monotono tutte uguali, particolarmente nei centri, tutte con le stesse vetrine.
Viviamo in città di vetro: immensi palazzi di vetro che svettano verso il cielo, grandi vetrine gelide, lineari, piene di riflessi rettilinei, qualche marmorea pietra come massima decorazione, via l’odiato materiale ligneo di un tempo, ricco di caldi colori e artistici decori in stile. Lunghe pareti di vetro accompagnano il passeggiare. Questo abuso del vetro, che nasconde spesso incapacità progettuale, che dovrebbe essere simbolo di trasparenza, nasconde invece fredda aggressione nei confronti di chi entra e di chi ci lavora, spesso malpagato e senza la sicurezza del lavoro. Ripeto: palazzi tutti uguali, vetrine tutte uguali mostrate a folle anonime di persone tutte uguali, senza volto, senza personalità, troppo simili ai manichini che affollano le vetrine. Fatichi a distinguere le persone riflesse nelle vetrine dagli alienanti moduli delle esposizioni.
Dove è andato a finire il mio ferramenta di fiducia con le pareti piene di cassetti dai frontali decorati, con le maniglie d’ottone, con dentro le infinite varietà di chiodi e viti? Gli utensili brillanti prezzati da coloriti biglietti? Il profumo del legno e del ferro? La gentilezza ed il sorriso del venditore? E il commerciante di stoffe ordinate su scaffali di legno alternate ai maglioni, alle camicie? Dov’è il merciaio con i “rocchetti” di cotone multicolori, i cassettini dei bottoni, i gomitoli della lana? Dove il mio libraio che ti consigliava il romanzo da regalare, ti avvalorava l’autore, ti faceva sognare la letteratura, o criticava la “boiata”? Dove il cappellaio che vendeva anche solidi ombrelli dal manico elegante che duravano una vita? Oggi anche l’ombrello è diventato usa e getta, quasi come i recipienti dell’acqua minerale.
L’errore, il furto, l’imbroglio c’è sempre stato. Il commerciante chiacchierato, incapace di rapporto col cliente, non è da oggi, ma nelle nostre città una umanità più a misura c’era.
Non confrontiamo la bottega di un tempo con i super market e quest’ultimi con i mercati delle bancarelle. Sentimenti interiori, nostalgie, rimpianti possono esaltare il passato ed impedire di apprezzare il presente e stimare in positivo quanto i miglioramenti delle tecnologie apportano alla qualità della vita odierna. Sta all’uomo saper mutare positivamente le sue capacità, esaltare i miglioramenti, frenare e correggere gli aspetti negativi, cogliendo ciò che vale.
Effettivamente è vero: se uso in modo negativo i miglioramenti tecnologici che l’intelligenza umana crea, esaspero il male, mentre se cambio atteggiamento e freno o addirittura cancello il mio negativo interiore la vita, la società, la realtà non può che andare verso il positivo. In poche parole: dipende sempre da come l’uomo sceglie l’amore o l’odio, la generosità nei confronti del disinteresse, l’intelligenza nei confronti dell’imbecillità. È da secoli che vengono ripetuti questi concetti e non si comprende perchè con troppa facilità prevalga il male. Lasciamo da parte gli stupidi, che fanno male a se stessi ed al prossimo, ma evidentemente agire arraffando il più possibile fa comodo ai furbi, che dimenticano che la povertà non giova a nessuno.
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