Ernesto Buonaiuti (1881-1946) sacerdote, teologo e studioso di storia del cristianesimo fu uno dei dodici professori italiani che ebbero il coraggio di opporsi a Mussolini. Accadde nel 1931 quando pochi, temerari docenti universitari rifiutarono di giurare fedeltà al regime fascista e per questo motivo persero il lavoro. Nei giorni scorsi l’Università dell’Insubria ha scoperto una targa alla loro memoria: dodici docenti su 1225 in tutta l’Italia, appena l’uno per cento. Ma il coraggio chi non ce l’ha, non se lo può dare.
Un personaggio scomodo non solo per il Duce. Fu infatti scomunicato dalle autorità vaticane per aver condiviso e propagandato idee moderniste considerate eretiche e mai ufficialmente riabilitato, “anche se molte delle sue posizioni riecheggiarono nei dibattiti conciliari del Vaticano II – scrive il comitato promotore per la sua riabilitazione – É nota la stima che aveva di lui Angelo Roncalli al tempo degli studi romani. Ernesto Buonaiuti era nato a Roma. Ricevette l’ordinazione presbiterale nel 1903 e insegnò nel pontificio collegio romano”.
“Contrario al Concordato, mantenne una posizione critica nei confronti della politica vaticana in questo ambito, finendo per essere considerato un elemento di disturbo. Il Vaticano aveva chiuso nel 1929 la “questione romana” con i patti del Laterano e pur ritenendo abusiva la richiesta di giuramento, consigliò i professori di area cattolica di giurare “con riserva mentale”, ponendo come condizione che si sarebbero attenuti al giuramento solo se non avesse imposto loro doveri contrari alla fede cattolica”.
La sua figura di studioso fedele alla propria coscienza è ora al centro dell’attività del comitato che, a settant’anni dalla morte, raccoglie firme per promuoverne la riabilitazione e divulga i testi di Buonaiuti; tra i quali figura una biografia di Lutero, un libro violentemente antiprotestante che richiama l’opera e il pensiero di un altro grande contestatore, il monaco di Eisleben, a cui papa Francesco ha dedicato la missione “ecumenica” in Svezia per le celebrazioni del 500° anniversario della Riforma (1517-2017).
Lungi dall’intolleranza del passato, Francesco ricerca l’unità tra chi fa parte della comunità cristiana pur appartenendo a confessioni differenti, con posizioni dottrinali anche distanti tra loro. “Il dialogo tra le religioni sta molto a cuore al papa – conferma Ulf Jonsson, il direttore della rivista dei gesuiti svedesi Signum che ha intervistato il pontefice in vista del viaggio a Lund – Francesco è un uomo di riconciliazione, profondamente convinto che si debbano superare barriere e steccati e crede in quella che definisce la cultura dell’incontro”.
Buonaiuti scriveva nella prefazione alla seconda edizione di “Lutero e la Riforma in Germania” (Dall’Oglio, 1944): “Nell’anno stesso in cui era gettato contro di me l’ostracismo curiale, il governo fascista mi allontanava dall’insegnamento attivo per conferirmi un incarico extra accademico, in attesa del giorno in cui, avendo io senza esitazione rifiutato di prestare un giuramento che ritenevo lesivo non soltanto della mia dignità di insegnante, ma anche della mia dignità di uomo consapevole della propria inviolabile autonomia, mi avrebbe gettato fuori dal novero degli insegnanti universitari”.
“Potendosi anche esimere dal gravame di una pensione, a cui non avevo diritto non avendo compiuto il ventennio d’insegnamento. Provvidenziale privilegio che ha permesso all’ultimo decennio del mio lavoro la pienezza della libertà, nella più assillante precarietà di vita”. Sedici anni fa Indro Montanelli, Ernesto Galli della Loggia e Giulio Andreotti domandarono alla Chiesa di rivedere il giudizio sul modernismo, una corrente di riforma interna e culturale della Chiesa, condannata come “sintesi di tutte le eresie” da Pio X.
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