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Attualità

ADOPERARSI INSIEME

EDOARDO ZIN - 04/11/2016

lundLa televisione mi porta in casa la celebrazione ecumenica che si celebra nella cattedrale luterana di Lund, in Svezia. La cerimonia è molto misurata: il Papa e il segretario generale della federazione luterana mondiale indossano paramenti uguali: una stola rossa, simbolo del sacerdozio, su un camice bianco; pochi fiori fanno risaltare ancora di più le nude architetture della cattedrale; un grande candelabro posto di fronte al Cristo salvadoregno, simbolo del viaggio, campeggia sulla tavola su cui i luterani ricordano la Cena del Signore; l’organo espande sonate composte dai grandi compositori riformisti a cui i fedeli si uniscono all’unisono con canti in varie lingue, mentre a ritmare il tempo è l’orologio astronomico tra i più antichi al mondo.

Il mio pensiero va spontaneamente ai cardinali Bea, Willebrands, Kasper promotori e continuatori del cammino di riconciliazione con le chiese sorelle, al teologo tedesco Dieter Bonhoeffer, a fr. Roger di Taizè, a Dag Hammarskjold veri profeti che con la loro azione, il loro impegno fecero scaturire dalle ceneri dei conflitti le scintille che ora producono questo fuoco, vivo desiderio di unione. Ad essi unisco S. Brigida di Svezia, compatrona d’Europa, che veglia su questo vecchio continente ormai agonizzante.

Dal conflitto talvolta aspro, durato fino alla primavera del Concilio, si è passati alla comunione fraterna. Ciò che unisce tutte le confessioni cristiane è più forte di ciò che le separa. Lo dice il pastore Jung:”Non rassegniamoci alle divisioni perchè possiamo riparare la nostra storia”. L’aveva ribadito papa Francesco, prima della sua partenza per la Svezia, in un’intervista concessa a un pastore luterano e pubblicata su “La civiltà cattolica”: “Voglio avvicinarmi ai miei fratelli. Non si può essere cattolici e settari”: la malattia della setta, del fondamentalismo, dell’integrismo si annida spesso nelle fibre nascoste delle religioni corrompendole. E proseguiva: “La vicinanza fa bene a tutti. La distanza ci fa ammalare. Quando ci allontaniamo, ci chiudiamo in noi stessi e diventiamo mondani, ci facciamo prendere dalla paura. Bisogna imparare a trascenderci per incontrare gli altri”.

Penso alle parole di papa Francesco pronunciate sull’aereo che lo riportava a casa dall’Armenia: “Credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore”.Riformatore, non rottamatore, uomo che voleva purificare la Chiesa dalle incrostazioni perchè la fede fosse più autentica. E poi:”La Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e ai poteri”. Lutero butta alle ortiche non la sua fede nel Dio incarnato, morto e risorto, ma la veste che lo rende complice della degenerazione della fede. Il monaco agostiniano appende alle porte della chiesa del castello di Wittenberg le sue 95 tesi contrarie non alla Chiesa “popolo- di- Dio”, ma alla Chiesa che è diventata mondana grazie ai potenti che se ne sono serviti al grido di “cuius regio, eius religio”. Martin sa che “ecclesia semper reformanda”,ma non scarta ciò che è immutabile: la Parola pronunciata dapprima al santo popolo d’Israele e fattasi carne, cioè vita, nel Cristo: mette la Parola di Dio nelle mani del popolo. Lutero non rinnega il Trascendente, ma le idolatrie che fanno della fede una finta religione. Sa il monaco tedesco che la spada uccide persone, ma la lingua, con la sua prosopopea oscura, ne uccide di più e decide che la liturgia sia celebrata nella lingua del popolo e che i testi sacri siano scritti in tedesco. Sono tesi che la Chiesa di Roma condanna con una bolla di scomunica. E la riforma diventa atto di separazione.

Intanto, Papa Francesco nella cattedrale luterana nel pensiero esposto ai presenti non entra nelle dispute teologiche – queste le lascia ai teologi – non fa una ricostruzione storica, ma riflette sulla storia, invita a non guardare indietro, ma non a dimenticare, a comprendere gli eventi e a diventare portatori di verità, riconoscendo con amore e onestà le comuni colpe e chiedendo perdono.

Aveva Francesco già preannunciato questo suo concetto con un cenno di teologia della storia al termine del suo viaggio in Georgia e in Arzebaigian: “Dio ha sempre l’iniziativa e precede qualsiasi risposta umana, nel momento stesso in cui cerca di suscitare una risposta”.

A Lund cerca di destare questa risposta da parte della chiesa cattolica, alla quale chiede di continuare una coraggiosa e attenta rivalutazione delle intenzioni della riforma e della figura di Martin Lutero attraverso la preghiera in comune che renda visibile e tangibile la medesima fede nel Signore Risorto.

Chiede, inoltre, alle due chiese sorelle di lavorare assieme nel campo caritativo operando nelle opere di misericordia corporale. Il Papa non cita la già concreta collaborazione delle due confessioni in Germania e quella che si realizza in Italia tra Comunità di Sant’Egidio e chiese riformate italiane a favore della Siria e del Medio Oriente, dove ogni giorno si consuma un “ecumenismo del sangue” che, senza tante distinzioni, perseguita i seguaci di Cristo.

Invoca tutti i cristiani perchè diventino operatori di pace: “Portare la pace è difficile, litigare lo sanno far tutti”. Domanda di affrontare assieme le sfide che riguardano l’intera umanità: la lotta alla violenza, la cura del Creato, la povertà.

Termina: “ Insieme possiamo annunciare e manifestare concretamente e con gioia la misericordia di Dio, difendendo e servendo la dignità di ogni persona. Senza questo servizio al mondo e nel mondo, la fede cristiana è incompleta”.

Cinquecento anni fa, Martin Lutero si chiedeva:”Come posso avere un Dio misericordioso?” La risposta l’ho letta in un sermone dello stesso Lutero:”La misericordia di Dio è come il cielo che rimane sempre fermo sopra di noi. Sotto questo tetto siamo al sicuro, dovunque ci troviamo”.

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