Stando alle indicazioni emerse finora, in verità assai frammentate, il prossimo futuro dovrebbe “regalare” a Varese una rinnovata area delle stazioni ferroviarie. Con le Nord, la Stato e le stazioni dei bus di linea riannodate e finalmente comunicanti. Lasciando campo alla fantasia si potrebbe immaginare una sorta di grande polipo rovesciato dove la testa sono i terminali ferroviari e automobilistici mentre i tentacoli sono le passerelle di dialogo con i brani di città circostanti oggi tra loro separati e in condizioni degradate.
Il via libera a questo ambizioso progetto preliminare è arrivato negli ultimi giorni di ottobre dal Consiglio Comunale, con il sì della maggioranza di centrosinistra, il no delle opposizioni e l’astensione di tre consiglieri del Pd. E la speranza, abbastanza fondata secondo il sindaco Galimberti, di ottenere 18 milioni di euro dal bando governativo per le periferie di complessivi 2 miliardi di euro, almeno sulla carta.
Senza dubbio si tratta di uno sforzo molto ambizioso dopo decenni di discussioni e progetti faraonici rischiosi per gli stessi equilibri urbani della città.
Ci sono almeno due buone ragioni per guardare con vigile simpatia al progetto in corso e forse qualcuna in più per muoversi comunque con molta prudenza e grande attenzione.
La prima e più importante ragione è che Varese entro la primavera del 2018 uscirà finalmente dal suo storico isolamento ferroviario con il completamento della Mendrisio – Varese – Gallarate. Grazie a questa linea, riduttivamente nota come Arcisate – Stabio, ci sarà: 1) un collegamento rapido con la Svizzera italiana e – via Lugano – con l’Europa del Nord; 2) sempre via Mendrisio rinascerà il legame ferrato tra Varese e Como cancellato nel lontano 1966 dalle Nord allora in mano private; 3) migliori e più rapidi collegamenti con l’ex area Expo potrebbero essere una grande opportunità per Varese. Comunque sia una rivoluzione epocale.
In questa prospettiva, ormai a breve termine, non è più rinviabile la ricucitura di un vasto brano di città disastrato e degradato grazie a nuove ed efficaci connessioni delle stazioni con Giubiano e l’Ospedale Del Ponte, il cui potenziamento in loco resta comunque un grave errore urbanistico; con Piazza Mercato e con le vie di accesso al centro, nell’ordine: Medaglie d’oro, Milano, Morosini, Como, Casula, Adamoli ciascuna con funzioni e criticità differenti.
Insomma la carne al fuoco è tanta. Qualche esperto dice addirittura troppa considerando: 1) che non esiste un masterplan dell’intero comparto capace di analizzare a fondo i bisogni e indirizzare con esattezza scelte e investimenti; 2) i tempi di esecuzione sono strettissimi perché il progetto definitivo deve essere ultimato entro il 26 febbraio 2017; 3) finora non è stato reso noto quale sia l’opinione di Fs e di TreNord, proprietarie dei sedimi ferroviari, superati dalle ipotizzate passerelle. Passerelle aeree che non dovrebbero diventare un dogma progettuale aprioristico bensì un semplice manufatto il cui impiego deve essere valutato caso per caso con prudenza e realismo.
Tutti, politici, progettisti, cittadini, devono essere consapevoli che non si può più sbagliare, che la città non sopporterebbe scelte avventate destinate, per un lungo periodo, all’irreversibilità. Come dimostra Piazza Repubblica massacrata negli anni Ottanta e ancora in attesa di un recupero problematico e costosissimo che andrà comunque raccordato con quello dell’area delle stazioni. Perché il principio dei vasi comunicanti vale anche per i tessuti urbani.
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