Sulla via dell’emancipazione femminile dai vecchi condizionamenti e del nuovo ruolo da riconoscere alle donne nel funzionamento degli organismi associativi va posto il problema del diaconato femminile, di cui pure non troviamo traccia nella Relazione finale del Sinodo.
Il diaconato femminile nella Chiesa cattolica è visto dai più come un cavallo di Troia per un futuro accesso delle donne al sacramento dell’Ordine (il suddiaconato non è di natura sacramentale). Ma la funzione di servizio, tale il senso di diaconato, era presente già nel secondo e nel terzo secolo soprattutto nella Chiesa d’oriente , senz’altro come istituzione assistenziale a favore dei poveri e dei malati e impegnata altresì in alcuni uffici liturgici.
Diakonos ricorre circa trenta volte nel Nuovo Testamento. Diaconesse compaiono in Paolo, Lettera ai Romani, 16,1. L’Apostolo chiama Febe diacono e nostra sorella nella fede. Il compito: l’evangelizzazione, la mensa per i poveri e un ruolo rituale nel battesimo. Si trattò di un servizio autorevole e ben definito nella comunità. Ci si chiede tra gli studiosi: era un ministero funzionale solo ad alcune pratiche liturgiche o il primo grado del sacramento dell’Ordine (v. i rituali bizantini, le biografie)?
Ai nostri tempi le donne nella Chiesa servono già abbastanza, specie negli aspetti più umili, basta chiamare per nome l’esistente. Già nel 1985 il Cardinale inglese Basil Hume e il Cardinale Carlo Maria Martini (1994) si posero il problema in termini di apertura: per quest’ultimo occorreva evitare che l’ecumenismo si bloccasse proprio sul tema delle donne. Il Concilio Vaticano II al n. 29 della Lumen Gentium aveva ritenuto che i diaconi dovessero essere ordinati non ad sacerdotium, sed ad ministerium. Ma Giovanni Paolo II nell’Ordinatio sacerdotalis del 1994 pose comunque un paletto risolutivo: il diaconato non rientra nell’ordinazione sacerdotale, a scanso d’equivoci e possibili scalate.
Al Sinodo delle famiglie alle donne erano riservati tre posti, uno assegnato a suor Carmen Sammut, presidente dell’Unione Internazionale delle superiore generali. Nell’aria c’era il malumore che le donne fossero da ritenere indispensabili, ma marginali nei processi decisionali.
Alla XX Assemblea plenaria (Roma 9-13 maggio – Convenuti 854 esponenti da ottanta Paesi) era presente papa Francesco. Alle sollecitazioni il pontefice nella seduta del 12 maggio così si pronunciò: vorrei costituire una Commissione ufficiale che possa studiare il diaconato delle donne nella Chiesa. È sua ferma convinzione che una Chiesa senza le donne è come il Collegio episcopale senza Maria. Nel primo Giovedì Santo del suo Pontificato nell’occasione della lavanda dei piedi l’aveva fatta a delle giovani nel Carcere minorile di Casal del Marmo. Per il Papa il clericalismo spegne la profezia; l’omologazione del laicato , trattato come mandatario, va spegnendo a poco a poco il fuoco profetico.
Coraggioso nell’occasione del Sinodo l’intervento dell’arcivescovo canadese Paul André Durocher, che proponeva d’aprire l’accesso al diaconato alle donne , ordine, che come tradizione vuole, non è finalizzato al sacerdozio. Così dicasi del pronunciamento audace di Jeremiah Schroder , arciabate, Presidente della Congregazione benedettina di Santa Ottilia.
Si noti che il principale argomento dei tradizionalisti cattolici nel negare l’accesso delle donne al sacerdozio femminile è la loro assenza nel Cenacolo al momento dell’istituzione dell’Eucaristia.
L’istituzione del diaconato è stata rimessa in vita nel XIX secolo dai protestanti (con obbligo del celibato e di una formazione assai accurata) e registra una larga presenza femminile. Nell’ambito cattolico (in America latina e in Africa) già sta al diaconato di coordinare le comunità cristiane in assenza di presbiteri.
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