A riconoscere i simboli si impara quasi in automatico.
La mano alzata per un saluto, il capo dondolato da sinistra a destra per un diniego, la testa mossa secondo un asse verticale per un cenno di assenso. Un saluto con il braccio destro teso in avanti, accompagnato ma anche no, da formule vocali del tipo “a noi!”, a me invia un messaggio chiaro e inequivocabile: chi saluta in questo modo è fascista.
Sbaglio? Faccio una forzatura? Attribuisco a qualcuno intenzioni che lui non ha?
A me pare, ma forse solo a me e non anche ad alcuni giudici, che il gesto della simbologia fascista possa essere colto venga colto come un sostegno positivo all’idea che l’ha generato.
Ne deduco che un gesto, pubblicamente esibito e accolto con naturalezza, allora sia da ritenersi accettabile. Come un gesto tra i tanti il cui significato ci viene chiarito dalla scienza che studia la gestualità umana, la prossemica.
Allora perché a distanza di pochi mesi, maggio-ottobre, un gruppo di giudici si è comportato in modo opposto a quello dei colleghi di un’altra città?
Chiederei loro: il saluto romano, detto anche saluto fascista, è permesso o non è permesso, è un reato o non lo è?
Alzare il braccio destro teso per un ultimo saluto alla bara del camerata, sul sagrato di una chiesa, è un normale gesto? Con lo “sdoganamento” di questo gesto diventerà presto accettabile anche ciò che è avvenuto sotto quel simbolo, segno distintivo e inequivocabile di un’ideologia condannata dalla Storia?
Nel corso degli anni i giudici si sono pronunciati varie volte sulla questione, spesso con sentenze discordanti. Alcuni imputati sono stati assolti, altri hanno ricevuto condanne.
Maggio 2016, Roma. Il saluto romano è reato. La Corte di Cassazione spiega come il gesto si richiami “all’ideologia fascista e a valori politici di discriminazione razziale e di intolleranza“. Non è neppure necessario “che le manifestazioni siano caratterizzate da elementi di violenza“, perché il reato sia consumato. La legge esistente svolge dunque “una funzione di tutela preventiva”. In base a tale criterio sette ultrà friulani sono stati condannati, e poi prosciolti per prescrizione: allo stadio di Udine, il 10 settembre 2008, avevano fatto il saluto fascista durante la partita Italia – Georgia per tutta la durata dell’esecuzione dell’inno nazionale italiano e la Digos li aveva identificati.
Ottobre 2016, Milano. Assolti due giovani simpatizzanti di Casapound dall’accusa di aver salutato con il braccio teso durante una manifestazione. Scrivono i giudici Non è chiaro se il loro comportamento abbia superato il confine della commemorazione per giungere alla condotta diffusiva.
Evitata la condanna a sei mesi di reclusione, chiesta dal sostituto procuratore generale perché era stata loro contestata una “volontà diffusiva della ideologia fascista, intrinsecamente connessa alla modalità della manifestazione commemorativa”.
L’assoluzione invece si fonda sul dubbio che i due abbiano davvero manifestato “una condotta e una capacità diffusive” del proprio gesto. Varrebbe a dire: i due non volevano richiamare idee fasciste, né diffondere il verbo fascista, e neppure ricordare alla gente quanto la loro idea sia ben viva nei loro gesti.
L’antico saluto, a discapito delle sue nobili origini, rappresenta per noi italiani uno dei simboli più conosciuti e riconoscibili del regime fascista, e di quel periodo storico che il nostro Paese, nella Costituzione, ha ripudiato. Non a caso la XII disposizione transitoria vieta “la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”.
La legge Mancino, 1993, sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista che hanno anche lo scopo di incitare alla violenza e alla discriminazione. Vieta l’utilizzo di simbologie legate al fascismo o al nazismo.
Sanziona “chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori oppure ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi” come sopra definiti”.
Riformulo la mia domanda iniziale: allora il saluto romano, detto anche saluto fascista, è permesso o non è permesso, è un reato o non lo è? Chissà perché a me la risposta sembra così scontata.
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