Il 15 aprile 2015 le delegazioni e sezioni di Varese dell’Istituto italiano dei Castelli, di Italia Nostra, del Fai, la Società storica varesina, gli Amici della terra, Verdi Ambiente e società, il Centro culturale di Velate organizzavano un Convegno al Castello di Masnago per considerare ancora una volta la condizione del Castello di Belforte e l’urgenza di un progetto per la sua salvaguardia e valorizzazione.
Molti gli interventi di storici, studiosi, restauratori, di responsabili dell’assessorato alla cultura comunale e regionale. Unanime la sollecitazione perché venissero finalmente assunti provvedimenti di tutela dell’edificio.
Alcuni giorni fa è stato richiesto un incontro con il nuovo assessore alla cultura architetto Roberto Cecchi. Sono state ancora esposte preoccupazioni e proposte per interventi urgenti di protezione e di auspicabile ruolo futuro di questo complesso storico.L’importanza dei convegni sta certamente nei contributi che i relatori e chi interviene danno al tema trattato. Ma soprattutto nella sostanza di quanto è condiviso.
L’altura di Belforte ha avuto almeno fin dall’alto Medioevo una notevole rilevanza strategica. Sulla via da e verso il passo alpino di Lucomagno nell’alto attuale Canton Ticino, lungo la valle del fiume Olona, che offriva il percorso preferibile tra Milano e la valle del Reno presso Coira.
All’intersezione con la Val Sorda, altro percorso da controllare nella guerra tra Como e Milano dell’undicesimo secolo.
Il maggiore rilievo del luogo è legato al passaggio di Federico Barbarossa (1123-1190) re di Germania e dei romani (1152-1190), imperatore del Sacro Romano Impero (1155-1190). La presenza di Federico Barbarossa il 4 e 5 ottobre 1164, è testimoniata dai decreti emessi in tale data dal Borgo di Belforte ricordati nella grande opera tedesca ‘Monumenta Germaniae historica’. Barbarossa è qui vittorioso, Milano è stata rasa al suolo. Fino alla battaglia di Legnano del 1176 non ha nemici in grado di compromettere la sua supremazia.
Non sono state ancora individuate la localizzazione e l’estensione del campo fortificato. Gli interventi edilizi recenti che hanno realizzato un complesso di case economiche e il nuovo centro parrocchiale non sono stati accompagnati da ricerche e prescrizioni di salvaguardia archeologica.
Con la fine di Castelseprio, negli ultimi decenni del ‘200, con lo scontro fra gli alleati dei Torriani e i Visconti risoltosi con il prevalere di questi ultimi, probabilmente il Castello perde in parte la sua rilevanza militare, mantenendo comunque il suo ruolo di controllo sul percorso strategico del fiume Olona.
Le murature ancora esistenti nel complesso dell’edificio risalgono anche al tre-quattrocento, ma la parte di maggior consistenza architettonica viene realizzata dai Biumi tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600.
Il progetto era ambiziosissimo. Se completato avrebbe creato il palazzo di maggiore rilievo nelle vicinanze di Varese. Si è ipotizzata una progettazione del Richino, l’architetto più noto operante in Milano. Ma forse vi operò il nostro Bernascone come alcuni caratteri del progetto possono far supporre.
Tutto si interruppe probabilmente negli anni ’20 del ‘600 per la scomparsa del committente.
Anche Bernascone scompare in quegli anni, gli anni della terribile peste ricordata dal Manzoni. Delle quattro ali del palazzo una sola viene realizzata. Un atto notarile del 1634 affida la gestione della proprietà e la coltivazione delle aree agricole a giovani fattori sopravvissuti.
Il Castello attraverserà i secoli seguenti con la sua imponente presenza. Ricco della sua storia. Abitato da molte famiglie fino ad alcuni decenni or sono.
Un primo intervento improcrastinabile consiste nel mettere in sicurezza le strutture per la necessaria protezione delle persone, per evitare la possibilità di nuovi crolli. Premessa che si è ritenuto necessario sottolineare è la disponibilità dell’intero edificio, oggi ancora frazionato anche se in parte più estesa già di proprietà comunale.
In mancanza di una cessione al Comune da parte dei privati, dovrebbero essere loro notificate con urgenza ordinanze di messa in sicurezza immediata delle porzioni di edificio di loro competenza. Naturalmente il progetto di tutela dell’esistente dovrebbe riguardare tutto il complesso edificato, che la Soprintendenza ha già vincolato, proponendo un progetto organico degli interventi. Anzitutto con il ripristino delle coperture la cui caduta è responsabile dei crolli avvenuti. Si tratta di una spesa di rilievo che deve essere comunque avviata per parti non diversamente tutelabili. Occorre poi valutare con attenzione critica e secondo le modalità che ogni restauro deve rispettare, le parziali reintegrazioni murarie necessarie.
Richieste ripetute di intervento comunale. Voglio ricordare alcune date e sollecitazioni. Nel 1993 mi appellavo alla Giunta di allora per una rapida acquisizione e protezione del complesso edificato. Formulavo altre due interrogazioni alla Giunta nel 1994 e nel 1996. Nel 1998 proponevo una ipotesi di intervento. Su richiesta del sindaco inviavo alla Soprintendenza una documentazione di progetto. La Soprintendenza approvava.
L’assessore professor Armocida mi incaricava di allestire una mostra storica al Castello di Masnago. Iper si impegnerà, a scomputo di oneri di urbanizzazione, per il rifacimento della copertura e di alcuni solai dell’ala del ‘600.
Le opere vengono avviate, ma dopo poco tempo interrotte per insufficienza finanziaria.
Nel 2002 la proprietà Tenconi, comprendente la parte seicentesca, viene ceduta al Comune. Rimane di proprietà privata, fra l’altro, l’edificio pericolosissimo che sovrasta il viale Belforte. Sono passati quasi vent’anni con insufficienti decisioni. Una grande storia è alle nostre spalle. Il complesso chiede ai varesini un soprassalto di volontà con opere di mantenimento urgente anche se contenute al momento per la sua sopravvivenza, in attesa del destino auspicato di ragionevole e significativo reimpiego pubblico.
Una famiglia, che vive in un piccolo edificio adiacente, è esposta al pericolo di ulteriori crolli. Anche un intervento drastico nei confronti dei privati residui proprietari, che non provvedono ai loro doveri di conservazione e protezione, non deve essere rinviato.
Si propone un progetto organico di conservazione e la istituzione di un Parco archeologico che valorizzerebbe, con l’accessibilità interna all’edificio del ‘600 e l’area circostante organizzata a verde pubblico, questa parte della Città. Senza escludere la necessità di reintegrazione parziale muraria.
Il convegno aveva sottolineato anche la rilevanza ambientale e paesistica del luogo da valorizzare liberandolo dalla foresta di rovi esistente.
Abbiamo preso atto che negli ultimi giorni l’Amministrazione comunale ha effettuato interventi di pulizia dell’area circostante. È certamente un segnale positivo. L’assessore architetto Roberto Cecchi ci ha confermato la sua attenzione per la condizione del complesso edificato. Noi confidiamo nella sua iniziativa e assicuriamo la nostra collaborazione.
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