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Storia

IL PRIMO SINDACO PREMIER

SERGIO REDAELLI - 27/10/2016

Camillo Benso conte di Cavour in un ritratto di Francesco Hayez

Camillo Benso conte di Cavour in un ritratto di Francesco Hayez

Renzi nuovo Cavour? Qualcuno sui media azzarda il paragone e Gianni Cuperlo, il capo dei contestatori della sinistra Pd, si affretta a disilludere il diretto interessato: “Non hai la statura del leader anche se coltivi l’arroganza del capo”. Un giudizio severo, una stroncatura. Non piacciono agli idealisti della sinistra i progetti renziani di una legge elettorale collegata alle riforme costituzionali per porre fine al bicameralismo perfetto, gli sforzi per una riduzione possibile dei costi della politica, il rilancio dell’economia con il taglio delle tasse sul lavoro, il Jobs Act e i giovani pagati con i voucher.

Comunque andrà a finire il referendum, Matteo Renzi fa già parte dei cinquantasei leader che hanno governato l’Italia dopo il primo presidente del consiglio dell’Italia unificata. Come ai tempi di Camillo Benso, oggi il Paese ha bisogno di alleanze internazionali per essere una grande nazione e affrontare il drammatico problema dei migranti. E come ai tempi dello stratega dell’unificazione, serve un vasto processo di modernizzazione e di riforme sociali interne.

Dello statista piemontese, il presidente Sergio Mattarella ha ricordato di recente che “da un lato fu interprete della stabilità che la diplomazia europea si aspettava dall’Italia e, dall’altro, portatore della volontà di indipendenza degli italiani”. Due compiti in apparenza contraddittori. Ma Cavour aveva alle spalle il “partito della nazione” che gli consentì di guidare il re Vittorio Emanuele II e il generale Garibaldi verso esiti che nessuno di loro avrebbe raggiunto per proprio conto.

Il conte aveva vissuto a lungo nel castello di Grinzane nelle Langhe, tra Asti e Cuneo, generosa terra di noccioli, tartufi bianchi e pregiate uve di nebbiolo. Tra le antiche mura medievali – aperte al pubblico – si possono visitare le stanze in cui abitò, spiare il lettone in cui dormiva, ammirare il soffitto a cassettoni e i cornicioni affrescati. A Grinzane, era arrivato nel 1832, ventiduenne, dopo avere abbandonato la carriera militare.

Spirito liberale e insofferente, animato dagli ideali antiaustriaci che aveva apertamente manifestato durante il servizio militare a Genova, era stato punito con il confino nella fortezza di Bard in Val d’Aosta. Buon per lui che gli zii materni Clermont Tonnerre possedessero a Grinzane centottanta ettari di terreno e una parte del castello che avevano dato in affitto al padre di Camillo, il marchese Michele. Grinzane contava allora trecento abitanti, anima più anima meno, quasi tutti contadini e viticoltori.

Il padre impegnato alla corte reale di Torino non poteva occuparsene e affidò il podere alle cure di Camillo che seguì le indicazioni degli enologi Staglieno e Oudart sperimentando i nuovi metodi francesi per fare vini a lungo invecchiamento. Le parole d’ordine erano: conoscere a fondo le proprietà dei diversi vitigni, coltivare le uve separatamente, dividere la prima qualità dalla seconda e dallo scarto, curare l’igiene della cantina, scegliere il legno migliore per le doghe. Una rivoluzione.

Il conte si fece apprezzare al tal punto da essere eletto sindaco del paese ininterrottamente per diciassette anni, dal 1832 al 1849 e in suo onore Grinzane aggiungerà, al proprio, il nome di Cavour. Dal castello il sindaco coordinava le funzioni amministrative e riuniva le sedute del consiglio comunale nei propri alloggi in modo decisamente informale e paternalistico. Altri tempi, altre usanze: nessuno oggi si sognerebbe d’intitolare una città al sindaco o di far prendere importanti decisioni alla giunta nel salotto di casa. O forse chissà.

Ma la storia era sul punto di chiamarlo a più alti compiti. Nel 1850, mentre Oudart organizzava la presentazione dei vini di Grinzane alle Esposizioni di Torino e Londra, il sindaco fu eletto ministro piemontese dell’agricoltura nel governo D’Azeglio e due anni più tardi presidente del consiglio dei ministri del Regno di Sardegna. I libri raccontano che con un prestito all’estero e un piano di nuove tasse riuscì a svincolare il Piemonte dalla soggezione nei confronti dei baroni Rotschild, cioè delle banche.

E non dimenticò la campagna, anzi affrontò di petto il problema dell’oidio, un fungo d’origine americana che uccideva l’uva e recava enormi danni all’economia di campagna. Lo fronteggiò alla sua maniera, senza curarsi troppo dei pareri altrui, da perfetto decisionista un po’ antipatico e molto consapevole di sé. Lo risolse con due misure razionali e pragmatiche, da uomo d’azione. Ordinò un censimento sulla malattia della vite, provincia per provincia, per conoscerne le cause e le caratteristiche.

Incaricò la Reale Accademia d’agricoltura di Torino di studiare il rimedio preventivo che fu individuato nella solforazione dei vigneti, tuttora praticata. In questa pronta ed efficace reazione che affrontava i problemi con praticità c’era già il marchio di Cavour. Ma il meglio doveva ancora venire. A Torino incominciò a tessere la fitta trama diplomatica e a intraprendere le iniziative politiche e militari che il 17 marzo 1861 avrebbero portato alla proclamazione del Regno d’Italia.

E dell’Italia unita il conte divenne il primo ex sindaco premier. In economia avrebbe promosso il libero scambio con una serie di trattati commerciali internazionali, favorito i grandi investimenti industriali e lanciato la cooperazione tra pubblico e privato. In politica avrebbe sostenuto la promulgazione dello Statuto albertino – la prima Costituzione dello Stato italiano (gira e rigira c’è sempre di mezzo la carta costituzionale) – e da capo della destra avrebbe unito e siglato accordi con la sinistra.

La stampa lo chiamò il “connubio”. Nasceva così un nuovo grande Centro, al di fuori del quale s’irrigidirono a destra l’opposizione dei conservatori irriducibili e a sinistra i sostenitori di più ardite iniziative e di più radicali riforme. In questo modo Cavour riuscì a tenere insieme un carrozzone che, allora come oggi, era difficile se non impossibile guidare.

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