Piccoli trucchi del mestiere di un fantasioso collezionista, spunti e fonti d’ispirazione di un artista eclettico dalle mille risorse. Li traccia Isabella Marelli della Soprintendenza alle Belle Arti di Milano, con delega per Varese, a margine del primo convegno di studi della casa-museo Lodovico Pogliaghi che si è tenuto giovedì 6 ottobre a Santa Maria del Monte in memoria dell’ex presidente della Fondazione, Giuseppe Battaini. L’incontro era organizzato dalla Biblioteca Ambrosiana e da Archeologistics con il patrocinio di Regione Lombardia, Mibact e Università degli Studi di Milano.
Scultore, pittore, scenografo, collezionista, orafo, medaglista e curioso viaggiatore, Pogliaghi (1857-1950) si era stabilito in cima al Sacro Monte di Varese sul finire del secolo, trasformando un vecchio casolare immerso tra le vigne in una villa un po’ kitch, ricca di capolavori raccolti viaggiando e d’opere di sua mano. Creativo, geniale e forse un pizzico disordinato, non aveva l’abitudine di documentare l’origine dei suoi acquisti (creando più di un grattacapo a chi oggi li studia) e qualche spiegazione compare solo nell’appendice del catalogo della Pinacoteca Ambrosiana di monsignor Galbiati.
“Capitava così – spiega la Marelli – che in mezzo ai dipinti e ai tappeti orientali comprasse l’autoritratto giovanile in bronzo di Francesco Messina in stile neorinascimentale, un artista a lui contemporaneo che aveva esposto alla III Biennale di Roma nel 1925 richiamando l’interesse di Benito Mussolini. L’anno successivo Messina fu invitato da Margherita Sarfatti, nota anche per la sua relazione con il Duce, a partecipare alla prima mostra del Novecento italiano che si teneva a Milano nel palazzo della Permanente, dove l’opera fu comperata da Pogliaghi”.
Spesso collegava materiali eterogenei senza spiegarne l’origine. “Abitava a Palazzo Crivelli in via Pontaccio a Milano e frequentava gli antiquari di via Solferino. Si ha notizia di un capitello di Costantinopoli che comperò a Genova. Negli anni trenta acquistava oggetti con Corrado Ricci alle aste Borghese a Roma per conto del Castello Sforzesco di Milano e dopo aver concluso buoni affari per il committente, strappava sconti sul prezzo per rarità destinate alla sua collezione privata. O magari comprava a rate. Si riforniva da Chiodetti a Cremona per libri e legature, da Leone Esquenazi per i tappeti, da piccoli mercanti di anticaglie per pezzi di scavo e ceramiche”.
Gli oggetti radunati erano fonte d’ispirazione per la sua attività artistica e numerosi manufatti rivelano rifacimenti di parti mancanti da lui eseguiti. “Intorno agli anni Venti entrò nella collezione la tavoletta Cristo Eucaristico del Morazzone che in origine era la porticina di un tabernacolo, come rivela il foro per la chiave, stuccato e ritoccato con il colore in corrispondenza di una piega del mantello. Pogliaghi, in modo velato, ammetteva che il piccolo dipinto facesse parte dell’altare o che comunque provenisse dalla chiesa di San Vittore”.
Per Isabella Marelli non c’è dubbio che Pogliaghi sia stato più importante come artista che come “raccoglitore d’arte”, tuttavia le sue collezioni richiederebbero un catalogo ragionato e scientifico ad opera di specialisti: “È un autore che merita di essere studiato in profondità ed è giusto richiamare l’attenzione sui gioielli conservati nella casa-museo del Sacro Monte”.
Per la ricca borghesia lombarda del XIX secolo, collezionare era quasi una moda, uno stile di vita e un impegno per salvare il patrimonio d’arte italiano dalla dispersione all’estero. I Bagatti-Valsecchi collezionavano oggetti esclusivamente del XV secolo, Gian Giacomo Poldi Pezzoli era interessato alla pittura lombarda di scuola leonardesca, Giuseppe Bertini abbinava l’attività di antiquario a quella di mediatore d’affari, Visconti Venosta, promotore delle Cinque Giornate di Milano e segretario di Cavour, s’interessava a tappezzerie, maioliche, ceramiche e sculture.
Inevitabile che anche Lodovico Pogliaghi e il conte Guido Cagnola – entrambi ex studenti del liceo Parini di Milano e residenti a Varese – amassero raccogliere oggetti rari e preziosi e dedicare a questa esclusiva attività parecchio tempo e denaro. Finirono per donare le rispettive raccolte artistiche alla Santa Sede e, per una curiosa coincidenza, entrambi vissero fino alla veneranda età di 93 anni compiuti.
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